Level up: la campagna europea continua. L’Inter di Antonio Conte batte il Bayer Leverkusen, inserisce le marce alte e vede lo striscione del traguardo: la finale dell’Europa League dista solo novanta minuti. A 361 giorni dall’inizio di questa interminabile stagione, la squadra nerazzurra potrebbe scrivere un’altra pagina della propria storia. Nel mezzo, due avversari tostissimi che usciranno dal tabellone tennistico che si sta delineando in queste ore in Germania.
Per una volta l’Inter può evitare di preoccuparsi oltremodo del suo avversario: contro due avversari diversi e complicati come Getafe e Bayer Leverkusen ha dimostrato che, se i suoi giocano come sanno, ogni avversità è affrontabile: anche prendere gol al primo tiro in porta, dopo una serie di rimpalli casuali. Anche non riuscire a chiudere una gara che è rimasta in bilico troppo, per quanto fatto vedere in campo. Anche con l’uomo in meno, con Sanchez che zoppica negli ultimi dieci minuti.
Contro tutto e tutti, l’Inter di Antonio Conte ha preso forma nel momento più prezioso per dimenticare gli screzi di fine campionato e proiettarsi verso un futuro. Che potrebbe essere vincente prima di quanto si credesse.
GIGANTE - L’uomo di copertina è ancora lui: Romelu Lukaku batte Alan Sherear e si consegna alla storia, con il nono gol consecutivo in Europa League. Un’altra dimostrazione di esuberanza fisica assoluta, in novanta minuti di battaglia: Big Rom si è caricato la squadra sulle spalle e offre in ogni momento il suo apporto. Spalle alla porta, lanciato in velocità, negli scambi nello stretto. L’Inter si affida al suo totem e lui risponde con prestazioni totali, finendo con i crampi. Affianco a lui, Lautaro Martinez fa il lavoro sporco: movimenti perfetti a fendere la difesa del Bayer e due giocate che regalano la qualificazione all’Inter. Prima il tacco che libera Young e innesca il gol di Barella, poi la discesa sulla destra che permette proprio a Big Rom di fare la storia.
EL JEFE - Insieme a Lukaku e Barella si merita la palma di migliore in campo. In una gara in cui la difesa è stata oltremodo stimolata, Diego Godin ha giocato una di quelle partite che hanno ricordato a chiunque perché è considerato nell’élite del calcio mondiale. L’ex giocatore dell’Atletico ha dato una dimostrazione di forza e concentrazione straordinaria, non perdendo mai un contrasto e facendo sempre la scelta giusta. Nel momento del dentro o fuori ha scavalcato nelle gerarchie Skriniar e ha dato continuità alle parole con cui, mesi fa, ha chiuso ogni eventualità di lasciare l’Inter: ha convinto Conte, mettendosi a disposizione del gruppo, e anche ieri sera ha aiutato Bastoni e De Vrij a difendere la porta di Handanovic. Un gol subito in cinque partite. Avanti tutta.
INARRESTABILE - Chi la porta dell’élite del calcio vuole buttarla giù è Niccolò Barella. La crescita del centrocampista sardo rappresenta il suo stile di gioco: inarrestabile. Anche contro il Leverkusen, Barella ha dato fondo a ogni goccia del proprio sudore per aiutare la squadra. Il gol che apre le danze racconta solo una parte del lavoro che Niccolò ha fatto per i suoi: Lukaku, con un grande gesto, l’ha eletto MVP della partita, a certificare quanto i compagni apprezzino il suo moto perpetuo, sempre a servizio del gioco.
Anche ieri sera ha giocato un paio di palloni sporchi e “leggeri” in uscita che sarebbero potuti costare carissimo all’Inter: ma ai punti rappresenta la certezza di Conte, il giocatore insostituibile perché - quando gli altri rallentano - Barella pigia sull’acceleratore e trova energie lì dove sembra non ce ne siano più. Ed è proprio questo tipo di sforzo di cui l’Inter avrà bisogno domenica, quando si giocherà il tutto e per tutto. Perché smettere di sognare proprio adesso non renderebbe giustizia al lavoro di un gruppo che si sta riscoprendo più coeso che mai.
L'ULTIMA PAGINA - Quando il gioco si fa duro, l’Inter sembra volerci essere. La forza di un gruppo sta nel riscoprire se stessi: le rotazioni inevitabilmente si accorciano, ma le sensazioni sono sempre positive. Sanchez che non vuole abbandonare la squadra, Eriksen e Moses che entrano ed eseguono esattamente quel che Conte chiede a loro. La pecca di questa squadra potrebbe essere la sua condanna: deve imparare a chiudere le partite, perché come ha dimostrato il Copenaghen a questi livelli non si fanno sconti e ogni errore si paga a caro prezzo. Lo Shaktar e il Basilea sono due squadre abituate a questi palcoscenici, pur non provenendo da campionati di prima fascia. Ma l’abitudine a giocare certe gare è la discriminante: come affronterà Conte la partita più importante da quanto siede sulla panchina dell’Inter? Il monito è: senza rimpianti. Stiamo per leggere le ultime pagine del thriller.
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Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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