Levata di scudi della FIFPro, l’organizzazione internazionale rappresentativa dei calciatori professionisti, che, con riferimento al «caso Sneijder», invoca la lesa maestà ed attacca senza mezzi termini l’Inter, responsabile, a suo dire, di adottare pratiche poco ortodosse e di mettere sotto pressione il proprio calciatore per ottenerne il prolungamento del contratto. Come di consueto, tutto ciò che ruota in orbita Inter assume i caratteri dello scoop e, come una vittoria diventa un’impresa formidabile ed una sconfitta assume le sembianze di una rovinosa debacle, così la negoziazione del rinnovo del contratto dell’olandese si trasforma in un processo di portata internazionale la cui sentenza di condanna della dirigenza neroazzurra sembra essere già scritta.

Può allora sorgere il legittimo dubbio, dianzi a tanto polverone, che Branca, Ausilio & Co. siano degli sprovveduti e che la società del Presidente Moratti, da accogliente bambagia e dispensatrice di ricchezza, si sia improvvisamente trasformata nella casa degli orrori di Kentoniana memoria. Allora, diciamolo subito: di illecito – giuridicamente parlando – non v’è niente.

Fatto salvo il caso in cui una società si sia contrattualmente impegnata a far disputare al calciatore un determinato numero di partite (ma si tratta evidentemente di un’ipotesi del tutto residuale ove non irreale), l’oggetto tipico del contratto di lavoro tra calciatore e società consiste – come si evince dalla legge 23 marzo 1981 n. 91, recante norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti –nell’esercizio dell’attività sportiva a titolo oneroso, nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI.

Tale legge è integrata dall’Accordo Collettivo tra FIGC, Lega Nazionale Professionisti di Serie A (L.N.P. A) e l’Associazione Italiana Calciatori (A.I.A.), siglato il 7 agosto 2012, il quale a sua volta prevede che «il calciatore ha diritto di partecipare agli allenamenti e alla preparazione precampionato con la prima squadra» (art. 7.1) e che «salvi i casi di malattia od infortunio accertati, il calciatore deve partecipare a tutti gli allenamenti nelle ore e nei luoghi fissati dalla Società, nonché a tutte le gare ufficiali o amichevoli che la Società stessa intenda disputare tanto in Italia quanto all’estero» (art. 7.2).

Le disposizioni normative da ultimo citate assumono particolare rilievo nella misura in cui, da un lato, individuano espressamente i diritti di cui il calciatore è titolare (i.e. partecipare agli allenamenti e alla preparazione precampionato); dall’altro lato, altrettanto espressamente evidenziano gli obblighi sullo stesso gravanti (i.e. l’essere a disposizione della società per allenamenti e partite amichevoli o ufficiali).

Muovendo da tali presupposti, si evince che nessun calciatore può pretendere di essere utilizzato in partita; e ciò per il semplice rilievo che non esiste un correlativo diritto di tale contenuto. Né, peraltro, potrebbe essere altrimenti, ove appena si consideri che l’utilizzo o meno di un giocatore attiene ad una insindacabile scelta tecnica dell’allenatore, strumentale al perseguimento del superiore obiettivo rappresentato dal risultato di squadra.

Un parziale temperamento del principio ora riferito si rinviene nell’art. 15 del REGOLAMENTO FIFA SULLO STATUS E SUI TRASFERIMENTI DEI CALCIATORI, il quale attribuisce al giocatore che abbia disputato meno del 10% delle gare ufficiali cui partecipa la propria società, la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto per giusta causa sportiva (la norma si premura di precisare, ovviamente, che in casi del genere è presa in considerazione «ogni circostanza specifica concernente il calciatore», atteso che, ad esempio, non potranno essere assunte come parametro di riferimento le partite che il calciatore, per problemi di salute o per provvedimenti sanzionatori, non avrebbe comunque potuto disputare).

Ma si tratta, evidentemente, di un rischio che l’Inter non correrà, aiutata, in questo, dallo stesso Sneijder, il quale, negli ultimi due anni, è apparso, complici i numerosi infortuni, la brutta copia del folletto che gli amanti del calcio avevano ammirato nell’anno del Triplete. Ed è proprio questa, con tutta probabilità, l’osservazione che l’Inter ha mosso all’entourage del calciatore olandese. Pressione? Illecito? No, nulla di tutto ciò.

Il citato Accordo Collettivo stabilisce a chiare lettere che «la riduzione della retribuzione ha la funzione di riequilibrio del sinallagma»: il che significa, per dirla in termini calcistici, che il calciatore deve essere pagato non tanto (o non solo) per ciò che potenzialmente vale quanto piuttosto per il contributo che apporta alla squadra in termini quantitativi. Tale principio è confermato dal successivo art. 15 dell’Accordo Collettivo, nella parte in cui si prevede che, in caso di c.d. inabilità del calciatore – con ciò intendendosi la condizione del calciatore che, pur non implicando l’impossibilità totale di rendere la prestazione, è comunque tale da non consentirgli di partecipare ad allenamenti che non siano esclusivamente di recupero funzionale – la società può chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione alla metà della retribuzione, se l’inabilità si protrae per 6 mesi.

In altre situazioni, l’Inter chiuse un occhio (anzi due) e Moratti, dismessi i panni del Presidente e vestiti quelli di Babbo Natale, sostenne Nwankwo Kanu nella sua delicata vicenda personale, continuando a corrispondergli un lauto stipendio pur potendo chiedere (ed ottenere) la risoluzione del contratto.

Oggi, in un contesto economico-finanziario ben diverso, in cui la passione deve cedere il passo agli equilibri di bilancio, non ci si può più permettere il lusso di essere così «signori» ed il folletto di Utrecht deve capire che, se vuole rimanere a Milano, l’attuale ingaggio va rivisto, soprattutto se, come pare, le condizioni fisiche del calciatore non ne consentono un utilizzo a tempo pieno.

Ecco, allora, che la decisione di non schierare Sneijder – ammesso che sia fisicamente pronto – non rappresenta né può essere considerato un illecito, ma piuttosto un naturale atteggiamento di tutela della società che, nell’interesse superiore della squadra, sta cercando di capire se può contare sul giocatore o meno in prospettiva futura. Non accettare la proposta della società equivarrebbe ad una chiara manifestazione di intenti: come è lecito che Sneijder non creda nel nuovo progetto dell’Inter, altrettanto lecito è che, in tal caso, il nuovo corso prosegua, da subito, senza Sneijder. 

A gennaio si riaprirà il mercato e ne sapremo di più.
Nel frattempo: buon Natale, folletto.

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Luigi Ammirati esercita la professione di avvocato tra Roma (sede principale in Via Marcello Prestinari n. 15) e Milano (sede secondaria) ed è specializzato in diritto civile, con spiccata attitudine, tra l’altro, al diritto dei contratti, al real estate, alla intermediazione e alle figure affini, alla tutela dei diritti della personalità e al diritto delle successioni.
Ricercatore universitario nell’Università Tor Vergata di Roma e docente di istituzioni di diritto privato presso altre istituzioni, Luigi Ammirati ha superato a settembre, al primo tentativo, la prova di idoneità per agenti di calciatori ed organizza a Roma, presso il suo studio, corsi pratici e teorici per la preparazione all’esame agenti dei calciatori della FIGC.

Sezione: Calcio & Diritto / Data: Gio 29 novembre 2012 alle 18:16
Autore: Luigi Ammirati
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