Nella giornata di domani Leonardo festeggierà i primi due mesi trascorsi sulla panchina dell'Inter, dopo il suo esordio ufficiale, il 6 gennaio scorso, nella gara vittoriosa contro il Napoli: "È vero, domani saranno due mesi dalla prima partita. Però sinceramente non ci penso tanto - ha commentato Leo durante la conferenza stampa della vigilia di Inter-Genoa -, visto che è stato tutto molto intenso e veloce. Era una situazione complicata, ma ho trovato grande disponibilità da parte di tutto l'ambiente e sono molto soddisfatto di tutto quello che la squadra ha fatto, ma soprattutto del modo in cui l'abbiamo fatto".
Questi due mesi hanno visto l'Inter giocare ogni tre giorni, ma in vista dell'incontro di domani i nerazzurri sono reduci da un''anomala' settimana senza impegni: "È andata molto bene, abbiamo fatto allenamenti specifici, anche a livello fisico, in modo da caricare di energia la squadra e impostare il futuro".
Una domanda sulle condizioni del ginocchio di Andrea Ranocchia. "È convocato ed è a disposizione - ha spiegato il tecnico -, ha avuto un piccolo problema che non ci preoccupa, ma è comunque da gestire".
Si passa naturalmente a parlare anche di Juventus-Milan, gara da cui il mister nerazzurro non vuole lasciarsi distrarre: "Può sembrare una risposta scontata ma la partita di stasera non determina nulla. Penso solo a noi - ha dichiarato Leonardo -, abbiamo partite molto importanti da disputare e siamo in corsa in tutte le competizioni. Solo la continuità che abbiamo avuto ci puo portare lontano. Dobbiamo pensare a migliorare il nostro gioco perché questo ci darà la possibilità di fare grandi cose in questa stagione. Penso davvero solo a noi e al nostro risultato. E aggiungo che dicono tutti che il Genoa sarà domani in formazione rimaneggiata, guardate la loro probabile formazione e vedrete che scenderà in campo una squadra equilibrata che ha giocato insieme e fatto bene molte volte in questo campionato".
L'allenatore brasiliano risponde quindi ad una domanda rivoltagli da un giornalista riguardo un eventuale calo che potrebbe essere accusato prima o poi dalla squadra: "Possono succedere tante cose: un risultato, un infortunio, una serie di situazioni che possono portare a stare bene o a stare male. La cosa importante è cercare di avere un controllo in percentuale alta delle cose in modo che questo calo non sia determinante o sia il più corto possibile. Bisogna riuscire ad avere una base in modo che, quando succede qualcosa, si abbia subito una reazione e il momento non diventi determinante.
Ho sentito dire che contro la Sampdoria abbiamo vinto soffrendo - ha proseguito Leo -. Ma, secondo me, vincere soffrendo è diventato un luogo comune. Tutte le partite sono sofferte, principalmente in Italia in cui esiste una conoscenza calcistica di non far giocare. A parte poche gare che finiscono con scarto elevato, cosa che può succedere. Si soffrirà sempre, poi può capitare una partita facilità da singoli episodi che ti hanno aiutato a vincere in modo più comodo. Vai a giocare, ad esempio, contro la Sampdoria: una squadra che conosciamo bene, che ha avuto problemi quest'anno e che la passata stagione ha vissuto un'annata tra le migliori degli ultimi 15 anni. Soffrire è forse vincere 2-0 lottando e restando sempre in partita. Però si è vinto e lo si è fatto mettendo quello che doveva per ottenere un risultato positivo. Dobbiamo migliorare la continuità nei novanta minuti, questa è per noi è una ricerca continua. Anche se la risposta, in generale, è stata sempre positiva. Non ho l'obiettivo di non prendere gol, anche se nelle ultime tre gare abbiamo subito solo una rete. Per vincere si deve avere almeno un gol di scarto sull'avversario e, per farlo, si deve rischiare almeno tre-quattro volte. Si cerca l'equilibrio, ma c'è un'idea di gioco di una squadra che vuole vincere".
Un commento anche sul rapporto idillico nato sin dal primo giorno tra il tecnico nerazzurro e i suoi giocatori: "Stabilire rapporti è la cosa più difficile nella vita, ed è difficile mantenere le cose equilibrate per un lungo periodo. Soprattutto in un ambiente come il nostro nel quale succedono un miliardo di cose al giorno e l'umore delle persone va veramente preso con le pinze. Non voglio fare il ruffiano, ma ho avuto tantissimo dalla squadra. I giocatori non sono ragazzini, anzi a volte sono sottovalutati perchè non si considera la grande pressione sotto la quale costantemente vivono. Vediamo dall'esterno la parte bella del loro lavoro, ma spesso non si considera la parte psicologica che è massacrante. Il calciatore è un punto di riferimento per tutti: famiglia, città, amici, paese. Il calciatore secondo me è sottovalutato per quello che riesce a gestire. Uno che gioca nell'Inter, ad esempio, gestisce il mondo. E non devono essere trattati da bambini, io non lo faccio. Deve essere un rapporto più semplice possibile con delle persone che hanno un obiettivo. Poi ognuo e diverso e io devo gestirli tutti e fare le mie scelte: litigherò con qualcuno, anzi l'ho già fatto e ho anche già fatto la pace. La vita è così, è una cosa naturale".
Leonardo conclude rispondendo ad una domanda riguardo la 'vivacità' mostrata in campo da Maicon: "Se smettesse di urlare mi preoccuperei. Lo voglio vedere urlare e mandare chiunque a quel paese. Perché? Maicon è così e, quando è così, c'è ed è al cento per cento. Voglio persone felici - ha spiegato il mister dell'Inter - e ognuno vive al meglio se mantiene le sue doti di personalità. Cerco di metterli nelle migliori condizioni possibili in modo che possano esprimersi meglio".
Si torna spesso sull'anticipo di questa sera tra Juventus e Milan, ma Leonardo è categorico: "Non voglio che niente tolga l'attenzione dalla nostra partita, neppure Juventus-Milan. Noi dobbiamo giocare domani e vincere. La tensione per me è solo sulla nostra partita e abbiamo bisogno di riprendere e migliorare il nostro ritmo. Sono contento solo se vinciamo noi, non voglio che nulla ci tolga la concentrazione. Non guardiamo i risultati degli altri, non voglio entrare in questo gioco. Non possiamo essere condizionati dai risultati altrui, nessuno di noi deve pensarci. Non dobbiamo farci condizionare".
Un giudizio su Thiago Motta davanti alla difesa: "Sono tutti commenti legati a luoghi comuni. Un giocatore che siamo abituati a vedere in una posizione, dove si pensa dia più sicurezza, sembra che non possa giocare altrove. Cambiasso, Thiago Motta e Stankovic hanno giocato tutti e tre in quel ruolo e anche in altre posizioni a seconda delle partite e facendo comunque bene e segnando. Non la vedo così, preparo, gara dopo gara, secondo a quello che penso sia meglio per la squadra in fase di costruzione e in fase difensiva. Thiago Motta, ad esempio, con il Bayern Monaco ha fatto una gara straordinaria a livello difensivo in un contesto difficilissimo, e Cambiasso, se ci pensate, ha dei tempi di inserimento offensivo incredibili".
Il tomentone di questi giorni è se i veri milanesi sono più interisti o milanisti, Leonardo risponde: "Vivendo entrambe le realtà, credo che entrambe le parti si sentano più dell'altra identificate con la città dal proprio punto di vista. E lo si fa perchè un tifoso ha passato una vita guardando solo ad una cosa. Questo è bellissimo e non credo ci sia una città così dove esistano più coinvolgimento e senso di appartenenza ad una squadra. Quello che fa la differenza, poi, è che qui la suddivisione è così equa che si sta anche a discutere mentre in altri possi non lo si può fare. E questo è bellissimo. La parte più bella è quella sociale: si può vincere o perdere come entrambe le squadre hanno fatto in questi 100 anni, ma questo senso di appartenenza e quello che la gente prova a livello emotivo è la grande soddisfazione di chi, più di un secolo fa, ha creato queste squadre. Riuscire a mantenere intatta la stessa passione di più di cento anni fa, è il vero orgoglio di ogni presidente, da quello attuale a coloro che sono passati".
Giampaolo Pazzini ha avuto un inizio devastante, ora è un po' calato?: "Per prima cosa dico che per lui è ancora l'inizio. Che mi aspetto da lui? Semplicemente quello che sta facendo. Parlate di inizio devastante perchè, appena arrivato e solo dopo due allenamenti, è entrato in campo segnando due gol in un tempo e procurando un rigore in una gara dove eri sotto due a zero. E più devastante di così forse non si può, ma sarebbe anormale se facesse così tutte le partite. Sta facendo non bene, di più: è un riferimento importante per la squadra e fa movimenti decisivi. Ma non solo Pazzini, tutto il reparto offensivo sta giocando alla grande".
Tiene banco l'aggressione a José Mourinho: "Ci siamo messaggiati, ma non gli ho chiesto dell'aggressione perchè sapevo che era tutto ok. Il mio rapporto con José è sempre molto franco, lui è ed è stato molto importante per me. Ma mai confondiamo le cose e nessuno si permette di entrare nel lavoro dell'altro. E questa è una cosa molto nobile soprattutto da parte sua perchè io non conosco l'ambiente Real Madrid mentre lui conosce molto bene la realtà Inter. Nonostante questo lui è molto rispettoso nei miei confronti e non si permette mai di andare oltre a nulla. Comunque so che lui a sta bene e sta vivendo una grande sfida personale".
L'Inter ha ancora fame dopo aver vinto tantissimo negli ultimi cinque anni? Leonardo ha solo certezze in merito: "Se la risposta non fosse sì, questa squadra non avrebbe avuto la reazione che ha avuto neggli due mesi da quando sono qui. Ogni annata ha la sua storia. Allora il Napoli, che è tantissimo che non vince, dovrebbe avere più fame di Inter e Milan? Sono tante piccole cose, siamo rientrati nel gruppo che lotta e abbiamo le motivazioni a mille. E come con i figli, sei felice per il primo come per l'ultimo. Qui c'è una grande voglia di fare tanti figli".
Il dubbio è se ottanta punti possano bastare per vincere lo scudetto: "Valutare il calendario non è mai andato molto bene. È impossibile dire perdo questa e vinco questa... Ogni partita vale tre punti ed è da vincere. Pensiamo a noi, al nostro gioco e alla motivazione che c'è e che non può calare. Via i pensieri matematici, servono gioco e voglia di fare come stiamo facendo. Voglio solo che la mia squadra vada avanti così, con tanta motivazione e con il tanto orgoglio che c'è. Perchè i miei ragazzi vogliono dimostrare ancora tanto".
Sempre tanti giornalisti giapponesi per Yuto Nagatomo: "Credo che nel vostro paese dobbiate essere molto fieri di Yuto, in una situazione non semplice ha cancellato, in sole quattro partite, tutti i pregiudizi che potevano esserci. Questa è una cosa bellissima. Il mio ricordo più bello della mia esperienza nipponica? L'Ultima gara, non la scorderò mai. Non ero nè Pelé nè Maradona ma in Giappone ho vissuto una cosa che va oltre il calcio, una passione fantastica che si è manifestata nella mia ultima gara. È stato il rapporto più puro, umano e disinteressato che ho vissuto nel calcio".
Autore: Daniele Alfieri
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