Fa sicuramente male perdere un derby così, dopo aver assaporato a lungo la possibilità di vincere, dando una sberla non da poco alle ambizioni scudetto dei rossoneri. Ma a 14 giornate dalla fine (15, considerando il recupero di Bologna) non è il caso di fare drammi, benché la distanza sui rossoneri (in attesa del Napoli) si sia assottigliata. Giusto comunque analizzare quanto accaduto ieri al Meazza, nel bene e nel male.
OLTRE UN'ORA DI DOMINIO - Chi ha visto la partita non può che rimanere sconcertato di fronte al risultato finale. Per oltre un'ora l'Inter è stata l'unica squadra in campo, concedendo al Milan solo un destro da fuori area estemporaneo di Sandro Tonali. Dall'altra parte, invece, Mike Maignan si è letteralmente esaltato di fronte alle numerose conclusioni in porta dei nerazzurri, a cui si è opposto con reattività felina fino al piattone sinistro di Ivan Perisic. Un gol che legittimava la supremazia dell'Inter. Simone Inzaghi ha indubbiamente preparato benissimo la gara, l'enorme rammarico è non aver chiuso avanti di almeno due reti i primi 45 minuti. Una colpa che i nerazzurri hanno pagato a caro prezzo, ma che non può cancellare quanto di buono visto nel primo tempo.
POLVERI BAGNATE - Proprio la mancanza di efficacia in zona gol alla lunga ha fatto la differenza. Se l'Inter avesse sfruttato meglio le opportunità o potenziali tali costruite negli ultimi 20 metri avversari oggi si parlerebbe di una vittoria netta e strameritata. Invece, pur giocando tatticamente una buona partita, né Edin Dzeko né Lautaro Martinez hanno avuto la lucidità necessaria per inquadrare a dovere lo specchio della porta. Il bosniaco comunque, agendo da trequartista ispiratore per gli inserimenti dei compagni, ha svolto un lavoro tattico enorme ed è stato la chiave dell'ottimo primo tempo dell'Inter. L'argentino, invece, pur combattendo su ogni pallone e giocando da rifinitore, ha evidenziato un rapido emergere della stanchezza post impegni in Nazionale. Già nella prima frazione, dopo qualche scatto, il Toro sembrava già in riserva. Non a caso la staffetta con Alexis Sanchez era già in programma, ma Inzaghi forse sperava che Lautaro avesse maggiore autonomia. Non a caso, a parte qualche spunto, già nel secondo tempo lui stesso invece di attaccare la profondità badava più a gestire il possesso con oltre mezz'ora da giocare. Atteggiamento condiviso anche dai compagni e che ha mandato un chiaro messaggio al Milan.
SOSTITUZIONI - Non è la prima volta che l'Inter gioca un gran bel calcio ma lo fa ad alta intensità sono per un'ora o poco più, tirando i remi in barca con largo anticipo e senza un vantaggio abbastanza ampio su cui speculare. Oltre a ieri, è successo nel derby d'andata, contro la Juventus e contro il Napoli. In tutti questi casi chi è subentrato ai titolari, ormai stremati o ammoniti, non ha reso secondo le aspettative e si è adeguato al contesto speculativo, di gestione. Ovvio che non si possa andare a 100 all'ora per 90 minuti, ma forse la squadra dovrebbe distribuire meglio le fasi di pausa per non finire le energie già al 70'-75', lasciando così campo agli avversari. Anche perché, e ieri si è avuta la conferma, non sempre i sostituti rendono quanto i titolari. Ed è un allarme non da poco considerando gli impegni ravvicinati in questo periodo. La speranza è avere prima possibile a disposizione sia Robin Gosens sia Felipe Caicedo, ancora ai box.
PRESUNZIONE - L'Inter gioca benissimo, è consapevole della propria forza ed è in testa con pieno merito. Però a volte mostra eccessi di presunzione, convinta che sia sufficiente gestire per portare a casa il risultato. Peccati di supponenza costati punti pesanti a Roma contro la Lazio, a Milano contro la Juventus e nei due derby. La sensazione è che la componente fisica sia accompagnata da quella mentale e che la squadra si piaccia troppo, anche quando dovrebbe badare al sodo e mostrare il carattere che di certo non le manca. Per fortuna non è una costante, ma la sconfitta di ieri ha riportato in auge questo difetto in mezzo a decine di altri pregi.
NO PANIC - Impensabile ipotizzare di chiudere il campionato a febbraio, era ampiamente noto che questo sarebbe stato un periodo ricco di insidie e che uscirne indenni avrebbe rappresentato un enorme bonus. La sconfitta contro il Milan è del tutto casuale, figlia di un blackout di 5 minuti a cui non c'è stata una reazione efficace. Può succedere, l'importante è rimanere sul pezzo perché già martedì c'è la Roma al Meazza in Coppa Italia e sabato si va a Napoli contro l'altra candidata alla rimonta scudetto. Imparare dagli errori nel derby e non ripeterli sarà fondamentale per non scottarsi di nuovo. E la squadra di Inzaghi ha dimostrato di saper riprendere immediatamente il bandolo della matassa.
OLTRE UN'ORA DI DOMINIO - Chi ha visto la partita non può che rimanere sconcertato di fronte al risultato finale. Per oltre un'ora l'Inter è stata l'unica squadra in campo, concedendo al Milan solo un destro da fuori area estemporaneo di Sandro Tonali. Dall'altra parte, invece, Mike Maignan si è letteralmente esaltato di fronte alle numerose conclusioni in porta dei nerazzurri, a cui si è opposto con reattività felina fino al piattone sinistro di Ivan Perisic. Un gol che legittimava la supremazia dell'Inter. Simone Inzaghi ha indubbiamente preparato benissimo la gara, l'enorme rammarico è non aver chiuso avanti di almeno due reti i primi 45 minuti. Una colpa che i nerazzurri hanno pagato a caro prezzo, ma che non può cancellare quanto di buono visto nel primo tempo.
POLVERI BAGNATE - Proprio la mancanza di efficacia in zona gol alla lunga ha fatto la differenza. Se l'Inter avesse sfruttato meglio le opportunità o potenziali tali costruite negli ultimi 20 metri avversari oggi si parlerebbe di una vittoria netta e strameritata. Invece, pur giocando tatticamente una buona partita, né Edin Dzeko né Lautaro Martinez hanno avuto la lucidità necessaria per inquadrare a dovere lo specchio della porta. Il bosniaco comunque, agendo da trequartista ispiratore per gli inserimenti dei compagni, ha svolto un lavoro tattico enorme ed è stato la chiave dell'ottimo primo tempo dell'Inter. L'argentino, invece, pur combattendo su ogni pallone e giocando da rifinitore, ha evidenziato un rapido emergere della stanchezza post impegni in Nazionale. Già nella prima frazione, dopo qualche scatto, il Toro sembrava già in riserva. Non a caso la staffetta con Alexis Sanchez era già in programma, ma Inzaghi forse sperava che Lautaro avesse maggiore autonomia. Non a caso, a parte qualche spunto, già nel secondo tempo lui stesso invece di attaccare la profondità badava più a gestire il possesso con oltre mezz'ora da giocare. Atteggiamento condiviso anche dai compagni e che ha mandato un chiaro messaggio al Milan.
SOSTITUZIONI - Non è la prima volta che l'Inter gioca un gran bel calcio ma lo fa ad alta intensità sono per un'ora o poco più, tirando i remi in barca con largo anticipo e senza un vantaggio abbastanza ampio su cui speculare. Oltre a ieri, è successo nel derby d'andata, contro la Juventus e contro il Napoli. In tutti questi casi chi è subentrato ai titolari, ormai stremati o ammoniti, non ha reso secondo le aspettative e si è adeguato al contesto speculativo, di gestione. Ovvio che non si possa andare a 100 all'ora per 90 minuti, ma forse la squadra dovrebbe distribuire meglio le fasi di pausa per non finire le energie già al 70'-75', lasciando così campo agli avversari. Anche perché, e ieri si è avuta la conferma, non sempre i sostituti rendono quanto i titolari. Ed è un allarme non da poco considerando gli impegni ravvicinati in questo periodo. La speranza è avere prima possibile a disposizione sia Robin Gosens sia Felipe Caicedo, ancora ai box.
PRESUNZIONE - L'Inter gioca benissimo, è consapevole della propria forza ed è in testa con pieno merito. Però a volte mostra eccessi di presunzione, convinta che sia sufficiente gestire per portare a casa il risultato. Peccati di supponenza costati punti pesanti a Roma contro la Lazio, a Milano contro la Juventus e nei due derby. La sensazione è che la componente fisica sia accompagnata da quella mentale e che la squadra si piaccia troppo, anche quando dovrebbe badare al sodo e mostrare il carattere che di certo non le manca. Per fortuna non è una costante, ma la sconfitta di ieri ha riportato in auge questo difetto in mezzo a decine di altri pregi.
NO PANIC - Impensabile ipotizzare di chiudere il campionato a febbraio, era ampiamente noto che questo sarebbe stato un periodo ricco di insidie e che uscirne indenni avrebbe rappresentato un enorme bonus. La sconfitta contro il Milan è del tutto casuale, figlia di un blackout di 5 minuti a cui non c'è stata una reazione efficace. Può succedere, l'importante è rimanere sul pezzo perché già martedì c'è la Roma al Meazza in Coppa Italia e sabato si va a Napoli contro l'altra candidata alla rimonta scudetto. Imparare dagli errori nel derby e non ripeterli sarà fondamentale per non scottarsi di nuovo. E la squadra di Inzaghi ha dimostrato di saper riprendere immediatamente il bandolo della matassa.
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