"Penso che questa squadra abbia i mezzi per vincere qualsiasi tipo di partita". La dichiarazione firmata Simone Inzaghi risale allo scorso 8 aprile, a commento del prezioso 1-0 imposto a Torino alla Juve, alias la svolta dopo un periodo preoccupante a livello di risultati la cui onda lunga ha permesso all'Inter di ritornare virtualmente prima in classifica e di centrare la finale di Coppa Italia. Il tutto a spese del Milan che, se nella corsa scudetto a rilento ha lasciato sciaguratamente per strada quattro punti tra Bologna e Torino, martedì scorso non è riuscito a nascondere la superiorità dei cugini dopo tre derby da imbattuto. Fatto paradossale perché, colpito a freddo dallo splendido pezzo di bravura di Lautaro Martinez a sublimazione di un'azione con ben 18 tocchi consecutivi, ha sviluppato il suo gioco creando diverse situazioni pericolose dalle parti di Samir Handanovic, andate tutte sprecate per l'ormai congenita aridità offensiva. L'Inter, da par suo, ricordandosi di essere una creatura profondamente contiana, si è nutrita delle difficoltà dell'avversario sotto porta adattandosi molto volentieri al tipo di partita che è nata dopo il gol flash del Toro, che a molti tifosi nerazzurri avrà ricordato quello del 21 febbraio 2021, il primo passo della lunga fuga verso la vittoria del 19esimo tricolore. Handanovic e compagni, nel momento clou dell'annata, hanno rispolverato un principio base insegnato loro dall'ex allenatore: chi non soffre non vince. Senza barattare nulla sulla propria identità, la Beneamata ha portato tutti gli episodi a proprio favore, colpendo gli avversari prima senza preavviso e poi all'apice del loro momento migliore dopo aver scongiurato un pari che sarebbe stato rovinoso in chiave qualificazione grazie al salvataggio sulla linea di Ivan Perisic (a proposito di sacrificio).

Il 2-0 a fine primo tempo è stata la logica conseguenza di quella famosa legge cantata dagli 883 nel 1997: sì, perché l'altra contraddizione di questa strana stracittadina è che, per la prima volta dopo due mesi, Stefano Pioli ha sperimentato che 'se non hai difesa, gli altri segnano' pagando un dazio pesantissimo tutto in una volta per la prestazione negativa rara di un totem come Fikayo Tomori. In svantaggio di due, ma con l'ormai desueta regola del gol doppio in trasferta valida più che mai per l'ultima volta, il tecnico rossonero ha provato a cambiare le sorti dell'incontro già all'intervallo inserendo Junior Messias e quel Brahim Diaz che, muovendosi come una scheggia impazzita tra le linee, ha fatto saltare qualche meccanismo a un'Inter che alla lunga ha sentito affiorare la stanchezza, l'unica vera nemica tra sé e la gloria in questa annata finora in linea con gli obiettivi fissati in estate. I padroni di casa hanno gettato definitivamente la maschera decidendo di giocare di rimessa, un po' per strategia ma soprattutto per esigenza atletica, anche a costo di portarsi il nemico in casa. Che, visto lo spazio da occupare, si è riversato in massa sulla trequarti alla ricerca dell'episodio per cambiare il corso della storia. E al 65', al culmine di un forcing che ha prodotto due-tre tiri che si sono infranti sul muro eretto da Milan Skriniar e soci, il potenziale turning point viene scritto a copione da Ismael Bennacer ma cancellato 3' dall'arbitro Maurizio Mariani dopo on field review suggeritagli dal VAR Paolo Silvio Mazzoleni. Uno dei tanti interventi tecnologici borderline che farà discutere per tanto tempo analisti e tifosi che si sono chiesti come sarebbe finita se quel 2-1 fosse stato convalidato. Non lo sapremo mai, a differenza di chi vincerà il titolo a maggio. Solo a traguardo di una stagione senza certezze capiremo se ha ragione Inzaghi quando afferma che la sua squadra è attrezzata per battere ogni tipo di avversario. L'allenatore piacentino ha scoperto lungo il percorso che era necessario guardare anche il vissuto dei campioni d'Italia per superare i problemi nati a luglio in sede di calciomercato che via via hanno complicato i piani di vincere il campionato. Prima ha giustamente voluto metterci del suo, soprattutto dopo aver accettato di allenare una squadra ridimensionata dagli addii; quindi, a un certo punto, nel massimo periodo di difficoltà, ha capito che la seconda stella non può brillare solo della luce della sue intuizioni ma che deve nutrirsi anche di quella che arriva dal passato. 

Sezione: Editoriale / Data: Gio 21 aprile 2022 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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