Dopo l'anticipazione di ieri notte, ecco il resto delle dichiarazioni di Edin Dzeko, intervistato dalla Gazzetta dello Sport. "Sapevo di arrivare in un grande club, avevo in testa l’obiettivo di farmi apprezzare da subito. Volevo solo quello, poi il resto l’hanno fatto i campioni che ho trovato qui", dice il bosniaco.
Con lo Sheriff, in ordine cronologico: gol, ripiegamento decisivo in difesa, assist a Vidal. Ora li metta in fila lei, questi tre gesti.
"Il gol è la gioia estrema, quello che la gente si aspetta sempre da me. Ma proprio perché sono un attaccante, a quella corsa in difesa è stato dato risalto: è giusto così, se poi non vinci il gol segnato serve a poco".
L’Inter è una macchina da gol, produzione continua di occasioni. È la squadra più offensiva in cui abbia mai giocato?
"Sì, insieme al City con Mancini. Attacchiamo con tanti uomini, siamo molto propositivi, si è visto anche in Champions. Ed è per questo che incassiamo più gol di quanti dovremmo: qui dobbiamo crescere".
Lei contro Chiellini. È il difensore più forte che ha incontrato?
"In quella posizione è uno dei migliori degli ultimi dieci anni, per la Juve è determinante. Con lui è pesante, è tosta. Si attacca addosso sempre, anche troppo... Contro Chiellini ho segnato il mio primo gol in Italia, ma tante volte mi ha lasciato a secco. Ecco, per domenica posso farne a meno: vorrei vincere anche senza far gol".
Il -7 dal Napoli è un distacco che rispecchia il valore delle due squadre?
"Le hanno vinte tutte, bravi loro. Ma basta un niente, una scintilla per tornare lassù".
E pensare che questa partita poteva viverla in maglia bianconera... Perché saltò l’affare?
"Prima cosa: non guardo indietro, sono felice all’Inter e stop. Secondo: fu la Roma a parlare per prima e a mettersi d’accordo con la Juve, io neanche sapevo della trattativa, entrai in scena solo successivamente. Saltò tutto poi perché la Roma non trovò il mio sostituto".
Che cosa le è rimasto dentro, del caso fascia di capitano alla Roma?
"Tante cose non mi sono piaciute, tante persone mi hanno deluso. Ma preferisco pensare ai sei anni bellissimi trascorsi lì".
Senza un trofeo, però.
"Avrei voluto vincere qualcosa, soprattutto il secondo anno avevamo una squadra molto forte, ma poi è difficile riuscirci se ogni volta vendi i giocatori più importanti... Ora sono venuto all’Inter proprio per colmare questa lacuna, voglio dare il mio contributo per vincere. Farlo, però, non è mai facile: se l’Inter avesse mantenuto Conte, Lukaku e gli stessi dell’anno scorso, non sarebbe stata comunque scontata una nuova vittoria dello scudetto".
Le sarebbe piaciuto un po’ essere allenato da Mourinho?
"Veramente mi ha allenato, per un mese. Dico la verità: mi sono divertito, Mourinho è Mourinho, sempre. È in privato proprio come è in pubblico. Con lui c’è tutto: sa scherzare e arrabbiarsi. Sono stati allenamenti molto belli e la squadra si divertiva".
Racconti, invece, la chiamata dell’Inter.
"Sapete chi è stato a telefonarmi? Kolarov. È stato lui a dirmi che l’Inter era interessata, che c’era la possibilità di un trasferimento: “Qui ti vogliono, vieni”. Ed eccomi qua".
Dipingono Inzaghi come un fratello maggiore per voi: è vero?
"Sì, lo è. Ma è pure molto sincero e diretto: dice sempre la verità, sia quando è piacevole sia quando non lo è. Ed è questo che ci aspettiamo, perché la verità fa sempre bene: se qualcuno non ti dice le cose come stanno non potrai mai migliorare".
Inzaghi lo aveva vissuto da avversario al derby: lo ha trovato come se l’aspettava?
"Me lo aspettavo esattamente così. Anche nel modo di giocare perché mi aveva colpito la qualità della Lazio. Ho pensato subito: “Se qui giochiamo alla stessa maniera mi diverto parecchio”".
L’Inter domenica vincerà perché...: completi la frase.
"(ci pensa un po’) Vincerà se saprà dimostrare di essere campione d’Italia. Se tutti i giocatori daranno un contributo non per se stessi, ma per la squadra. Se penseremo a vincere in ogni modo possibile: con una strategia offensiva o difensiva, conta poco. Basta solo che si vinca".
Lei ha giocato con Aguero: Lautaro in cosa gli somiglia?
"Nel fatto che è argentino... Scherzi a parte, Lautaro è molto giovane e forte e ha margine per migliorare ancora tanto. Con lui mi trovo benissimo: non è solo un grande giocatore, ma pure uno che pensa al bene collettivo. Guardatelo, ad ogni gol esulta come l’avesse fatto lui. Servono questi giocatori per vincere".
È già a 6 gol in campionato, l’anno scorso alla fine arrivò a 7: che cosa è cambiato?
"Non ho dato la migliore versione di me stesso. Ma ci sono stati anche tanti fattori esterni che hanno influito".
Con lo Sheriff, in ordine cronologico: gol, ripiegamento decisivo in difesa, assist a Vidal. Ora li metta in fila lei, questi tre gesti.
"Il gol è la gioia estrema, quello che la gente si aspetta sempre da me. Ma proprio perché sono un attaccante, a quella corsa in difesa è stato dato risalto: è giusto così, se poi non vinci il gol segnato serve a poco".
L’Inter è una macchina da gol, produzione continua di occasioni. È la squadra più offensiva in cui abbia mai giocato?
"Sì, insieme al City con Mancini. Attacchiamo con tanti uomini, siamo molto propositivi, si è visto anche in Champions. Ed è per questo che incassiamo più gol di quanti dovremmo: qui dobbiamo crescere".
Lei contro Chiellini. È il difensore più forte che ha incontrato?
"In quella posizione è uno dei migliori degli ultimi dieci anni, per la Juve è determinante. Con lui è pesante, è tosta. Si attacca addosso sempre, anche troppo... Contro Chiellini ho segnato il mio primo gol in Italia, ma tante volte mi ha lasciato a secco. Ecco, per domenica posso farne a meno: vorrei vincere anche senza far gol".
Il -7 dal Napoli è un distacco che rispecchia il valore delle due squadre?
"Le hanno vinte tutte, bravi loro. Ma basta un niente, una scintilla per tornare lassù".
E pensare che questa partita poteva viverla in maglia bianconera... Perché saltò l’affare?
"Prima cosa: non guardo indietro, sono felice all’Inter e stop. Secondo: fu la Roma a parlare per prima e a mettersi d’accordo con la Juve, io neanche sapevo della trattativa, entrai in scena solo successivamente. Saltò tutto poi perché la Roma non trovò il mio sostituto".
Che cosa le è rimasto dentro, del caso fascia di capitano alla Roma?
"Tante cose non mi sono piaciute, tante persone mi hanno deluso. Ma preferisco pensare ai sei anni bellissimi trascorsi lì".
Senza un trofeo, però.
"Avrei voluto vincere qualcosa, soprattutto il secondo anno avevamo una squadra molto forte, ma poi è difficile riuscirci se ogni volta vendi i giocatori più importanti... Ora sono venuto all’Inter proprio per colmare questa lacuna, voglio dare il mio contributo per vincere. Farlo, però, non è mai facile: se l’Inter avesse mantenuto Conte, Lukaku e gli stessi dell’anno scorso, non sarebbe stata comunque scontata una nuova vittoria dello scudetto".
Le sarebbe piaciuto un po’ essere allenato da Mourinho?
"Veramente mi ha allenato, per un mese. Dico la verità: mi sono divertito, Mourinho è Mourinho, sempre. È in privato proprio come è in pubblico. Con lui c’è tutto: sa scherzare e arrabbiarsi. Sono stati allenamenti molto belli e la squadra si divertiva".
Racconti, invece, la chiamata dell’Inter.
"Sapete chi è stato a telefonarmi? Kolarov. È stato lui a dirmi che l’Inter era interessata, che c’era la possibilità di un trasferimento: “Qui ti vogliono, vieni”. Ed eccomi qua".
Dipingono Inzaghi come un fratello maggiore per voi: è vero?
"Sì, lo è. Ma è pure molto sincero e diretto: dice sempre la verità, sia quando è piacevole sia quando non lo è. Ed è questo che ci aspettiamo, perché la verità fa sempre bene: se qualcuno non ti dice le cose come stanno non potrai mai migliorare".
Inzaghi lo aveva vissuto da avversario al derby: lo ha trovato come se l’aspettava?
"Me lo aspettavo esattamente così. Anche nel modo di giocare perché mi aveva colpito la qualità della Lazio. Ho pensato subito: “Se qui giochiamo alla stessa maniera mi diverto parecchio”".
L’Inter domenica vincerà perché...: completi la frase.
"(ci pensa un po’) Vincerà se saprà dimostrare di essere campione d’Italia. Se tutti i giocatori daranno un contributo non per se stessi, ma per la squadra. Se penseremo a vincere in ogni modo possibile: con una strategia offensiva o difensiva, conta poco. Basta solo che si vinca".
Lei ha giocato con Aguero: Lautaro in cosa gli somiglia?
"Nel fatto che è argentino... Scherzi a parte, Lautaro è molto giovane e forte e ha margine per migliorare ancora tanto. Con lui mi trovo benissimo: non è solo un grande giocatore, ma pure uno che pensa al bene collettivo. Guardatelo, ad ogni gol esulta come l’avesse fatto lui. Servono questi giocatori per vincere".
È già a 6 gol in campionato, l’anno scorso alla fine arrivò a 7: che cosa è cambiato?
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