Integralismo ideologico tra “giochismo” e “risultatismo”. Divisioni dicotomiche che imperversano il dibattito sui social network, i salotti della modernità. Ai tempi dell’Illuminismo si discuteva con penne e taccuini nei café, oggi basta avere una connessione internet e una tastiera elettronica. L’aveva predetto anche il grande filosofo, semiologo e accademico Umberto Eco: “Una volta si facevano le sparate al bar, davanti a qualche bicchiere di vino. Con i social la parola è stata data a legioni di imbecilli”. Anche di calcio, ahinoi, parlano e scrivono tutti. E con 280 caratteri c’è chi costruisce un’impiantistica di ‘manuale della verità’, credendo davvero di tracciare solide linee interpretative. La costruzione dal basso, soprattutto nell’ultimo mese, è tornata ad essere il trending topic nell’universo dei forum e delle testate giornalistiche. Si tratta di una moda? No. È una strategia propedeutica di attrazione (a livello posizionale) dell’avversario, per ampliare il campo centralmente come sugli esterni. E la sua funzionalità è quella di disorientare la struttura difensiva per generare superiorità numerica. Ricordate il gol che ha sbloccato il derby di Coppa Italia? Lautaro finalizza con un tiro pregiato un’azione insistita avviata dalla retroguardia, con un giro palla raffinato (non sempre pulito e sciolto) che coinvolge gli interpreti difensivi laterali, verticali e offensivi, con razionalità, prontezza e dinamismo. Un calcio di dominio e protagonismo, incentrato sull’astuzia dei movimenti e la creatività dello sviluppo istantaneo. Davvero uno spettacolo per gli occhi. Ma c’è comunque qualcuno che etichetta il calcio dell’Inter “da anni 60”.
La proposizione dei braccetti nella costruzione, la colonna vertebrale dei registi (De Vrij, Brozovic e Calhanoglu), l’abbassamento e l’innalzamento ad elastico del geometra croato, lo sganciamento dai blocchi imprevedibile degli esterni, l’effervescenza di qualità delle mezzali nelle due fasi, il raccordo completo delle punte, la mai banale prima fase di pressione. Lì in mezzo, vedete davvero dogmi predeterminati e la fissità dei ruoli? In quell'89% di passaggi realizzati contro l'Empoli c'è forma e sostanza. Flessibilità e vigorosa capacità d'adattamento, anche da situazioni sfavorevoli.
Ieri il quotidiano “Libero” ha pubblicato un focus sulla costruzione dal basso, affermando: “Ciò che accomuna le suddette situazioni, oltre alle imbarazzanti disattenzioni dei singoli, è l’errore degli allenatori di mettere nelle condizioni di sbagliare i propri portieri”. Il primo problema di questo dibattito, ormai longevo, è sempre il medesimo: tifosi, appassionati e anche colleghi giornalisti investono fiumi d’inchiostro al primo svarione difensivo, per risultare assai meno attenti a segnalare i momenti (e sono tanti!) in cui la costruzione dal basso porta a un’effettiva occasione da gol, scambiandola per un contropiede. Come accaduto proprio nel confronto tra Inter ed Empoli: il gol che sblocca la sfida di San Siro è da manuale accademico. Costruzione avviata da Vicario, imbucata per Stulac, che prima elude il pressing avversario con una gran giocata, poi allarga il compasso per l'avanzata di Zurkowski: taglio dal tempismo perfetto di Pinamonti, suggerimento con la giusta forza del polacco e spizzata da centravanti vero del classe '99. Un'azione da vedere e rivedere. Il manifesto della costruzione dal basso. E l'ha fatto l'Empoli a San Siro!
Il presupposto ontologico, però, è fondamentale: si costruisce in ogni zona del campo. L’organizzazione è l’approccio elementare per affrontare ogni contingenza e per non andare allo sbaraglio. Poco più di dieci giorni fa abbiamo assistito ad una danza di gioco, occasioni e sapienze orchestrate col pallone tra i piedi: City-Real Madrid 4-3. Entrambe hanno dimostrato alla platea, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la rilevanza significativa dei dettagli. Sin dallo start. Perché i citizens sono passati in vantaggio con una manovra che ha assunto elettricità in soli 7 secondi. La banda di Ancelotti ha concentrato cinque pedine nella ball zone, lasciando Valverde, Carvajal e Militao uno contro uno con De Bruyne, Foden e Gabriel Jesus. Ecco che Mahrez procede al traversone tagliato: De Bruyne ricopre il tassello dell’incursione, Valverde si gira e glielo indica a Carvajal, ma ormai è tardi. Il risultato è spesso e volentieri episodico, perché il calcio è uno sport a punteggio basso. Occorrono pochi secondi o millimetri di fili d’erba per spostare equilibri, punteggi e ambizioni. Un’interessante tesi del corso per Match Analyst organizzato dalla FIGC per l’anno 2019/20 del corsista Stefano Saviotti (citato da UltimoUomo) ha analizzato quantitativamente alcuni aspetti relativi alla costruzione dal basso in Serie A. E ha effettivamente mostrato che la percentuale di palle sprecate da calcio di rinvio è maggiore nelle squadre che prediligono lanciare lungo.
Il rinvio profondo da situazione statica, dunque non preparato, conduce ad una situazione probabilistica di difficoltà del mantenimento del possesso.
L’analisi e l’apprezzamento delle sfumature deve essere universale per la più adeguata comprensione delle dinamiche pallonare. Se l’analisi viene presa in considerazione solo a proprio comodo e piacimento, ecco che allora si tradisce la propria professionalità etica e valoriale.
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