Graziano Bini, uno dei grandi capitani della storia dell'Inter, è stato intervistato oggi dalla Gazzetta dello Sport. Classe 1955, ricorda alcuni passaggi della sua carriera, ovviamente con particolare riferimento alla parentesi nerazzurra. "Ho sempre spinto e tirato la carretta, ho cominciato presto. A 17 anni l’esordio in Serie A con l’Inter, allenatore Invernizzi. A 21 anni mi sono sposato. E poi ho lavorato tanto nel calcio, ma mi piaceva molto, non ho mai sentito la fatica".

Ha fatto altri mestieri?
"Poco. Il panettiere nel forno di mio nonno a San Daniele. D’estate consegnavo le rosette e le michette, in bicicletta. Ma poi andavamo nella nostra cascina dove c’era un grande cortile, un’aia enorme e un muro, giocavamo contro il muro. Sempre, dalla mattina alla sera. Poi anche l’oratorio. E a 13 anni sono andato all’Inter".

Come è successo?
"Un rappresentante che portava la farina al nostro negozio mi ha visto palleggiare e ha detto a mio padre: “Io conosco bene Ottavio Bugatti, il grande portiere, quello che ha giocato nell’Inter. Adesso fa l’allenatore delle giovanili. Se vuoi facciamo fare un provino al ragazzo”. Papà era scettico, ma siamo andati a un raduno a San Pellegrino".

Hanno scritto: preso al volo. Giusto?
"Volevo venir via subito. Ho fatto un provino difficile, contro la squadra De Martino, c’era Mauro Bellugi, sotto la pioggia. Una pioggia pazzesca, ho toccato sì e no due palloni. Mi padre mi ha preso per mano e ha detto: “Via via, andiamo via”. Un dirigente ci ha fermati: “Ma dove andate? Vede quel signore là in piedi, con l’impermeabile giallo? Quello è Helenio Herrera e ha detto: “Prendiamo quel ragazzo alto della difesa”. Era il 1968. Sono diventato interista".

Una vita da vecchio cuore nerazzurro.
"Una bella, calda vita. Tante partite, qualche gol di testa, compagni meravigliosi. Veramente. C’è stato un momento in cui in prima squadra giocavamo in otto, tutti cresciuti nelle giovanili: io, Bordon, Oriali, Canuti, Baresi, Ambu, Muraro e Pancheri. Più Occhipinti che ha fatto l’ultima partita dello scudetto. Eravamo amici, fratelli, ci si voleva bene".

Con il “Sergente Bersella” avete vinto.
"Un grande scudetto, in testa dall’inizio alla fine. Potevamo vincerlo anche l’anno dopo, ma siamo arrivati stanchi e stressati. Ricordo una pazza partita a San Siro contro il Catanzaro. In vantaggio di due gol ci siamo fatti raggiungere. E altre sconfitte di misura".

Sezione: News / Data: Mar 15 luglio 2025 alle 20:14 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni
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