"C’è tanto dramma". È uno stralcio delle parole rilasciate da Ronaldo il Fenomeno nel documentario realizzato da Dazn sulla sua vita. La stella brasiliana ne parla con La Gazzetta dello Sport.
Un frame. Lei giovanissimo che intervistato dice che ha paura di farsi male. Un presagio?
"Io vengo da una generazione nella quale in campo picchiavano tanto. Madre mia. Le partite non erano come oggi che ci sono 15-20 telecamere, in un Clásico 60, al Mondiale mille. Oggi si vede tutto. Ai miei tempi i difensori ti minacciavano, ti sputavano, ti pestavano i piedi, ti picchiavano. Sono cresciuto come un sopravvissuto".
Altro frame. Parlando con Roberto Carlos definisce i giocatori come gladiatori.
"Io mi sentivo esattamente così. Eravamo come dei guerrieri, ci buttavano nell’arena per vedere chi ne usciva vivo. La pressione che avevo addosso mi spingeva sempre più verso il basso e un ragazzo così giovane non sa come comportarsi, come affrontare cose tanto grandi. Oggi tutte le squadre hanno uno psicologo, noi eravamo soli, nessuno parlava di salute mentale. Ho fatto una gran fatica, e ho imparato tanto prendendo ceffoni da ogni parte. Due anni e mezzo fa ho iniziato a fare terapia e la cosa mi ha aiutato a capire meglio anche cosa ho sentito prima".
Ha avuto grandi professori…
"I migliori, una scuola di altissimo livello. Parto dall’ultimo, Andres Sanchez del Corinthians, oggi mio grande amico, rivoluzionò il club. E torno a uno dei primi, José Luis Nuñez al Barcellona, col quale non mi sono trovato bene: sono stato un solo anno ed è servito per farmi capire come non bisogna fare le cose. Avevo firmato il rinnovo e dopo 5 giorni ha cambiato idea e l’ha stracciato, per quello sono venuto all’Inter. Dove ho trovato Massimo Moratti. Con lui ho avuto un rapporto umano incredibile, incredibile. È stata una delle persone più importanti della mia vita. Come ci trattava, come ci parlava, come ci curava, come si preoccupava per noi. Sono stato molto bene anche con Florentino Perez: ha avviato l’era moderna del calcio, con i “Galacticos” e lo sviluppo dell’area commerciale fino ad allora mai sfruttata. Ha iniziato a monetizzare l’immagine dei giocatori".
Parliamo del calcio italiano.
"Guardo con attenzione la Serie A e anche la Serie B, perché sono un malato di calcio, ma soprattutto perché con l’Italia ho una relazione speciale. Il momento è complicato, ma credo che non tutti i mali vengano per nuocere. Il fatto che l’Italia non si sia qualificata per i Mondiali per due volte consecutive genera un dibattito su cosa bisogna fare e credo che ora tutti abbiano in testa la soluzione. Il campionato deve migliorare e per farlo devono esserci maggiori introiti, i club devono guadagnare di più. Bisogna investire sui giovani e nel calcio di base, cercare più talento locale e trovare un equilibrio tra italiani e stranieri. La Serie A per anni è stato il miglior campionato del mondo e sapete come fare le cose. È vero che l’industria calcio è migliorata tanto in tutto il mondo, però l’Italia ha la qualità migliore: la passione. La gente è innamorata del calcio e questa è la cosa più importante. Ora vedo che ci sono tanti investitori stranieri. È vero che Juventus, Milan e Inter hanno difficoltà economiche, ma credo che in Italia ci sia un potenziale incredibile, e penso che le cose possano migliorare rapidamente: chi investe in Italia oggi prende i club a un prezzo eccezionale e il loro valore crescerà tantissimo".
Chiudiamo da dove siamo partiti, dal film. Iniziate dal 1998, ma non avete messo l’epilogo turbolento di quel campionato di Serie A.
"Perché l’idea era quella di fare da Mondiale a Mondiale, 1998-2002, con la nazionale e gli infortuni. Però quella storia dell’Inter dobbiamo raccontarla per bene, ci vuole un altro documentario. Ho visto la serie su Moratti e l’ho trovata spettacolare, ma è vero che ci sono ancora tante cose da dire".
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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