Una striscia di ben 7 vittorie consecutive doveva finire necessariamente in modo fragoroso. E così è stato. Perdere ci sta, ma non come è accaduto all'Inter a Lecce, in casa della penultima in classifica. A Napoli qualche segnale di cedimento si era intravisto, al Via del Mare si è palesato in tutto il suo clamore. È la fine dei sogni di gloria? No, è solo una brutta sconfitta alla prima giornata di ritorno, ci sono altre 18 partite per cancellare questa caduta. Ma ora è il momento di riflettere sugli errori commessi, che sono di tutti, nessuno escluso.
NON COSI' - Si può perdere contro chiunque, ma è il modo che infastidisce. A Lecce l'Inter scende in campo come se dovesse allenarsi in vista di chissà quale impegno. In troppi, evidentemente, hanno guardato la classifica prima di indossare gli scarpini. Leziosa all'inverosimile, fumosa oltre ogni immaginazione e vittima di una presunzione che non è da lei, la squadra di Ranieri ha in pratica regalato ai salentini il primo tempo, cercando virtuosismi piuttosto che badando al sodo. Eppure, nel giro di 5 minuti a metà primo tempo, più volte è stata sufficiente un'accelerazione 'seria' pr sfiorare il vantaggio. In quest'ottica, Giacomazzi ha dato una lezione a tutti i nerazzurri: un pallone, un gol.
SUPEREROE BENASSI - Tra le cause della sconfitta pugliese spicca senza dubbio Benassi, portiere giallorosso, la cui maschera protettiva ha alimentato l'idea che si trattasse di un supereroe. Dopo la semi-follia su Milito, che poteva costargli cara, questo estremo difensore serra la propria porta e cancella letteralmente gol ormai fatti. Un personaggio della Marvel, in altre parole. Bravo Benassi, ferrea la retroguardia di Cosmi, che presentandosi con una difesa da 2 reti subite a partita riesce a rimanere vergine al cospetto dell'avversario più in forma del momento, contro due attaccanti che di solito quando vedono giallorosso banchettano. In pratica, gli undici (sì, tutti e undici) giocatori di casa hanno 'sporcato' o respinto ogni cross, tiro dalla distanza, mischia in area. Partigiani fino al 94', anche per demerito dell'Inter.
RANIERI STAVOLTA STECCA - Già, perché stavolta oltre a chi è sceso in campo qualche responsabilità se la deve assumere anche Ranieri. Era dalla sfida contro l'Udinese, sua stessa ammissione, che il mister testaccino non sbagliava un cambio e guarda caso quella fu l'ultima sconfitta in campionato prima di Lecce. Sostituendo Sneijder con Alvarez all'intervallo, auspicando che il ritorno al 4-4-2 (senza Motta che senso ha?) avrebbe dato maggiore equilibrio ai suoi, ha in pratica tolto il carburatore dal motore nerazzurro. L'olandese era stato infatti tra i 'meno peggio' del primo tempo e comunque, con lui in campo, le opportunità da gol erano fioccate. Alvarez, invece, si è adeguato al ritmo dei compagni e ha abbassato il livello di creatività e pericolosità dell'Inter, con ovvi risultati. Forse (ma col senno di poi è facile) aspettare qualche minuto prima di cambiare sarebbe stata una buona idea, perché continuando a spingere così qualcosa di buono sarebbe successo. E se il Milan in un tempo ha rimontato 3 reti nello stesso stadio, un motivo ci sarà stato...
FAIR PLAY E INCONCLUDENZA - Ultimi pensierini dedicati a due dei protagonisti di ieri: Emanuele Blasi e Maurito Zarate. Il primo, fresco di trasferimento a Lecce, verso la fine del primo tempo ha negato palesemente di aver deviato un pallone, concedendo così corner all'Inter. E non è che abbia fatto finta di nulla come capita in certi casi, a domanda specifica dell'arbitro Banti ha mentito spudoratamente. Complimenti, sono i classici esempi di 'fair play' che pongono in odio i calciatori italiani all'estero, dove la sportività ha un valore. Al danno la beffa: nell'azione successiva, ha segnato Giacomazzi. Il delitto perfetto, insomma. Poi c'è Zarate. Ranieri gli ha concesso una chance nell'ultimo quarto d'ora di match e Maurito ha fatto rimpiangere persino Obi in quella zona del campo. È lapalissiano, a questo punto, che l'argentino sia ormai un corpo estraneo e pur avendo dei buoni colpi nel carnet li sacrifica all'altare della sua anarchia e inconcludenza. La dirigenza ne prenda nota, per favore.
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