“Che calciatore. Padroneggia tre concetti di base che gli permettono di incidere sempre durante la partita: sa palleggiare, sa giocare con la squadra e sa tirare. La tecnica che ha è da impazzire”. A usare queste parole è un giornalista spagnolo, David de la Pena, voce di Cadena Cope, uno dei principali network radiofonici privati iberici. Ma l’oggetto delle sue parole non è uno dei tanti calciatori di qualità che popolano la Liga. Queste parole sono state spese da uno abituato a lustrarsi gli occhi davanti a gente come Xavi, Andres Iniesta e, parlando dei tempi più recenti, di Frenkie de Jong e di Arthur, nei confronti di Stefano Sensi, con riferimento cronologico ben preciso: la fine del primo tempo del match della Nazionale italiana contro la Finlandia, dove il centrocampista marchigiano dell’Inter aveva recitato da protagonista assoluto, gestendo il pallone con maestria e sfiorando anche il gol in un paio di circostanze.

Caso isolato, probabilmente, ma significativo, visto che è ben noto l’alone di scetticismo cosmico col quale dalla Spagna si guarda a tutto ciò che riguarda il calcio italiano diffusosi nell’etere negli ultimi anni. E pazienza se, purtroppo, qualcuno preferisce calcare la mano sull’episodio del rigore che ha portato al pareggio finnico. Le prestazioni offerte con la maglia azzurra altro non sono che la ciliegina sulla torta di un avvio di stagione roboante da parte di Sensi, protagonista se vogliamo di un remake di una piacevole storia già vista in casa Inter, quella di Matteo Politano. Arrivato anche lui a giugno, con una squadra nerazzurra fortemente impegnata in quel caldo periodo in cui la cosa primaria era sistemare la questione plusvalenze cercando di portare il prima possibile a Milano Nicolò Barella ma che vede all’improvviso aprirsi un pertugio, un piccolo spiraglio nella trattativa tra Milan e Sassuolo per il piccolo centrocampista e in quello spiraglio decide di entrarci in modalità dirigibile, così come Politano, il nome di Sensi non ha forse acceso propriamente la fantasia dei tifosi sin da subito, ritenendolo un nome col quale non era lecito coltivare i sogni di gloria più volte annunciati dal presidente Steven Zhang, alcuni temendo che questa mossa valesse la perdita del tanto anelato obiettivo in arrivo da Cagliari.

Mai come in questa circostanza, comunque, le eco negative sono state spente in maniera così repentina. Non solo perché Nicolò Barella alla fine è arrivato, non solo perché i nomi da sogno l’Inter è riuscita a portarli a casa, nelle persone di Romelu Lukaku e Alexis Sanchez, ma anche perché Stefano Sensi ha avuto un impatto con la nuova realtà interista devastante come raramente forse si è visto negli ultimi anni. I primi segnali sono stati offerti nel corso delle amichevoli estive, a partire dalla prima gemma regalata durante l’amichevole col Lugano, passando dalla tournée asiatica dove è sempre risultato tra i giocatori più positivi, fino all’avvio di campionato dove ha regalato le cose migliori: gol splendido col Lecce, invenzione da funambolo che porta al rigore decisivo a Cagliari. Un’ondata di energia positiva che ha portato i suoi effetti anche in azzurro, almeno finché non ha dovuto pagare pegno al serbatoio in esaurimento.

Sensi che comunque si è imposto come punto di riferimento di questa nuova Inter, dimostrando di poter dare sin da subito alla squadra nerazzurra quell’iniezione di qualità e fantasia in mezzo la cui assenza è stata più volte rimproverata negli anni scorsi. E fa ben sperare quell’intesa, costruita in breve tempo ma che sembra promettere bene, con Marcelo Brozovic, in barba a chi già favoleggiava staffette forzose o cambi di ruolo. Il tutto aspettando che Barella riesca a colmare il gap nella comprensione del sistema di gioco denunciato dal tecnico Antonio Conte. Il tutto con l’obiettivo di creare un’Inter dal volto giovane, bello e anche arrabbiato, una rinnovata linea verde che possa contribuire a rinfrescare l’immagine non solo del club nerazzurro, ma anche del calcio europeo. Sulla falsariga di quanto avvenuto, per dire, nella giornata di ieri, seppur in un ambito ben lontano dalle storie di campo.

La notizia arrivata da Ginevra è di quelle importanti, forse ancor più di quanto la si voglia dipingere: Steven Zhang, presidente dell’Inter, è stato eletto membro del Board dell’Eca, l’associazione che riunisce i club calcistici europei, l’organismo dal quale, inevitabilmente, passerà anche il destino del calcio europeo dei prossimi anni, leggi riforma delle competizioni europee con Andrea Agnelli attivissimo al fianco di Aleksander Ceferin. Sgomberato il campo da eventuali ballottaggi con Aurelio De Lauentiis che ha affermato di avere altre mire, spetterà a Zhang sedersi a questo tavolo in un quadriennio che si preannuncia cruciale per le sorti del football del vecchio continente, visto che sarà adesso che si comincerà a designare quella che sarà la Champions League di domani. Un compito sicuramente probo ma che non spaventa il buon Zhang junior, probabilmente il più giovane tra i membri eletti nella storia del consiglio. Anzi, Steven parte già lancia in resta e subito dopo la sua elezione comincia a presentare quella che è la sua visione del calcio, che non può consumarsi solo sul campo ma deve ormai essere vista a 360 gradi, esplorando sempre più i fertili territori del mondo social.

Ma Steven parla, e non potrebbe fare altrimenti, anche della sua Inter: quell’Inter che ormai vede come pronta per ritornare ai vertici, e del resto le scelte dell’allenatore e sul mercato virano essenzialmente in quella direzione, e dove i giocatori che indossano questa maglia devono metterci, magari prima di ogni altra cosa, il loro cuore nerazzurro. Quell’Inter costruita seguendo determinati principi e mantenendo fede a determinate promesse. Una su tutte: quella di non risolvere mai la questione Mauro Icardi con la cessione del giocatore alla Juventus, soluzione che in tanti continuavano a prospettare, chissà magari facendo anche il tifo, nonostante le idee in Viale della Liberazione fossero sempre state chiare. E alla fine, con la gioia di (quasi) tutti, è arrivato il Paris Saint-Germain, congedatosi con un ‘arrivederci’ che chissà quanto è suonato davvero minatorio nella nuova sede nerazzurra…

In attesa che le annunciate vittorie arrivino, Steven Zhang, a soli 28 anni, continua a collezionare vittorie a titolo personale, iniziando ora il proprio cammino nelle gerarchie del calcio italiano ed europeo. Con idee, pragmatismo e voglia di imporsi; la stessa che vuole vedere nella sua Inter dove a fare la parte del leone devono essere i giovani leoni come lui. Come Sensi, come Barella, giovani proprio come lui, magari non dei marcantoni sul piano fisico ma che giganti devono esserlo sul campo.

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Sezione: Editoriale / Data: Mer 11 settembre 2019 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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