In questi giorni ha fatto visita ai nerazzurri nel quartier generale della Ucla, per la felicità di Chivu: Maicon e l'Inter, rapporto indissolubile. Le sue parole alla Gazzetta dello Sport.

Maicon, ma è Chivu l’uomo giusto?
"Giustissimo. Io sono di parte per tutto quello che abbiamo vissuto insieme e non posso che augurargli il meglio, ma penso davvero che abbia le doti umane e professionali per iniziare un nuovo percorso vincente. Certamente, davanti ha un lavoro durissimo, non è facile perché il dolore dopo la finale di Champions è enorme. Io ne so qualcosa perché sono passato dal 7-1 con la Germania in un Mondiale in casa... Ma se c’è una persona che sa come rialzarsi nelle difficoltà, quella è Cristian Chivu".

Ai tempi in cui giocavate insieme, pensava che avrebbe potuto fare l’allenatore?
"Sì, lui come Cambiasso e Thiago Motta vedeva il gioco in maniera diversa, sapeva leggere i momenti, pensava già da tecnico. E si faceva sentire quando serviva: non è timido come potrebbe sembrare, sa alzare la voce e anche divertirsi quando serve. Ad esempio, ricordo dei bellissimi discorsi alla squadra: immagino che li farà adesso ai suoi nuovi giocatori. Li colpirà al cuore con poche parole".

Ma 13 panchine di A non sono troppo poche per avere un impegno così grande?
"Intanto, a Parma ha fatto molto bene, ma poi pensate davvero che a Chivu manchi esperienza? Con gli spogliatoi che ha frequentato, le battaglie che ha vinto e perso, i grandi allenatori che ha conosciuto? Da Mou, ad esempio, ha imparato come gestire un gruppo di alto livello, una cosa che serve particolarmente in questo momento in cui la componente psicologica è importantissima dopo la botta presa. Per me l’esperienza a certi livelli non esiste, esiste un percorso da compiere insieme ai giocatori, giorno dopo giorno".

Ma lei si è spiegato cosa è successo a Monaco?
"La stanchezza è arrivata tutta insieme e, forse, si è sentito tanto l’evento, senza contare che il Psg ha giocato una partita praticamente perfetta. Ma la stagione è stata comunque straordinaria: tutte le squadre pagherebbero per stare dove è arrivata questa Inter. Conta essere lì a giocartela e poi, come nella vita, può andare bene o male. Poteva essere Triplete e, invece, non si è vinto neanche un trofeo, ma solo applausi per questi ragazzi. Poteva succedere anche a noi nel 2010, José ce lo aveva detto chiaramente prima della finale di Coppa Italia: potevamo non vincere niente oppure fare la storia. Ci è andata bene, ma la differenza è stata solo in certi dettagli".

Rispetto a quella partita c’è un suo connazionale appena arrivato: ci presenta Luis Henrique?
"Porta dribbling, fantasia, imprevedibilità. Salta sempre l’uomo, ma deve capire che in Italia è diverso e bisogna difendere sul serio. L’esempio ce l’ha in un altro nostro connazionale: Carlos Augusto è fortissimo, anche se a vederlo così sembra più svizzero o tedesco".
 

Sezione: Copertina / Data: Lun 16 giugno 2025 alle 08:42 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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