Romelu Lukaku si apre in esclusiva al Corriere dello Sport per la prima intervista italiana raccontandosi e raccontando a 360 gradi questa prima parte di stagione trascorsa nell'Inter di Antonio Conte, l'allenatore che lo ha fortemente voluto e con il quale ha instaurato un ottimo feeling sin da subito. "Un buon inizio, sì, lo è stato, finora è andato tutto bene, ma voglio fare meglio e, anche se i numeri sono buoni, so di poter migliorare parecchio" comincia il belga, con il solito fare da umile 'gigante buono' che ha già conquistato il cuore dei nerazzurri in questi primi mesi all'Inter. "La mia più grande motivazione è aiutare la squadra e i compagni a vincere le partite segnando. Come ho fatto in questi primi tre mesi. Punto in alto, ma non mi dimentico di lavorare".
Il gol è il suo specifico. Quale il più bello finora?
"Qui in Italia, quello al Brescia. Mi è piaciuto anche il 2-0 di testa contro il Milan".
La Serie A è come se l’aspettava?
"Più la frequento e più trovo le zone del campo dove posso essere efficace. Qui ci sono i migliori difensori e da voi ogni difesa è preparata per qualsiasi situazione di gioco. In ogni match imparo qualcosa di nuovo a livello tattico. Idem dal lavoro di Conte. Se un attaccante segna tanti gol in Italia può farli in qualsiasi altro torneo d’Europa".
Da quando è arrivato crede di essere migliorato?
"Tatticamente sono cresciuto parecchio perché in carriera ho quasi sempre giocato come unico attaccante, mentre adesso (nel 3-5-2, ndr) ho accanto grandi compagni, con loro l’intesa migliora continuamente, devo solo memorizzare i movimenti giusti. Non posso improvvisare o muovermi ascoltando il mio istinto come facevo in Inghilterra: devo essere sincronizzato con il resto della squadra".
Può vincere la classifica dei marcatori?
"Immobile sta facendo molto, è un grande attaccante e sta dando molto alla Lazio. Per me le cose stanno andando bene, ma le ambizioni personali devono rimanere personali. Io penso prima alla squadra".
Le pesa essere il giocatore più pagato della storia dell’Inter?
"Se mi creasse dei problemi lo vedreste dalle mie prestazioni. Il mio lavoro è questo: far bene in campo".
Ad agosto l’hanno infastidita le critiche sul suo stato di forma?
"Mi sono infortunato nella prima settimana di allenamenti con il Manchester, ho saltato l’intera preparazione e non ho giocato neppure una partita nella tournée in Asia. Correvo 40’ da solo sul campo e poi rientravo negli spogliatoi. Adesso posso dire di essere al 100%, ma non mi fermo».
Si aspettava di diventare così in fretta un beniamino dei tifosi?
"Non così rapidamente. Per me è importante guadagnarmi il rispetto non solo della gente, ma anche dei miei compagni. Ho chiesto loro di parlarmi in italiano e dopo una-due settimane parlavo bene la vostra lingua. Mi ha aiutato ascoltare le telecronache delle partite di mio fratello, ma mi hanno aiutato soprattutto le motivazioni. Ho sempre avuto il desiderio di giocare nell’Inter. Ero un grande tifoso di Adriano quando indossava questa maglia e lo ero anche di Ronaldo. Credo di assomigliare ad Adriano: anche lui era grande, grosso, veloce e mancino. Guardavo le sue partite con l’Inter e sognavo di essere come lui. Mi ricordo che contro l’Udinese fece un gol incredibile. Mi ero ripromesso che se un giorno avessi avuto l’opportunità di giocare in Italia sarebbe stato solo per l’Inter".
Se è qui lo deve all’opera di convincimento di Conte.
"Mi ha chiamato solo alla fine della trattativa, quando stavo per prendere l’aereo per Milano. Mi ha detto: “Preparati a lavorare” e io gli ho risposto: “Nessun problema. È uno che vuole vincere sempre, trasmette grandi motivazioni e prepara le partite alla perfezione. Mai vista una cosa così in tutta la mia carriera: quando vado in campo con lui, sono pronto per qualsiasi situazione. Non ne esiste una che può coglierci di sorpresa. È un leader e noi giocatori lo seguiamo pensando solo alla squadra. Quando è contento te lo dice, ma se le cose non gli piacciono ed è arrabbiato non lo nasconde. Per un calciatore è importante sapere quando sta facendo bene e quando invece sbaglia".
Conte e Mourinho sono simili?
"Sì e sono i due allenatori migliori che ho avuto: hanno le stesse caratteristiche anche se utilizzano sistemi di gioco diversi. Con entrambi credo di aver dato il meglio, perché se non lo fai, con loro è dura. Sono davvero felice per lui e credo che con José in panchina nei prossimi due anni il Tottenham vincerà qualcosa. In questa stagione magari porterà a casa una delle due coppe nazionali, mentre la prossima lotterà per conquistare la Premier. Perché? Perché Mourinho ha vinto ovunque. E’ un top coach, ha calciatori molto forti, uno stadio fantastico e tifosi caldi. Insomma, ci sono i presupposti per togliersi delle soddisfazioni"
Quando ha deciso di lasciare lo United?
"E’ stato dopo la partita contro il West Ham in casa (13 aprile, ndr). Dopo la gara contro il Chelsea, il 28 aprile, l’allenatore mi ha chiamato per un incontro e gli ho detto quello che pensavo ovvero che volevo andarmene. Lui ha capito il mio punto di vista e mi ha assicurato che avrebbe fatto il possibile per accontentarmi. Si è guadagnato il mio rispetto e, fino a che non ho lasciato Manchester, con lui non c’è stato nessun tipo di problema. Anche la dirigenza però mi ha aiutato".
All’Inter ha raccolto l’eredità di Icardi, 124 gol. Indossare la maglia numero 9 e giocare al suo posto l’ha condizionata?
"Centoventiquattro sono tanti, ma il paragone con Icardi non mi ha assolutamente creato problemi di nessun tipo. Mauro con i suoi gol ha fatto grandi cose per l’Inter e quando sono arrivato qui è stato molto gentile. Abbiamo parlato come colleghi, mi ha dato il suo benvenuto ed è stato carino con me. Gli auguro il meglio al Psg e spero che vinca lì. Ma tornando a quello che dicevo prima, per me nessuna pressione ad arrivare dopo di lui. Siamo due attaccanti diversi. Lui ha avuto la sua storia qua e io ho da poco iniziato la mia avventura. Io devo continuare a segnare, lavorare ogni giorno, aiutare la squadra e dimostrare che l’Inter ha fatto bene ad acquistarmi".
L’Inter può vincere lo scudetto oppure la Juventus è irraggiungibile?
"Dobbiamo pensare a una partita alla volta, una alla volta. In Italia in questi anni tanti hanno detto di voler vincere il campionato, ma non è mai successo (sottintende perché ha sempre vinto la Juventus, ndr). Ecco perché dico: pensiamo solo al Torino".
Che partita si aspetta stasera?
"Loro sono davvero una buona squadra e non sarà facile. Dovremo affrontarli nel modo giusto perché hanno due attaccanti del valore di Zaza e Belotti e sarà necessario dare tutto".
Poi ripartirà la Champions dove non siete messi bene.
"Bisogna vincere entrambe le prossime due gare. E’ l’unica cosa che possiamo e dobbiamo fare".
In Europa con l’Inter lei è ancora a secco. E’ arrivato il momento di segnare i gol decisivi per la qualificazione?
"Sì. Io ci spero, ma adesso devo trasformare le mie parole in fatti. Prima di tutto è fondamentale vincere e passare il turno. Sarebbe importante per il club e per noi giocatori raggiungere gli ottavi".
Cosa pensa del razzismo nel calcio italiano?
"Il razzismo nel mondo del pallone non è qualcosa che si può negare. Bisogna essere diretti, agire in modo duro, come succede in Inghilterra. Tra il campo e la vita di tutti giorni qui da voi c’è una grande differenza, a Milano sto benissimo. Per questo bisogna essere duri".
L’Italia sta facendo abbastanza contro il razzismo?
"Usare le telecamere negli stadi è un buon punto di partenza. Ripeto: bisogna identificare i razzisti ed espellerli a vita. In Inghilterra hanno iniziato così e hanno risolto il problema".
Nei cinque anni del suo contratto all’Inter quali risultati sogna di raggiungere?
"Adesso è il momento di lavorare duro, poi vedremo di vincere qualcosa ogni stagione. Non voglio sbilanciarmi, bisogna mettere i pezzi insieme, uno alla volta. All’Inter non esistono stagioni nelle quali costruisci e basta. All’Inter devi vincere, alla fine vedremo dove saremo, ma la nostra ambizione deve essere quella di vincere qualcosa. Ogni anno".
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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