Nella mente già si erano fatti largo i commenti, le critiche, più di uno sfottò e le sentenze inevitabili di media, addetti ai lavori o tifosi poco pazienti. Un pareggio a Lecce, contro un avversario tutto cuore ma decisamente modesto e senza difensori centrali di ruolo per gran parte della partita, praticamente un mezzo disastro. Poi, quando qualcuno forse aveva già spento la tv, la spizzata di Lautaro per la deviazione sotto porta di Dumfries che restituiscono all'Inter i 2 punti cancellati dalla grossolana dimenticanza su Ceesay. Al netto di tutte le giustificazioni del mondo (terreno di gioco 'rivedibile', le condizioni di qualche titolare non ancora eccelse e un Prontera inadeguato), è ovvio che per la squadra nerazzurra altro risultato diverso dalla vittoria non fosse concepibile.
Invece, come accade spesso agli esordi in campionato, la squadra meno quotata ha reso il compito estremamente difficile all'avversario, arrivando a millesimi di secondo da un clamoroso pareggio. Meritato per l'impegno profuso e il cuore gettato oltre l'ostacolo, non certo per la prestazione tecnica, comunque agevolata dal fatto di aver concluso la partita in undici anziché dieci uomini. Chissà cosa pensa il designatore Rocchi, che ha visto la partita, del mancato rosso a Baschirotto che quasi spezza la caviglia a Lautaro. Tra arbitro e VAR, nessuno che abbia avuto il coraggio di fare la cosa giusta. Un episodio che, tra l'altro (Inzaghi dixit) ha innervosito non poco gli ospiti, spaventati dalle condizioni del compagno e allibiti dal mancato rosso.
Riflessioni destinate ad altri. A noi spettano quelle sullo stato di salute dell'Inter, che si spera possa realmente rimanere questa (con l'aggiunta di un centrale) fino al termine del mercato in barba alla tanto sbandierata sostenibilità finanziaria. Che, senza offesa, può aspettare la fine di questa stagione. Se l'obiettivo è rimanere competitivi, bisognerà lavorare tanto cercando di inserire i nuovi arrivati e adattandosi a Big Rom, che ha sì timbrato il cartellino ma ha fatto poco altro per trascinare i suoi alla vittoria. Servirà pazienza, ma soprattutto ignorare le sirene che danno i nerazzurri come favoriti per la vittoria dello scudetto, quasi a volerli inchiodare a responsabilità che non spettano loro. I favoriti oggi non esistono, è un discorso da postporre tra qualche mese. E oggi conta solamente fare 3 punti a ogni partita, perché in attesa di giocare il calcio inzaghiano a cui ci siamo abituati bisognerà rimanere lassù in classifica, stingendo i denti e sporcandoci le mani se necessario e cercando di vincere fino all'ultimo secondo. Come al Via del Mare.
Non è stato, a conti fatti, l'esordio che ci si aspettava. L'Inter poteva e doveva fare meglio nel primo tempo, così come in avvio di ripresa. Ma sull'1-1 è emersa la cattiveria poco lucida di una squadra che non accetta il destino. Partite come queste ce ne saranno ancora, e capiterà sempre di non trovare il guizzo decisivo. Ma senza mostrare i muscoli, il ghigno cattivo, il coraggio di osare è impensabile portarle a casa. Anzi, il rischio di perderle è dietro l'angolo. Tra le poche indicazioni positive c'è proprio la forza mentale dell'Inter, che non si è mai rassegnata di fronte agli episodi ed è riuscita a girare l'ultimo a proprio favore, superando l'insuperabile Falcone. Una scarica di adrenalina di cui forse non sapevamo di avere bisogno, ma che tornerà utilissima.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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