Come ci erudiscono, il mondo del calcio è un contenitore immenso di storie di uomini che inseguono i propri sogni. Ci sono i sogni di chi corre sul campo o di chi semplicemente aspetta e osserva la sua squadra del cuore, sentendosi sempre più coinvolto nell'organismo imperfetto qual è quello del mondo pallonaro. Il calciomercato è diventato ormai da diversi anni terra di conquista dei sogni sopracitati, dove i giocatori sperano di arrivare in grandi club e i tifosi controllano ogni secondo i giornali e i siti internet per verificare che sì, questa trattativa è andata in porto e quindi la nostra squadra ha l'attaccante giusto, quello con cui si può puntare in alto, alla Vittoria. Ecco, gli attaccanti. Se è vera la massima che l'attacco vende i biglietti, mentre la difesa vince i titoli, è altrettanto giusto dire che il reparto offensivo dell'Inter, dopo gli addii senza rimpianti di Podolski e Shaqiri, aveva un gran bisogno di restyling, anche per volere di Roberto Mancini, il quale voleva ampliare la faretra tattica a sua disposizione e variare il suo 4-3-1-2 in un più offensivo 4-3-3 o, all'occorenza, 4-2-3-1.
Le vie del calciomercato sono infinite ed ecco quindi che sulla scrivania di Piero Ausilio si sono accavallati, in questi mesi, decine di profili da presentare a Mancini per capire quale fosse il suo indice di preferenza, in modo tale da dirottare gli sforzi di mercato su questo o quell’altro giocatore. Dopo diverse scremature, resistono in questa corsa verso l’Inter tre giocatori che potrebbero vedere le loro storie cambiata qualora decidessero di muoversi verso l’Inter: Ivan Perisic, Diego Perotti e Dries Mertens. Ma perché proprio questi profili, cos’hanno di speciale per il Mancio?
IL PRESCELTO - Il primo della lista è senza dubbio lui, l’uomo che l’Inter sta inseguendo da praticamente un mese: Ivan Perisic. Mancini l’ha indicato ad Ausilio come rinforzo numero uno per l’attacco nerazzurro per la sua innata dote di spinta sulla fascia, la sua intelligenza tattica (che gli permette di ricoprire più ruoli) e il suo senso del gol. Perisic è ciò di cui ha bisogno Mancini per praticare il 4-3-3 o il 4-2-3-1, visto che - assieme a Jonathan Biabiany - il croato sarebbe l’unico esterno in rosa. Cosa fanno di Perisic un elemento affidabile e trainante? Quello che stupisce dell’ex Borussia Dortmund è la maturazione tattica avuta nella città del Maggiolone, dopo la dolorosa cessione proprio dalla squadra dell’allora tecnico Jurgen Klopp che si priva di lui per appena otto milioni di euro. Il modo che ha Perisic di rivestire il suo ruolo ha un qualcosa che richiama la tradizione dell’ala (sa abbinare le due fasi, presentandosi puntuale in fase di spinta e di copertura) con la nuova scuola, che vuole l’esterno chiamato ad accentrarsi e a provare il tiro, pratica introdotta da un certo George Best e implementata dai fenomeni col 7 (o l’11, che dir si voglia) sulle spalle negli ultimi cinquant’anni della storia del gioco. Inoltre gli addetti ai lavori sanno della capacità del croato di sapersi anche muovere tra le linee, rendendo il suo modo di giocare adatto anche a svolgere il ruolo di trequartista o, a mali estremi, di seconda punta. La trattativa stagna da settimane, in ballo una cifra sostanziosa (20 milioni), da capire come ripartirli: il club meneghino vorrebbe l’ormai immancabile formula del prestito con obbligo di riscatto, mentre il Wolfsburg preferirebbe ricevere subito una cospicua somma di denaro, ergo propenderebbe per la cessione a titolo definitivo immediata. Quel che è certo è che i teutonici non hanno bisogno di vendere, visto la società modello che giostra la parte sportiva. E’ tutto nelle mani dell’Inter.
IL RITORNO DEL MONITO - Il piano B è rappresentato da Diego Perotti, fantasista del Genoa che nell’ultima Serie A s’è rivelato fondamentale per le sorti del Grifone. La sua esplosione è stata inattesa tanto quanto folgorante, con tutti gli ingredienti per una trama letteraria. L’esordio, la caduta e la rivincita. Perché la carriera di Perotti inizia da protagonista, al Siviglia: gioca da esterno di centrocampo in una linea a quattro in una squadra che si qualificherà in Champions League all’ultimo minuto disponibile, grazie ad un suo gol di testa, contro il Deportivo La Coruna. Nell’undici di quel Siviglia c’erano, oltre al nostro, anche Jesus Navas - sull’altra fascia - e in attacco Luis Fabiano e Negredo. Il gioco della squadra tuttavia passava soprattutto dalle corsie esterne, tant’è che il modo di giocare del Monito (il figlio del Mono, suo padre, ex calciatore) fatto di passaggi filtranti e cross calibrati al millimetro viene sublimato e arriva addirittura un’offerta della Juventus, rifiutata dal Presidente del club. Nel 2010 avviene anche l’esordio in Nazionale maggiore, a Madrid contro la Spagna. Poi inizia la caduta, con atterraggio durissimo: una concatenazione spaventosa di infortuni alle fibre muscolari dovute probabilmente ad un’ernia alla schiena (anch’essa operata nel 2012) gli impediscono di giocare più di una manciata di partite consecutive dal 2011 fino all’anno scorso, quando arriva al Genoa. Nel mezzo, un calvario infinito, con annessa l’emarginazione al Siviglia e un prestito - a febbraio 2014 - di sei mesi al Boca Juniors, dove però non riesce a trovare se stesso.
Lo scorso giugno, il Grifone lo acquista per trecentomila euro e Gasperini ne rimane subito estasiato: in Italia, lontano dai tormenti fisici, ha ritrovato la gamba che gli permette di puntare l’uomo, di accentrarsi per far esplodere il destro o provare il filtrante per l’inserimento del compagno, abbinando - come nel caso di Perisic - le due fasi: El Monito ha sempre avuto il fiato per rincorrere gli avversari, tant’è che nel 3-4-3 del Gasp risultava l’implementazione perfetta al resto del centrocampo rossoblu. Ora può darsi che l’Inter dia all’attuale numero 10 del Genoa l’occasione giusta per completare l’opera e scrivere, a ventisei anni, il capitolo conclusivo della sua risalita dagli inferi. Preziosi, ai nostri microfoni, ha confermato l'intenzione di non volerlo cedere, ma da giorni si sussurra che per 12 milioni l'argentino potrebbe cambiare maglia. L'Inter ha provato ad offrire un paio di giocatori al Genoa, paventando l'ipotesi di un acquisto in prestito con obbligo di riscatto biennale. Pista impraticabile però, visto che il contratto del Monito scade tra un anno. Ma Perotti ora sa chi è, da dove viene e cosa gli fa paura. Ha solo bisogno di un’occasione.
LA NEW ENTRY… DI RITORNO - Ultimo nome che sembrava - anzichéno, a sentire la dirigenza partenopea - essersi accostato all’Inter è quello di Dries Mertens, folletto di ventotto anni del Napoli. Dopo una prima ed entusiasmante stagione con la maglia azzurra, Rafa Benitez l’anno scorso gli ha sempre preferito qualcun altro, che fosse Insigne, Gabbiadini o de Guzman. L’ex giocatore ha accusato questa discesa nelle gerarchie del tecnico, prima di riprendersi, verso la fine del campionato, e segnare gol di discreta importanza, come quelli contro il Parma o il Cesena, con la squadra in totale balia degli eventi. Ha nel puntare l’uomo la sua arma migliore e la capacità di incidere anche quando gli spazi si fanno stretti e, al terzo anno in Italia, dovrebbe conoscere il nostro campionato e riuscire a giocarvi dall’inizio. Il 4-3-1-2 di Maurizio Sarri, nuovo allenatore della squadra di De Laurentiis, sembra tuttavia penalizzarlo. L’assenza del bisogno di esterni potrebbe mettere alla porta lui o José Callejon, visto che per il modo sarriano di intendere calcio accanto al Pipita Higuain il compagno perfetto potrebbe rivelarsi Lorenzo Insigne (o Manolo Gabbiadini, altro nome accostato all’Inter), così come Marek Hamsik da trequartista ha la possibilità di vivere una seconda età dell’oro, dopo l’oblio degli ultimi anni. L’agente, ai nostri microfoni, ha aperto alla società nerazzurra, anche se il Napoli lo ritiene incedibile e giustamente vuole provare a valorizzare il talento del belga che, dal canto suo, a ventott’anni non vuole passare un’altra stagione in panchina. Lunedì potrebbe essere il giorno decisivo per capire se esistono margini di trattativa e, nel caso, quante possibilità avrebbe l’Inter di portarlo ad Appiano Gentile, per praticare quel 4-3-3 in cui il Folletto troverebbe la sua pentola d’oro.
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