A distanza di 20 anni dalla prima copertina, Sportweek intervista Ronaldo, proprio colui che di quell'edizione ormai storica fu il protagonista. L'Intervista è una sagra dei ricordi, tanti fisiologicamente a tinte nerazzurre. Dagli infortuni ai successi, passando per le coppe e il 5 maggio 2002. "Molte persone in questi anni mi hanno detto: “Il silenzio di quella sera all’Olimpico, quando sei caduto urlando con il ginocchio in mano, non lo dimenticherò mai”. Io quel silenzio non me lo ricordo, ma il dolore sì - racconta Ronie -. E anche i pensieri del dopo: “Tornerò? Come tornerò?”. Però, passata la paura, mi sono ritrovato addosso una forza di volontà che non credevo di avere e di poter avere. Un altro uomo prima che un altro giocatore, ma con lo stesso amore per il calcio: è sempre stato quello il mio miglior allenatore, medico, fisioterapista, compagno".

Un anno e mezzo di attesa, il ritorno, la speranza, un’altra botta nello stesso stadio: il 5 maggio 2002, lo scudetto perso a Roma contro la Lazio.
"L’infortunio era destino, il 5 maggio fu una colpa: quando il destino ce l’hai in mano, se ti scappa via non puoi prendertela con nessuno. Non eravamo noi, e non ci siamo mai spiegati davvero perché: per quello piangevo".

Forse anche perché sentiva già che avrebbe lasciato l’Inter?
"Sicuramente perché quello scudetto era il regalo minimo che dovevamo fare ai nostri tifosi. Che dovevo fargli, per quanto mi avevano voluto bene anche quando stavo male. Ma a Roma non sapevo già cosa sarebbe successo, solo quello che avrei detto a Moratti".

O io o Cuper?
"Non c’era rapporto, l’ho detto decine di volte e l’avevo detto anche al presidente, e non ci sarebbe potuto essere. Non c’era neanche un compromesso possibile: perciò quando io e Moratti, diverso tempo dopo l’addio, ne abbiamo riparlato, ci siamo “perdonati” senza darci colpe. In quel momento davvero forse nessuno dei due avrebbe potuto fare altro".

Al Milan non fu un’esperienza trionfale...
"Ma Berlusconi e soprattutto Galliani mi volevano bene, molto: il rapporto con loro è un ricordo che mi fa sorridere ancora oggi. Il legame si è interrotto, la stima è rimasta".

Da dieci anni l’Inter è tornata a non vincere nulla.
"Ma io confermo quello che ho già detto: ho fiducia in Zhang e in questa nuova gestione. E da tifoso interista ho il sogno di tutti i tifosi: massimo rispetto per la Juve, che in Italia è un esempio di come si gestisce un club e si costruisce un ciclo, ma è ora che questa dittatura finisca. E tocca all’Inter, non vedo altra possibilità".

Sezione: In Primo Piano / Data: Sab 01 agosto 2020 alle 11:10 / Fonte: Sportweek
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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