Dietro la sua 1+8 c'è l'essenza del sacrificio, perché in lui sono racchiusi quei valori che fanno la differenza tra un semplice atleta e un vero combattente. I parastinchi e i calzettoni sempre abbassati sono un po' il riassunto di ciò che lui mostrava in campo. Ci metteva anima e cuore, dimostrava tutto quello che il tifoso nerazzurro vorrebbe vedere nei propri campioni. Perché lui, l'interista, ancor prima del risultato pretende che gli 'undici' trasmettano quei sentimenti che lo portano ogni domenica, ogni martedì, mercoledì o giovedì a soffrire per 90 minuti. 5400 secondi in cui non esiste altro che la maglia dell'Inter, perché "La storia di questa società è magia".
Fame di vincere, attaccamento incondizionato a quella che con il tempo è diventata una 'seconda pelle', il sacrificio che permette di lottare su ogni pallone, la grandissima voglia che porta da sola a segnare. In ogni modo, per poi sprigionare in un'unica, grande esplosione tutta la propria gioia con un'esultanza sfrenata. Come un boom incredibile, proprio quello che accompagnava ogni suo urlo, ogni suo applauso, ogni sua lacrima. Perché sì, anche i Guerrieri si emozionano e lui lo ha dimostrato salutando il popolo nerazzurro prima di un Inter-Perugia molto particolare, a pochi giorni dalla partita d'addio al calcio nella 'sua' Santiago del Cile. E che storia quell'abbraccio con Facchetti...
Discorso con il microfono, qualche palleggio, la sua 1+8 tra le mani e tanti applausi ed emozioni indimenticabili. Con la Curva Nord che lo invita a saltare insieme a tutto lo stadio sulle note di un coro che lui conosce a memoria: "Chi non salta rossonero è! Ohi Ohi Ohi, Ohi Ohi Ohi Zamorano segna per noi!". E lui raccoglie l'invito, salta e Milano consegna alla storia una 'fotografia' che non ha mai dimenticato e mai lo farà, un fermo immagine che spiega cosa ha rappresentato per tutti gli interisti. E viceversa, perché dopo tanti anni l'affetto è rimasto lo stesso, la stima intatta e l'interismo dentro di lui è cresciuto ancora di più ("Probabilmente oggi seguo l'Inter ancor più di prima").
Oggi FcInterNews sale sulla 'macchina del tempo', vola in Cile per salutare una leggenda del calcio, un uomo che ha conosciuto ogni aspetto di questa società: un padre calcistico ("Moratti è un grande in tutto, sia come presidente che come persona"), un allenatore unico ("Ho avuto tanti grandi allenatori, ma con noi Simoni ha instaurato un qualcosa di speciale") e un compagno fenomenale, perché "Ronaldo era il più forte del mondo, un privilegio per l'Inter. E avergli ceduto la mia numero 9 è stato un gesto d'amicizia". Ma come ogni viaggio che si rispetti non può mancare anche qualche ostacolo, qualche' manovra indigesta' che renda il percorso più difficoltoso, come quello "Della stagione '97-'98, quando la Juventus ha rubato il nostro scudetto. E Calciopoli mi ha lasciato parecchio 'amaro in bocca'".
Euforia, esaltazione, ostacoli e molto altro: deve esserci tutto per far sì che un viaggio sia indimenticabile. E per essere tale alla fine non può mancare l'ingrediente principale, quel pizzico di 'eccitante' per evitare che tutto sia vano: il sogno. Quello che nel suo caso, ovviamente, ha i colori del cielo e della notte: "Se Moratti o Zanetti mi chiamassero tornerei subito all'Inter: ecco qual è il ruolo che mi piacerebbe ricoprire".
Interisti e amanti del calcio, è tutto pronto e si può partire in questo emozionante viaggio. A guidarci, ovviamente, lui: un giocatore che ama l'Inter e che l'Inter ama allo stesso, identico modo. Parola, anzi, 'timone' a Iván Luis Zamorano Zamora, l'indimenticabile 1+8 nerazzurro.
Estate 1996: lasci il Real Madrid per approdare nella Milano nerazzurra. Come si sviluppa quella trattativa?
"La trattativa si concluse senza problemi e in tempi brevi. Io giocavo nel Real Madrid e, oltre all'Inter, avevo delle offerte da altre 3-4 squadre in Europa. Ma si presentò l'opportunità di approdare in nerazzurro, e dopo aver conosciuto Moratti non ebbi alcun dubbio: pensai che l'Inter sarebbe stata la mia squadra. Andai a Milano immediatamente e ancora oggi sono felicissimo della decisione che presi in quel momento. Fu la scelta perfetta per me".
Dal 1996 al 2001 tanti ricordi indimenticabili e qualche momento difficile. Qual è la 'fotografia' che porterai per sempre con te? Scontato dire quella della vittoria in Coppa Uefa nella notte di Parigi contro la Lazio?
"Conservo un bellissimo ricordo dell'Inter, in generale. Sono stati cinque anni meravigliosi, in cui sono riuscito a conquistare l'affetto dei tifosi interisti che ancora oggi si ricordano del Guerriero Zamorano. Probabilmente il momento più bello, sì, è stato quello della vittoria in Coppa Uefa. La notte di Parigi è stata veramente una grandissima emozione".
Indimenticabile, appunto.
"Sì, assolutamente. Vincemmo 3-0 e segnai il primo gol. Personalmente, poi, felicità doppia per il fatto che quella fu la prima volta che un calciatore cileno alzò un trofeo internazionale. Ma indimenticabili sono stati tutti gli anni passati a Milano, anche se non mancarono i momenti difficili. Ma il ricordo dei tifosi, l'affetto del popolo nerazzurro mi riempiono di gioia. Credo sia bellissimo che dopo tanto tempo il tifoso interista mi ricordi ancora con così tanto affetto".
Nell'estate del 1997 Moratti acquista Ronaldo, probabilmente il colpo di mercato più grande della storia della società. Primo anno con il 10 sulle spalle, mentre nel secondo il Fenomeno veste la 9. E Zamorano cosa decide di fare?
"Presi la decisione di indossare il famoso 1+8, per un motivo di amicizia. Diciamo così. Dopo aver concluso il Mondiale, Ronaldo non visse un momento particolarmente felice. Fisicamente non era al top e anche il morale non era ai massimi livelli. Allora decisi di agire in questo modo: chiesi a Mazzola di cedere la mia 9 a Ronie, per poi avere la possibilità di avere un numero con un simbolo tra le due cifre. Chiesi anche al presidente Moratti, che a sua volta mi disse che sarebbe servito l'ok della Federazione. Nessun ostacolo, nessun problema e allora ecco il 'regalo' per il mio amico Ronaldo. Volevo aiutarlo e dargli una spinta morale per uscire da quel momento particolare".
Scelta a dir poco felice. L'1+8 è probabilmente il numero più famoso della storia del calcio.
"Sì, mi fa enormente piacere che questo numero sia ricordato da tutti. Credo sia da considerare come una sorta di fatto storico".
Durante la tua esperienza nerazzurra le vittorie non sono tantissime. Discorso solamente tecnico oppure, considerando la bufera di Calciopoli che scoppia qualche anno dopo, c'è anche altro dietro i mancati i successi della 'tua' Inter?
"Doveroso dire che l'Inter è sempre stata un po' pazza e la sofferenza non è mai mancata. Poi, purtroppo, i fatti hanno detto che c'era qualcosa che stava accadendo fuori dal campo. Nella stagione 1997-1998 la nostra era una grande squadra, giocavamo un grandissimo calcio e la Juventus ha rubato il nostro scudetto. Non è andato tutto per il verso giusto e non è mancata, certamente, anche della sfortuna. Ronaldo ha saltato diverse partite per vari problemi fisici e il tecnico non ha mai potuto schierare la squadra titolare. In ogni caso l'Inter per me resta un'esperienza incredibile e, nonostante tutto, davamo sempre il massimo. Il 100%, sempre. Io sono un tifoso dell'Inter e lo sarò per sempre".
Abbiamo toccato il discorso relativo alle mancate vittorie, anche per motivi extra-campo. Cosa hai pensato quando è scoppiata la 'bufera' Calciopoli?
"Tantissimo 'amaro in bocca', perché venire a conoscenza di certi fatti, dopo tantissimo lavoro e grandi sacrifici, non è assolutamente bello. Questa è stata una 'malattia' del calcio, una sfortuna immensa per tutti noi. Ma resto orgoglioso di aver fatto parte della storia dell'Inter".
Moratti, dopo aver ceduto a Thohir la maggioranza societaria, ha da poco detto 'addio' alla carica di presidente onorario del club. Che ricordo hai di lui?
"Il ricordo è bellissimo, meraviglioso. Lui è un grande, in tutto, sia come persona che come presidente. Ha una famiglia bellissima e si è sempre preoccupato anche del lato umano dei propri calciatori. Questo è stato il massimo per noi. Una volta concluso il Mondiale del '98 avevo deciso di regalare proprio a Moratti la maglia della Nazionale cilena. Gli sarò sempre grato. Il calcio e la vita mi hanno dato tanto, anche grazie a lui".
Nelle cinque stagioni all'Inter hai lavorato con tanti allenatori. Qual è l'indimenticabile?
"Ho avuta la fortuna di lavorare con grandissimi tecnici: Lippi, Hodgson, Lucescu... tutti allenatori internazionali. Ma quello che non dimenticherò mai resta Luigi Simoni".
Grande allenatore e grandissima persona...
"Assolutamente, la squadra ha avuto con lui un fortissimo rapporto umano. È una persona eccezionale ed è stato un allenatore super".
Sembra inspiegabile il suo esonero dopo aver ricevuto la Panchina d'Oro.
"Queste sono scelte della società, sono questioni interne. Non sapremo mai quello che è successo realmente, ma lui rimane il tecnico che è riuscito a trovare la vera 'essenza' con la squadra".
Se ti chiedessi la formazione ideale, lo schieramento perfetto dell'Inter, come risponderesti?
"È difficilissimo rispondere a una domanda del genere, perché nell'Inter sono passati campioni incredibili. Me ne vengono in mente tantissimi: Zenga, Bergomi, Djorkaeff, Zanetti, Roberto Carlos, Ince, Berti, Baggio, Ronaldo, Vieri, Sosa, Suarez e... Zamorano (ride, ndr)".
Se dovesse presentarsi l'opportunità di tornare all'Inter, come ti comporteresti?
"Difficile tornare come giocatore! (ride, ndr). Per me, ovviamente, sarebbe un sogno grandissimo, se dovessero chiamarmi Moratti o Zanetti verrei subito. Immediatamente e senza alcun dubbio".
Bellissime parole, che di sicuro faranno esaltare il popolo interista. E Zamorano quale ruolo vorrebbe ricoprire?
"Mi piacerebbe molto fungere da 'tramite' tra presidenza e società in generale e calciatori. Sarebbe l'ideale per me".
Seppur da lontano, starai sicuramente seguendo l'Inter attuale. Che giudizio hai del momento della squadra?
"Seguo sempre l'Inter, anche più di prima. Poi c'è anche il mio connazionale Medel, un grande giocatore che veste la maglia numero 18. Proprio la mia. Mi sembra che questa sia un'Inter in costruzione, ma in un paio d'anni torneremo a lottare per il massimo. Questa è una fase di stallo, ma con Mancini si può tornare ad altissimi livelli, a lottare per obiettivi che un club come l'Inter merita".
Recente è l'esonero di Mazzarri, in favore del ritorno di Mancini. E' la scelta giusta?
"E' sempre un peccato quando viene esonerato un allenatore, ma quando mancano i risultati il primo a pagare è sempre il tecnico. Peccato, il calcio e la vita sono così a volte".
Hai giocato, probabilmente, con il miglior giocatore della storia nerazzurra. Ronaldo è veramente Il Fenomeno?
"Il migliore di tutti, senza ombra di dubbio. Posso dire di aver giocato con il giocatore più forte del mondo in quel momento. L'Inter deve essere orgogliosa di aver ammirato un fuoriclasse del genere".
In conclusione di questo meraviglioso viaggio tra passato, presente e, perché no, anche futuro, ti chiedo di mandare un saluto al popolo nerazzurro. Un popolo che non ha mai fatto mancare il proprio grande, intramontabile affetto nei tuoi confronti.
"Mando un grandissimo saluto ai tifosi interisti. Dico loro di continuare a incitare la squadra, di amare l'Inter in ogni momento e di non abbadonarla mai. L'Inter non dovrà mai essere sola, la storia di questa società è magia. Il tifoso nerazzurro non deve mai dimenticare la storia gloriosa di questo club leggendario. A voi tifosi dico 'grazie di tutto', per l'affetto e per tutto quello che mi avete dimostrato ogni giorno. Sia durante la mia militanza da giocatore che negli anni successivi. E non solo: siete voi che mi avete dato la possibilità di diventare quello che sono oggi: il Guerriero Zamorano".
- IVAN BAM BAM ZAMORANO E L'INTER - Il racconto dell'esperienza del campione cileno con la maglia nerazzurra (1996-2001).
- INTER-PERUGIA 2003-2004 - Stadio Giuseppe Meazza, il saluto del Guerriero.
Autore: Francesco Fontana / Twitter: @fontafrancesco1
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