Di nuovo tu. Mentre l'Inter s'appresta a tornare in quello che la scorsa stagione è stato lo stadio più severo e intransigente, ultimo grande e definitivo scoglio interpostosi tra la squadra di Simone Inzaghi e la seconda stella, il Napoli di Luciano Spalletti continua a galoppare in corsa libera verso lo scudetto. I partenopei battono anche l'Empoli tra le mura del Castellani, dove i soliti Osimhen e Kvaratskhelia disegnano calcio, macinano punti e stracciano ogni possibilità di speranza e acume estroso degli inseguitori più ottimisti che confidano ancora nell'ancora democratica, ma solo velatamente, matematica. Democrazia ma solo formale quella che la classifica detta al momento, negarlo sarebbe stupido, oltre che masochista perché se è vero che la speranza è l'ultima a morire, chi di speranza campa disperato muore. E il passo di questo Napoli è quello di un verro tiranno che non ha la benché minima intenzione di lasciare nulla a chi rincorre, per diritto diventato suddito ignorato dalla forza di chi ha saputo far tesoro degli scivoloni altrui prendendosi tempo e spazio necessari a costruire un impero che ha tutte le carte per trionfare e tornare caput Italiae.
Date a Luciano quel che è di Luciano e senza troppi giri di parole questo scudetto spetta al Napoli come mai fino ad ora. Persino il Napoli di Sarri, scivolato accidentalmente nel famoso albergo di cui tanto si è parlato negli anni, tra i più begli artefici di calcio di sempre, non reggerebbe il paragone con quello di Mister Luciano per via di un coefficiente di differenziazione che pesa più di parecchio. Se uno dei primi insegnamenti che si impartiscono ai bambini è quello di 'non sporgersi mai' perché la testa è pesante del corpo, la prova di tale ammaestramento la fornisce quest'anno proprio l'allenatore di Certaldo che come prima mossa che ha reso grande il suo Napoli è stata la deprovincializzazione di una realtà che troppe volte in passato era incappata in uno spirito fanciullesco. "Uomini forti, destini forti. Uomini deboli, destini deboli, non c'è altra strada" è il mantra dell'ex allenatore dell'Inter, motto che il toscano ha inciso nelle menti dei suoi ragazzi rendendo leggera proprio quella testa che in quel lontano 2018 fu troppo pesante per condurre il corpo a non cadere al Franchi prima e al San Paolo col Torino dopo. Un cerchio che potrebbe chiudersi come una sorta di Enso proprio con Spalletti spirito e uomo guida, quest'anno ad un passo da rendere ai partenopei quella gioia sottrattagli in quel famoso 2018, anche un po' per sua colpa (l'episodio dell'albergo accadde proprio al triplice fischio di Inter-Juve con Spalletti in panchina dei nerazzurri e vinto dai bianconeri). Testa, anima e core sono gli ingredienti di un Napoli che è finalmente cresciuto, fin troppo diremmo, noi che avremmo preferito qualche scivolone in più degli azzurri per poter quantomeno tener viva ancora un po' la speranza di rimonta.
Rimonta che inutile dirlo appare, o meglio è, ridicola pensarla ad oggi, al netto di quindici gare ancora da disputare (quantomeno per l'Inter, quattordici per il Napoli) ma con il gelo di un attuale -18 che vincendo oggi al Dall'Ara diventerebbe -15 ma non meno paralizzante. Certo non è un alibi. I numeri che separano la squadra di Inzaghi alla capolista non devono sortire l'effetto elastico sui nerazzurri che non possono e non devono lasciarsi condizionare dal mancato obiettivo dello scudetto: in ballo c'è un secondo posto da salvaguardare e un percorso stagionale che può ancora regalare qualche soddisfazione, blanda rispetto al podio più alto d'Italia ma pur sempre tale.
E proprio al Dall'Ara gli interisti, privi di Skriniar e Dimarco, dovranno dare trovare se stessi prendendo una definizione più netta di quanto fatto fin qui: chi è l'Inter? Quella altalenante, spesso immatura e ingenua, del campionato o l'ammazza partite delle Coppe? Lì dove tutto lo scorso anno è stato frantumato, oggi la squadra di Inzaghi ha la possibilità di ricomporre pezzetti di sé lasciati in giro per i campi d'Italia e perché no, magari, attingendo quanto imparato dai prossimi campioni d'Italia testa, anima e core.
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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