Forse un mattino, andando verso un’aria arida e tagliente, ragionerò sulla necessità d’aguzzare l’ingegno per comprendere la verità ultima, sfruttando magari la prospettiva metafisica. Nel frattempo, però, rifletto sull’attesa. Sul suo significato, che è predicato capace di collegare azione e reazione.
Ma esattamente: qual è la definizione di attendere? È lo scarto tra il tempo ideale, quindi interiore, e quello della scelta da realizzare (trasformazione da ideale a reale) nel momento più opportuno. Perché è nella vita di tutti i giorni che ci troviamo sistemati, più o meno ordinatamente, attorno a bivi, punti in cui la strada si biforca, e un dilemma ci avvolge: scegliere e non scegliere. E il rapporto crea una forte tensione. Nella paura di scegliere, il vero pericolo è non farlo. Visto che la scelta e il libero arbitrio (Dio ce ne scampi dal determinismo) sono le cifre connotative dell’umano. Perché la vita è costellata da decisioni da assumere. E allora… noi scegliamo d’iniziare da qui, da una metafora del pensiero elevata ad archetipo di un sapere filosofico, depurato d’ogni imposizione costrittiva.
Esaminando il centrocampo nerazzurro tra intrecci mitologici e prodigi che ci aprono i polmoni, facendoci respirare l’aria pura della vetta più alta. D'altronde, era attraverso i miti che nell’Antica Grecia si spiegavano comportamenti e caratteristiche del mondo circostante. E allora, a noi, chi impedisce di farlo?
Marcelo Brozovic. Prometeo è un titano amico del progresso. Che grazie ad una straordinaria levatura intellettuale e ad una forza d’animo incontrastabile raggiunge dimensioni inesplorate. È colui che ruba il fuoco alle divinità per plasmare l’umanità intera, percorrendo un torrente di luce nella buia oscurità del mondo. Pensa in anticipo, forgia le manovre dal basso, dunque fornisce il click alla scintilla, poi s’incarica di libera creazione. Tu quoque.… Epic. Nel primo scorcio di stagione in Serie A il metronomo croato ha eseguito in media 73 passaggi a partita (1392 totali), con una percentuale riuscita del 93% (1295). Ah, sia lodata la legge di propagazione della misura.
Non navigavate mica tra i nodi del dubbio? Perché la convinzione sta lì, nei primordi del processo di sviluppo. Saper cosa significa attendere. Lungi dall'esser un’attesa senza fine; è funzionale al superamento diretto della finitezza astratta. Dilaniata da una sicurezza costitutiva che non stupirebbe nemmeno chi mai l’ha osservato quando apre il compasso per sventagliare di qua o di là. E quando il sentiero ha un aspetto florido e idilliaco, la meditazione diviene luce che folgora (così dev’essere, categoricamente), l’istante è la soluzione più congeniale da adottare. E ‘in medias res' non si trovano nemmeno principi scientifici a sorreggere l’autorevole identità del reale.
Donando all’umanità la tecnica, Prometeo fu incatenato sulle montagne innevate del Caucaso. Una punizione divina, perché osò superare ogni limite vincolato dalla natura. Ed ecco, tra tante analogie, una (fondamentale) differenza: Brozovic le catene le toglie senza indugio: si scatena, sprigiona illuminazione istantanea di facoltà d’intendere (scacciando ogni parvenza di banalità, questa sconosciuta), giustifica il predominio della decisione attraverso la tecnica. Razionale, ma anche impulsiva (che male c'è?).
Rousseau sosteneva che l’uomo è nato libero ma è ovunque incatenato. Forse perché Brozovic nel Settecento non c'era ancora, in questo mondo, a scandire suggestivi motivi musicali. D'altra parte, è proprio qui che si ritorna. Nel regno di Intelligenza e Genio, dove la creatività generatrice è sintomo d’avanzamento progressivo. E chi tenta di contrastarlo, beh… si condanna ad una forma di supplizio. Perchè la ragione è chiave di equilibrio, indice e allo stesso tempo criterio per discernere le valutazioni. Prima d'agire. TRA UN’ARMONIA E UN’ALTRA. ALMENO QUI NON C’È SCELTA. LO IMPONE LA LEGGE DELLA MISURA.
Nicolò Barella. Ercole si prodiga per il bene altrui sconfiggendo ladri e banditi che imperversano per le sue zone. Indossa una pelle di leone e brandisce una clava micidiale. Sin da fanciullo s’impegna nelle più varie discipline: dalla guida del cocchi, alle tattiche di cavalleria e fanteria, dal pugilato all’uso dell’arco e delle frecce, dall’arte del canto e del suono della lira allo studio di lettere e musica. È multiforme, come il motorino sardo. La sua influenza sulla trequarti si manifesta nelle accezioni più disparate. Con mansioni di consolidamento che intensificano l’interpretazione della sua natura: forza, grinta, spirito e gambe. Cardini di battaglia, base di sostegno d'un precetto tattico che tende a svuotare il centro del campo per liberare una linea di passaggio che il pallone lo porti ai riferimenti offensivi.
Tagli in diagonale, davanti al laterale di fascia o movimenti incontro per agevolare l’impostazione. Una forma inesauribile di cinetica avanzata. È dinamismo che non trascura una fase per privilegiarne un’altra. Se Brozovic fa guadagnare metri di campo allo sviluppo di Inzaghi con opzioni verticali, Barella legge le contingenze con l’agonismo e fa fluire il talento nelle crepe degli avversari con conduzioni, cross e... inserimenti a seminare pericoli in zona di rifinitura. Anche nel grigiore di prestazioni che hanno sbiadito la sua brillantezza, che l'hanno fatto scivolare nell'impetuosità prorompente, le dodici fatiche di Nic non scompaiono. Sono sempre lì, a collegare i reparti, con scopi complementari e spirito di sacrificio. Tra un contrasto e una scivolata. Non ce n'è mai abbastanza. LA LOTTA È TECNICA REGIA.
Hakan Calhanoglu. Kairos. È la personificazione e divinizzazione del momento opportuno. Ve lo siete mai chiesti perché un evento viene prima di un altro? Se si susseguono in un rapporto diretto, con una correlazione pura? Simbolo d’intuizione e rappresentazione, benedetto tempo, che scandisci ogni modalità dell’esistenza umana. Nello spazio dell’universo esiste eccome un tempo cronologico, che scorre attraverso l’andamento riproduttivo di anni, mesi, ore, minuti e secondi, un fattore che trascina, scandisce l’evoluzione dello stato di cose, e per cui l’essenziale sta nell’imparare a gestirlo. Ma ce n’è uno che governa gli stati di coscienza. È il tempo opportuno, l’attimo propizio del processo decisionale. Che ti suggerisce d’attivare un ordine oggettivo misurabile del movimento, ritmo dell’azione cosmica, eterno presente (im)mobile. È permanere definito della realtà.
E dunque, rifletteteci “un attimo” (non quello fuggente, però): quando Calhanoglu sta per caricare il destro, posizionando il piede d’appoggio di fianco alla sfera, credete davvero che i portieri non s’avventino in pensieri sparsi, temendo un’esecuzione imparabile? La temono, fidatevi. Oh, la fiducia è pur sempre un riflesso della realtà. Perché dal derby in poi all’Inter hanno contemplato una pedina completa: astuta e caparbia in fase difensiva, determinante con gol (6) e assist (8) dalla cintola in su. È il punto d’equilibrio, che la sua vera dimensione l’ha trovata sganciata dalla fantasia. Così Kairos è l’occasione che dobbiamo essere capaci di cogliere, esercitando con assidua attenzione la nostra sensibilità. È vivere nel presente con consapevolezza, farci spazio nella cornice che andiamo cercando. Ma è pure linearità spezzata e separazione tra tempo occupato e imminenza. PERCHÈ PERDUTO L’ATTIMO, DIVENTA IMPRENDIBILE. E ALLORA… GUAI A FARLO EVAPORARE.
Ma esattamente: qual è la definizione di attendere? È lo scarto tra il tempo ideale, quindi interiore, e quello della scelta da realizzare (trasformazione da ideale a reale) nel momento più opportuno. Perché è nella vita di tutti i giorni che ci troviamo sistemati, più o meno ordinatamente, attorno a bivi, punti in cui la strada si biforca, e un dilemma ci avvolge: scegliere e non scegliere. E il rapporto crea una forte tensione. Nella paura di scegliere, il vero pericolo è non farlo. Visto che la scelta e il libero arbitrio (Dio ce ne scampi dal determinismo) sono le cifre connotative dell’umano. Perché la vita è costellata da decisioni da assumere. E allora… noi scegliamo d’iniziare da qui, da una metafora del pensiero elevata ad archetipo di un sapere filosofico, depurato d’ogni imposizione costrittiva.
Esaminando il centrocampo nerazzurro tra intrecci mitologici e prodigi che ci aprono i polmoni, facendoci respirare l’aria pura della vetta più alta. D'altronde, era attraverso i miti che nell’Antica Grecia si spiegavano comportamenti e caratteristiche del mondo circostante. E allora, a noi, chi impedisce di farlo?
Marcelo Brozovic. Prometeo è un titano amico del progresso. Che grazie ad una straordinaria levatura intellettuale e ad una forza d’animo incontrastabile raggiunge dimensioni inesplorate. È colui che ruba il fuoco alle divinità per plasmare l’umanità intera, percorrendo un torrente di luce nella buia oscurità del mondo. Pensa in anticipo, forgia le manovre dal basso, dunque fornisce il click alla scintilla, poi s’incarica di libera creazione. Tu quoque.… Epic. Nel primo scorcio di stagione in Serie A il metronomo croato ha eseguito in media 73 passaggi a partita (1392 totali), con una percentuale riuscita del 93% (1295). Ah, sia lodata la legge di propagazione della misura.
Non navigavate mica tra i nodi del dubbio? Perché la convinzione sta lì, nei primordi del processo di sviluppo. Saper cosa significa attendere. Lungi dall'esser un’attesa senza fine; è funzionale al superamento diretto della finitezza astratta. Dilaniata da una sicurezza costitutiva che non stupirebbe nemmeno chi mai l’ha osservato quando apre il compasso per sventagliare di qua o di là. E quando il sentiero ha un aspetto florido e idilliaco, la meditazione diviene luce che folgora (così dev’essere, categoricamente), l’istante è la soluzione più congeniale da adottare. E ‘in medias res' non si trovano nemmeno principi scientifici a sorreggere l’autorevole identità del reale.
Donando all’umanità la tecnica, Prometeo fu incatenato sulle montagne innevate del Caucaso. Una punizione divina, perché osò superare ogni limite vincolato dalla natura. Ed ecco, tra tante analogie, una (fondamentale) differenza: Brozovic le catene le toglie senza indugio: si scatena, sprigiona illuminazione istantanea di facoltà d’intendere (scacciando ogni parvenza di banalità, questa sconosciuta), giustifica il predominio della decisione attraverso la tecnica. Razionale, ma anche impulsiva (che male c'è?).
Rousseau sosteneva che l’uomo è nato libero ma è ovunque incatenato. Forse perché Brozovic nel Settecento non c'era ancora, in questo mondo, a scandire suggestivi motivi musicali. D'altra parte, è proprio qui che si ritorna. Nel regno di Intelligenza e Genio, dove la creatività generatrice è sintomo d’avanzamento progressivo. E chi tenta di contrastarlo, beh… si condanna ad una forma di supplizio. Perchè la ragione è chiave di equilibrio, indice e allo stesso tempo criterio per discernere le valutazioni. Prima d'agire. TRA UN’ARMONIA E UN’ALTRA. ALMENO QUI NON C’È SCELTA. LO IMPONE LA LEGGE DELLA MISURA.
Nicolò Barella. Ercole si prodiga per il bene altrui sconfiggendo ladri e banditi che imperversano per le sue zone. Indossa una pelle di leone e brandisce una clava micidiale. Sin da fanciullo s’impegna nelle più varie discipline: dalla guida del cocchi, alle tattiche di cavalleria e fanteria, dal pugilato all’uso dell’arco e delle frecce, dall’arte del canto e del suono della lira allo studio di lettere e musica. È multiforme, come il motorino sardo. La sua influenza sulla trequarti si manifesta nelle accezioni più disparate. Con mansioni di consolidamento che intensificano l’interpretazione della sua natura: forza, grinta, spirito e gambe. Cardini di battaglia, base di sostegno d'un precetto tattico che tende a svuotare il centro del campo per liberare una linea di passaggio che il pallone lo porti ai riferimenti offensivi.
Tagli in diagonale, davanti al laterale di fascia o movimenti incontro per agevolare l’impostazione. Una forma inesauribile di cinetica avanzata. È dinamismo che non trascura una fase per privilegiarne un’altra. Se Brozovic fa guadagnare metri di campo allo sviluppo di Inzaghi con opzioni verticali, Barella legge le contingenze con l’agonismo e fa fluire il talento nelle crepe degli avversari con conduzioni, cross e... inserimenti a seminare pericoli in zona di rifinitura. Anche nel grigiore di prestazioni che hanno sbiadito la sua brillantezza, che l'hanno fatto scivolare nell'impetuosità prorompente, le dodici fatiche di Nic non scompaiono. Sono sempre lì, a collegare i reparti, con scopi complementari e spirito di sacrificio. Tra un contrasto e una scivolata. Non ce n'è mai abbastanza. LA LOTTA È TECNICA REGIA.
Hakan Calhanoglu. Kairos. È la personificazione e divinizzazione del momento opportuno. Ve lo siete mai chiesti perché un evento viene prima di un altro? Se si susseguono in un rapporto diretto, con una correlazione pura? Simbolo d’intuizione e rappresentazione, benedetto tempo, che scandisci ogni modalità dell’esistenza umana. Nello spazio dell’universo esiste eccome un tempo cronologico, che scorre attraverso l’andamento riproduttivo di anni, mesi, ore, minuti e secondi, un fattore che trascina, scandisce l’evoluzione dello stato di cose, e per cui l’essenziale sta nell’imparare a gestirlo. Ma ce n’è uno che governa gli stati di coscienza. È il tempo opportuno, l’attimo propizio del processo decisionale. Che ti suggerisce d’attivare un ordine oggettivo misurabile del movimento, ritmo dell’azione cosmica, eterno presente (im)mobile. È permanere definito della realtà.
E dunque, rifletteteci “un attimo” (non quello fuggente, però): quando Calhanoglu sta per caricare il destro, posizionando il piede d’appoggio di fianco alla sfera, credete davvero che i portieri non s’avventino in pensieri sparsi, temendo un’esecuzione imparabile? La temono, fidatevi. Oh, la fiducia è pur sempre un riflesso della realtà. Perché dal derby in poi all’Inter hanno contemplato una pedina completa: astuta e caparbia in fase difensiva, determinante con gol (6) e assist (8) dalla cintola in su. È il punto d’equilibrio, che la sua vera dimensione l’ha trovata sganciata dalla fantasia. Così Kairos è l’occasione che dobbiamo essere capaci di cogliere, esercitando con assidua attenzione la nostra sensibilità. È vivere nel presente con consapevolezza, farci spazio nella cornice che andiamo cercando. Ma è pure linearità spezzata e separazione tra tempo occupato e imminenza. PERCHÈ PERDUTO L’ATTIMO, DIVENTA IMPRENDIBILE. E ALLORA… GUAI A FARLO EVAPORARE.
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