Luca Castellazzi a 360°. Il portiere dell'Inter, intervistato da Nagaja Beccalossi per Drive Inter su Inter Channel, analizza le diverse tematiche del mondo nerazzurro. 

Ti capita di fare il turista per Milano?
"Il Castello Sforzesco è un monumento di Milano, sono stato anche nei vari parchi. In realtà non ho mai fatto il turista, ma sono quelle cose che hai vicino ma non ti accorgi e non visiti. Prometto che lo farò". 

Tu hai scelto di abitare in centro. Com'è la strada per arrivare ad Appiano?
"Mah, non c'è tantissimo. Così vivo più la città, ormai ho capito le dinamiche. Vedere la città che si muove ha sempre il suo fascino. Ormai mi alzo presto, anche nei giorni liberi, quindi sfortunatamente non riesco più a dormire. Sicuramente meno rispetto a quando avevo 20 anni (ride, ndr). Così vivo di più le ore della giornata". 

Cosa ti piace fare nei giorni liberi?
"Guardo le partite, fa parte del mio lavoro essere informati sugli altri campionati, su chi va bene e chi va male. E' la passione, ti viene automatico. Ma non sto lì tutta la giornata pianificando tutto, anche perché siamo sempre in viaggio e quando non lo sono tendo sempre a riposarmi con la famiglia, magari sul divano. Ma ci vuole anche visitare l'Italia, andrò a Venezia. Un paio di giorni è giusto così". 

Qual è lo stadio più bello dopo San Siro?
"Beh penso l'Allianz Arena del Bayern Monaco. Lo abbiamo anche vissuto nella serata magica in Champions, è stato tutto bello anche festeggiare il passaggio del turno che era inaspettato". 

Cosa ti dicevano nei primi mesi a Milano? Tu sei arrivato nel 2010...
"Sono arrivato dopo il Triplete, c'era un entusiasmo straordinario. C'era grande voglia di vincere ancora, e prima con Benitez e poi con Leonardo abbiamo portato a casa 3 trofei. Si tende a dimenticare, non perché c'ero ma preferisco ricordarlo. Supercoppa, Mondiale per Club e Coppa Italia sono trofei importanti. Le partite le devi vincere, nessuno ti regala niente. E rivincere è difficile. E' stata un'annata che ricordo anche perché ho giocato tanto grazie alle sfortune di Julio. Ho esordito anche in Champions League, solo a sentire l'inno viene la pelle d'oca. E' un'annata da ricordare, ma è normale che il tifoso si aspettasse il massimo. Guardando le medaglie a fine carriera ricorderò le gioie...". 

Hai cambiato gruppo di portieri quest'anno...
"Il gruppo è sempre a parte, il 90% del tempo lavori in 3-4 con l'allenatore dei portieri quindi magari c'è un rapporto più intimo tra i portieri". 

Pregio e difetto di Handanovic
"La dedizione al lavoro, lasciando stare e dando per scontato che sia bravo. E' super-professionale, lavora con meticolosità perché ambisce a grandi traguardi. Di conseguenza, e questo è un difetto, è testardo. Difficilmente cambia idea, puoi discutere ma non cambia idea". 

Pregio e difetto di Carrizo
"Pablo ride sempre. L'anno scorso è arrivato a gennaio, io ero infortunato quindi ci si incrociava negli spogliatoi e basta, psicologicamente non ero nemmeno al top dunque non ci siamo conosciuti tanto. Quest'anno ho lavorato con lui, è sempre solare, con la battuta pronta. Faccio fatica anche a trovargli dei difetti. Sicuramente il fatto che sia straniero un po' lo penalizza, faccio delle battute ironiche e un po' fredde. Non avendo la padronanza della lingua, magari non le capisce. Il capitano ogni tanto racconta le barzellette, io le ho capite, poi non so se ridevano perché era il capitano o meno...".

Intanto Zanetti è tornato in campo dopo 6 mesi
"Non so, per me è un robot. Non ci sono paragoni. Uno che a 40 anni recupera da un infortunio al tendine d'achille così bisogna dirgli soltanto bravo. Si allena sempre al 100%, non è mai appagato da ogni vittoria o da ogni anno che fa. E' un esempio per i giovani, che guardano un mostro sacro del calcio. Dovrebbero imparare tutti l'umiltà e la dedizione al lavoro che ha lui, si fa fatica a trovarle nel mondo di oggi". 

Che rapporto hai con i giovani del gruppo?
"Bene, anche perché ho ancora lo spirito giusto. Vedo che ci ascoltano, sanno che ho l'esperienza, il giusto consiglio bisogna saperlo dare. Quando giocavo in Primavera ero nervoso, perché mi confrontavo con i big che andavano in tv. L'anno scorso ci sono stati tanti infortuni, quest'anno meno ma i ragazzi della Primavera sono tutti facili e di prospettiva. Ho legato particolarmente con Paramatti, mi fa sorridere perché è un po' matto. Quando stavo facendo la riabilitazione alla spalla anche lui faceva recupero muscolare, ho anche lavorato con suo padre. E' l'emblema degli anni che passano, tra l'altro ultimamente si allena anche con noi". 

Parlando di giovani portieri, Bardi è un calciatore di prospettiva. Lo abbiamo affrontato contro il Livorno, l'episodio è stato sfortunato ma è rimasto concentrato...
"L'aspetto mentale è importante, è stato un errore che capita una volta in carriera. Da un lato ero contento perché avevamo fatto gol in una sfida difficile, ma da portiere ho capito cosa poteva provare. Durante la gara ha dimostrato di avere la personalità giusta, Francesco di testa arriva sicuro. Ha il carattere a posto, da grande lavoratore. Me lo ricordo l'anno scorso, è stato con me a Pinzolo 10 giorni in camera. Era un ragazzo che ha le doti tecniche e mentali per arrivare fino in fondo". 

Come deve essere un bravo terzo portiere?
"E' la prima volta che mi succede, ma sapevo che sarebbe successo anche perché nel 2012 lo avevamo accennato quando ho rinnovato il contratto. Ero preparato, ma è un percorso naturale. Il terzo portiere deve sapere lavorare bene con gli altri. I protagonisti sono i primi due, e Carrizo ha fatto benissimo recentemente. Ma fai parte di un gruppo, devi aiutarli nel lavoro quotidiano e domenicale. Non hai nemmeno la pressione che hanno loro, dunque bisogna smorzare facendo il saggio. Sono il secondo più vecchio, lasciando stare il capitano. Dunque devo avere la parola giusta, per aiutare un ragazzo piuttosto che per stemperare un momento di tensione. Si deve sapere interpretare il momento e il ruolo, perché in un gruppo c'è chi gioca, chi non gioca e chi non giocherà mai. Il mister però mi conosce da tempo, lavoro sempre come se dovessi giocare e mi incazzo quando perdo una partitella. Così però arrivo preparato alle partite, perché può capitare che Handanovic e Carrizo non ci siano senza ovviamente augurare nulla agli altri. Il preparatore dei portieri Papale ad inizio anno me ne ha parlato, ma non ce n'era nemmeno bisogno". 

Che Mazzarri hai ritrovato?
"Bella domanda (ride, ndr). Lo vedo ancora più determinato di Genova, ma perché sa che è una grande sfida. Arriva dopo un anno difficile, vuole rilanciare ai piani alti l'Inter. La sua carriera è stata super, facendo bene a Reggio Calabria, alla Sampdoria raggiungendo una finale di Tim Cup. A Napoli ancora meglio. Sta lavorando bene, ponendo delle basi per anni di alto livello. Ha dato identità alla squadra, un bel gioco. Ha la responsabilità di 30 calciatori, e più vedo le pressioni più passa la voglia di fare l'allenatore...". 

Tra 10 anni dove ti vedi?
"Non so quanto tempo giocherò ancora, ma sta arrivando il momento in cui certe domande bisogna farsele. Per la passione e la voglia che ho di allenarmi e far parte di un gruppo, mi fa vedere lontano il giorno in cui mi ritirerò. Ma ho 39 anni, non passeranno tanti anni. I calciatori a 40 anni hanno fatto solo i calciatori. Potrei tornare sui libri visto che sono diplomato in ragioneria, ma mica divento commercialista... Non ho sentito la vocazione di fare l'allenatore, perché ragiono da calciatore e dunque difficilmente mi vedo dall'altra parte. Magari l'allenatore dei portieri è diverso, perché conosco bene il ruolo a fondo dopo 20 anni e potrebbe essere più facile farlo. Ma bisogna anche trovare chi crede in te, chi ti dà l'opportunità, e bisogna avere l'attitudine ad insegnare. Non è facile, serve la pazienza a giusta che credo di avere. Davanti ai giovani portieri non puoi arrabbiarti". 

Dove può arrivare questa Inter?
"Credo fino in fondo, certamente ai piani alti della classifica. Giochiamo bene, abbiamo perso delle sfide pur facendo bene come successo con la Roma che degli episodi hanno fatto girare la sfida. Lo dicevo ai miei amici, abbiamo giocato bene eppure abbiamo perso 0-3. Se il palo di Guarin fosse entrato sarebbe stata un'altra partita. Abbiamo un'identità, giochiamo bene anche con le piccole, creiamo tante occasioni. Ognuno di noi sa cosa fare. Siamo messi bene ma non dobbiamo fermarci perché bisogna arrivare fino in fondo". 

Le tre parole della vita di Luca Castellazzi...
"Serietà, perché credo di essere una persona seria. Simpatia, perché mi auguro di essere simpatico. E poi passione, perché è quella che mi ha portato ad essere al ventesimo campionato con una squadra. E chissà che non sia qualcuno in più...". 

Sezione: Focus / Data: Ven 22 novembre 2013 alle 19:15
Autore: Riccardo Gatto / Twitter: @RiccardoGatto1
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