Si ricomincia a far parlare il campo: dopo le mai troppo corte pause natalizie (diciamolo chiaramente, quanto ci sono brillati gli occhi di fronte allo spettacolo offerto dai tre, e sottolineo tre, turni di Premier League, conditi dalla FA Cup andata in scena proprio ieri?) finalmente riparte il campionato. Questa sera, ci sarà a Torino la sfida che se non sarà una sentenza scudetto, poco ci mancherà: visto che, se la Juventus dovesse sconfiggere la Roma di Rudi Garcia, metterebbe più di metà ipoteca sullo scudetto del neonato 2014, considerata la potenza di fuoco dell’armata di Antonio Conte. Intanto, la vigilia è stata resa subito rovente, prima con le parole di Francesco Totti che ha evidenziato come alla Juve vengano concessi spesso e volentieri degli aiutini, e le repliche di Chiellini e Lichtsteiner che hanno risposto col mantra preferito dalle parti di Vinovo: “Forti sul campo”, e di Conte che ha bollato tutto come “chiacchiere da bar”.
Sembra di essere tornati agli anni ’80, quando le due squadre si contendevano annualmente il tricolore e schermaglie anche pesanti tra le due parti non mancavano. Ma anche negli ultimi anni episodi incandescenti non sono mancati (come dimenticare il ‘quattro gol e tutti a casa’ di Totti, emulato qualche anno dopo dallo svizzero della Juventus, che fece valere anche il suo passato da laziale?). Ed è curioso che alla ripresa del campionato venga proposta, insieme ad una sfida sempre accesa come quella tra bianconeri e giallorossi, un’altra partita condita da ben altra atmosfera, anche se altrettanto ricca di storie e aneddoti: perché dicendo Lazio-Inter vengono indubbiamente alla memoria tantissimi episodi di incroci storici, belli o brutti a seconda di quale sponda la si guardi. Lazio-Inter sono tante storie, in campo e fuori.
Dici Lazio-Inter e pensi, in primo luogo, alla finale di Parigi, quella della Coppa Uefa 1998: la Lazio di Sergio Cragnotti stava arrivando a vivere un ciclo importante chiuso con la vittoria del campionato nel 2000, ma quella sera di inizio maggio al Parco dei Principi dovette fare i conti con un’Inter affamata, desiderosa di riscatto dopo lo scempio di qualche giorno prima in quel di Torino, che una volta scesa in campo non lasciò alcuna speranza ai biancocelesti: Zamorano, Zanetti e la danza ipnotica di Ronaldo davanti a Marchegiani suggellarono il primo trionfo dell’era di Massimo Moratti.
Dici Lazio-Inter e pensi, inevitabilmente, anche a quella sciagurata giornata di maggio del 2002. Una giornata che doveva essere di festa per tutti, con un’Inter lanciata verso la conquista del campionato e una Lazio che ormai nulla aveva più da chiedere alla stagione. Segna Vieri, tutto sembra andare per il meglio, e anche quando Poborsky approfitta di una prima topica di Vratislav Gresko, non ci si fa troppo peso perché Di Biagio dopo pochi istanti rimette a posto le cose. Però poi, qualcosa si inceppa: l’Inter va in tilt e subisce clamorosamente tre reti, buttando all’aria un intero campionato nello sgomento generale dell’Olimpico. Godrà la Juventus che conquisterà il titolo, e anche la Roma che battendo il Torino costringerà i nerazzurri addirittura al terzo posto finale.
Lazio-Inter, però, è anche e soprattutto un gemellaggio storico, quello tra le due tifoserie, insieme uno dei più lunghi e belli di tutto il movimento calcistico italiano. Un’alleanza di lunga data, sancita all’inizio degli anni ’90 e durata anche dopo le vicende sportive che non hanno arriso prima all’una, poi all’altra squadra. Che ha toccato anche momenti molto criticati, come quella sera sempre di maggio, ma del 2010: si era in piena corsa per il titolo, Inter e Roma proseguivano nel loro duello a distanza con i giallorossi di Claudio Ranieri avanti e che veniva dalla vittoria di Parma, e i nerazzurri avrebbero dovuto affrontare la sera stessa la Lazio all’Olimpico. Accade tutto in un clima surreale: tutto uno stadio schierato a favore dell’Inter, coi laziali che, in una gara approcciata dalla squadra all’epoca di Edy Reja (che tornerà domani ad allenare i biancocelesti) in una maniera tale da causare feroci polemiche specie da sponda romanista (chiaramente), esulteranno sfacciatamente ai gol di Walter Samuel e Thiago Motta esibendo anche uno striscione che rimarrà nella storia, dal contenuto eloquente: “Oh nooo”.
Al di là di tutto, comunque, quando si parla di incontri tra Lazio e Inter si parla comunque di una gara in un’atmosfera di grande cordialità, perché l’amicizia non è solo questione di ultras, ma si respira anche in tutti gli alti strati del tifo delle tue sponde. Ne ebbi prova io stesso a San Siro, tre stagioni orsono: il giorno di Inter-Lazio, gara vinta dall’Inter in rimonta, e in 10 uomini, per 2-1, sotto la guida di Leonardo, fu bello vedere i sostenitori mischiati allegramente specie al secondo anello blu, a guardare insieme la partita, cantare e tifare in grande serenità. E se ai più viene in mente quello striscione di finto dolore e di vero scherno, noi preferiamo ricordare un altro episodio di vicinanza degli interisti ai laziali: quell’enorme coreografia ad abbracciare tutta la Curva Nord dove campeggiava a caratteri cubitali un nome: “Gabriele”. Gabriele è Gabriele Sandri, un ragazzo morto in maniera tragica e senza una motivazione logica nel 2007, mentre si recava a vedere proprio Inter-Lazio. Vittima di una tragedia senza senso, Gabbo, nel cui nome interisti e laziali continuano a tenere vivo il loro legame.
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