Non si interrompe un'emozione. In questo periodo anomalo per il calcio, dove i campionati nazionali hanno chiuso temporaneamente i battenti per far posto ai Mondiali solo per soldi, viene utile rispolverare lo slogan usato dal maestro Federico Fellini contro la pubblicità in tv che ammazza la struttura narrativa dei film. Immaginando la Serie A, la Premier League o LaLiga come un lungometraggio, non è difficile capire che la pausa tra primo e secondo tempo è troppo ampia anche per lo spettatore più paziente, un buco di sceneggiatura difficile da accettare per capire il senso stesso della trama che si sviluppa in undici, lunghissimi mesi. La sospensione dell'incredulità viene messa a dura prova da Qatar 2022, un evento che solo qualche anno fa sarebbe stato bollato come fantasy vista la sua collocazione geografica e temporale antistorica.

L'intervallo è un film nel film in cui alcuni degli attori recitano il loro sogno da bambini uscendo dalla realtà quotidiana del club, mentre altri diventano improvvisamente accessori al flusso del racconto. Una digressione ridondante che ogni tifoso utilizzerà per elaborare teorie su come andrà a finire la vicenda della propria squadra del cuore, sapendo che l'attesa, anche se infinita, non placherà il suo desiderio di seguirla fino all'ultimo triplice fischio della stagione. Il regista, in questo caso la FIFA, approfitta del fatto che chi vede sul grande schermo questa strana proiezione calcistica piena di contraddizioni non abbandonerà mai il suo posto in sala perché è troppo legato alle avventure dei protagonisti che animano le scene. Non c'è il minimo dubbio sul fatto che il 'the end' verrà visto da tutti, nessuno escluso, gli interrogativi verranno, invece, sollevati attorno alla coerenza tra la fine e l'inizio della storia. E' quello di cui si dibatterà da qui fino a gennaio, con fan e addetti ai lavori che si trasformeranno in sceneggiatori improvvisati per provare a completare l'opera cercando di seguire nella maniera più lineare possibile il filo del discorso. Sempre che ci sia una logica tra il prima e il dopo quello che succederà nell'emirato, un mondo parallelo che non è dato sapere che riflessi avrà su quello reale una volta finita questa gigantesca allucinazione collettiva. Il Mondiale in Qatar più che scandire i tempi delle nostre vite ci conferma una volta per tutte che il calcio da un bel pezzo è diventato come la televisione: un flusso continuo in cui è impossibile distinguere il gioco dal business. Una pubblicità lunga un mese in mezzo al grande film dei campionati, il peggior spot per il calcio che la mente umana potesse partorire.  

Sezione: Editoriale / Data: Gio 17 novembre 2022 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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