La versione copetera dell'Inter vista martedì sera a San Siro contro l'Atalanta è piaciuta sia al pubblico che alla critica, finalmente concordi nel valutare la prestazione dei nerazzurri all'altezza dopo le due uscite balbettanti in campionato (3 punti tra Empoli e Cremonese). E' un esercizio semplice riconoscere i meriti quando sono visibili agli occhi anche dei più disattenti: la partita da dentro o fuori con la Dea è stata preparata bene a livello tattico, aggredita nel modo giusto dagli interpreti, quindi condotta fino al vantaggio e controllata senza affanni dopo la stoccata di Matteo Darmian. Qualche sbavaturina qua e là di qualche singolo, ma gli episodi hanno sorriso alla squadra che in campo ha fatto di più, per stessa ammissione anche degli avversari, compreso Gian Piero Gasperini che di parole al miele non le ha mai spese volentieri per la sua ex. Lo spartito si era già visto con il Napoli il 4 gennaio e in maniera ancora più lampante nel derby in terra d'Arabia, tre partite dal peso specifico notevole vinte da grande e con zero gol al passivo. Tre indizi che fanno una prova, che già era arrivata dopo il doppio confronto con il Barcellona portatore della seconda qualificazione agli ottavi di Champions di fila che mancava addirittura dai tempi di José Mourinho. Tutte medaglie che Simone Inzaghi può fieramente appuntarsi sul petto, come peraltro non manca di fare almeno una volta ogni tre interviste. L'ultimo modo creativo di Simone di parlare della bontà del suo lavoro a Milano è arrivata proprio a margine della gara in cui i nerazzurri hanno strappato il pass per la semifinale di Coppa Italia, competizione che regala vibrazioni particolari al tecnico piacentino che ne conta due nel palmares (+ due nella categoria Primavera): "Siamo l’unica squadra italiana in ballo su tutti i fronti e per noi è un motivo di grande orgoglio".
Parole che ricordano quelle rilasciate qualche mese fa, quando l'ex Lazio si spinse a dire che avrebbe rifatto il percorso, errori di gestione compresi nel testa a testa con il Milan, pur di potersela rigiocare con il Liverpool in Europa. "Per come la squadra ha giocato ho il rimpianto per quella perché lo 0-2 non era meritato. Abbiamo giocato la Champions per andare agli ottavi e sappiamo che le due gare col Liverpool ci hanno fatto perdere qualche punto e qualche giocatore. Magari avremmo qualche punto in più, ma sono contento del percorso fatto", disse il giorno prima del famigerato 22 maggio. La gara dopo la quale, mentre i cugini si mettevano la corona di campioni d'Italia sulla testa, ricevette l'applauso caloroso di San Siro per la stagione condotta in porto vincendo due finali con gli acerrimi rivali della Juve. "Che poteva diventare straordinaria", nella definizione del diretto interessato, con la seconda stella. Persa per soli due punti, all'ultima giornata, dopo aver centrato tutti gli obiettivi aziendali: "La mia storia dimostra che dove alleno io aumentano i ricavi, si dimezzano le perdite e arrivano i trofei", aveva puntualizzato Inzaghi alla vigilia del primo bivio della stagione corrente. Inter-Roma 1-2, risultato che fece capire definitivamente che il tricolore non è cosa per la Beneamata. Fu la quarta sconfitta in otto giornate, l'ultimo dazio da pagare di un periodo nerissimo in cui Inzaghi, per sua stessa ammissione, si sentì a rischio esonero. Periodo che appartiene al passato ma a cui nessuno ha mai saputo dare una vera spiegazione, troppo strana e compressa la stagione per fermarsi a ragionare sugli errori. L'handicap invisibile, per dirla alla Marotta, ha accompagnato l'Inter per circa due mesi, è evaporato all'improvviso per poi riapparire in maniera del tutto inaspettata altre tre volte: il ko in casa con la Juve, l'inciampo clamoroso in casa con l'Empoli, senza dimenticare i due punti persi a Monza sciaguratamente al di là del pessimo Sacchi. Segnali chiari di una discontinuità inaccettabile, se si vuole arrivare primi in una maratona lunga 38 giornate. E' impossibile nascondere sei sconfitte in un girone dietro il rendimento straordinario del Napoli, come stanno provando goffamente a fare gli inseguitori (da molto lontano) di Spalletti. Compreso Inzaghi, che è tornato a fare il ragioniere nelle ultime ore per contestualizzare un -13 che lascia poco spazio alle interpretazioni: "In campionato siamo in ritardo come tutte le altre, abbiamo commesso qualche errore. Ma senza un Napoli così… Vedo anche gli altri campionati: il Bayern abbiamo visto che squadra è e ha un punteggio basso. In qualsiasi altro campionato con 40 punti dopo 20 partite saremmo lì a giocarci lo scudetto. Bisogna solo fare i complimenti al percorso fatto finora dal Napoli".
Calcoli che non tornano: con una media di due punti a partita non si vince in nessun torneo top, ma evidentemente la calcolatrice di Inzaghi ha smesso di funzionare per la seconda volta in pochi mesi come quando parlò di 83,3% di possibilità di vittoria con la quota punti totalizzata nello scorso campionato. "Con 84 punti si vince 5 volte su 6", aveva detto Inzaghi in un passaggio della conferenza stampa di presentazione del suo secondo anno all'Inter.
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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