La redenzione momentanea dell'Inter 2022-23, quattro risultati utili consecutivi tra campionato e Champions League dopo un avvio inaccettabile per una squadra vicecampione d'Italia, non ha spiegazioni logiche neanche per i protagonisti che l'hanno ottenuta, almeno parzialmente, agli occhi dei tifosi. L'handicap invisibile di cui ha parlato a più riprese Beppe Marotta lunedì sera, ogni volta che si è trovato di fronte un cronista a incalzarlo a margine del Gran Gala del Calcio AIC, è la candida ammissione che il problema che ha afflitto i nerazzurri fino alla sosta di fine settembre non ha un nome. Impossibile individuare un'unica causa che dia conto del perché della falsa partenza di Handanovic e compagni, i cui risultati a dire il vero avevano cominciato a preoccupare già nella pre-season.

Il primo ad alzare il ditino per fornire una teoria, nella metaforica riunione dello spogliatoio aperta al pubblico grazie alla telecamere di Sky, è stato Hakan Calhanoglu, ovvero colui il quale ha chiuso il periodo nero grazie a una stoccata da fuori in Inter-Barcellona 1-0 dopo aver contribuito a far precipitare la situazione con quell'apertura folle nel derby di Milano perso 3-2. Il turco, match winner e MVP nel primo atto contro i catalani, ha argomentato così la metamorfosi dei suoi: "Abbiamo sbagliato l'atteggiamento, ci siamo detti che questa era la prima cosa da cambiare. Oggi questo atteggiamento ci ha portati a vincere", le parole di Calha. Il giocatore della Beneamata che, senza possibilità di smentita, ha sofferto più di tutti l'epilogo del 22 maggio, culminato con le scene dei suoi ex tifosi festanti per lo scudetto numero 19. Non è dato saperlo, ma anche senza aver studiato in profondità Freud è ipotizzabile che l'attitudine mostrata dalla squadra di Simone Inzaghi nelle prime uscite dell'annata corrente sia figlia di quel trauma non semplice da superare, oltre che della gestione pasticciata del calciomercato estivo (Perisic via a zero, l'all-in pericoloso su Lukaku e il futuro di Skriniar in bilico fino al 1° settembre).

Il fatto di aver perso la seconda stella nella maniera che tutti conoscono ha probabilmente generato un meccanismo mentale pericoloso secondo cui bastasse resettare tutto e presentarsi semplicemente in campo per smentire la classifica 2021-22. A sostegno di questa tesi sono arrivate pochi giorni fa le dichiarazioni di Alessandro Bastoni, che ha sottolineato il comportamento del gruppo di ricercare le radici della crisi al di fuori di se stesso, fino a costruirsi degli alibi dannosi pur di considerarsi immuni dagli errori tecnici, tattici o comportamentali: "C'è stato un confronto importante tra noi giocatori dopo quel periodo complicato iniziale, dove forse c'erano state troppe lamentele - ha detto il difensore prima di Inter-Salernitana -. Ognuno voleva dare la colpa all'altro, invece facendo mea culpa era necessario uscire da quel momento. E' stato molto importante Inzaghi, nessuno remava contro, siamo stati molto uniti".

Guardandosi negli occhi, i giocatori hanno capito di aver sbagliato soprattutto le premesse della stagione, fondate su convincimenti distorti maturati nella scorsa: da questa valutazione difettosa è nata la pretesa di raggiungere automaticamente, quasi per diritto sportivo, le vette di gioco che si erano viste con discontinuità non infrequente nel primo anno dell'era post-Conte. Quindi è arrivato il bagno d'umiltà, in evidente ritardo, quando è subentrata la convinzione che per tornare credibili occorresse anche saper soffrire. Intanto, dopo dieci giornate, l'Inter ha già esaurito i bonus in chiave scudetto perdendo quattro volte, la quota di ko incassati in tutto l'intero campionato precedente. "Se siamo ancora in corsa? Secondo me è importante chiudere il primo periodo, fino alla sosta, rimanendo attaccati al gruppo davanti. Alla ripresa ci sarà un nuovo campionato e, se saremo alla giusta distanza, potremo recitare un ruolo di protagonisti", ha detto Marotta con molto realismo. Dipenderà soprattutto dalla concorrenza, aggiungiamo noi, dal viaggio verso l'ignoto di spallettiana definizione che rappresenta ogni singola partita di campionato. A cominciare dalla trasferta di Firenze, la prima di tante che è vietato sbagliare. Perché è 'facile' accettare di dover soffrire contro il Barça, per di più quando il doppio confronto da dentro o fuori mette in palio gli ottavi di Champions, meno farlo in una maratona lunga 28 giornate che partirà sabato e finirà a giugno. 

Sezione: Editoriale / Data: Gio 20 ottobre 2022 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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