Torna Lukaku in Serie A e torna la critica di Di Canio per il belga. Un ritornello ormai noto, che per certi versi ha pure stancato visto che si trascina avanti ormai da anni. Ma forse è il caso di fare qualche puntualizzazione.

L'ex attaccante, tra le altre, di Lazio e West Ham, prosegue nella sua “crociata”: Big Rom è bravo, ma non bravissimo per dirla alla moda. Forte con i deboli e debole con i forti se vogliamo riassumere il concetto del buon Paolo, secondo il quale il centravanti belga sa spostare le partite dalla propria parte contro avversari di medio-basso rango, ma poi floppa puntualmente gli appuntamenti clou. A sostegno di tale tesi, Di Canio porta sostanzialmente due argomentazioni: 1) Lukaku non ha una qualità sufficiente per fare la differenza ad alti livelli; 2) Il suo c.v. parla chiaro tra Premier League e Champions League, ossia quando (secondo Di Canio) si è trovato a confrontarsi con l'elite del calcio.

Ma è davvero così? E soprattutto: è corretto utilizzare tali parametri per stabilire la grandezza di un giocatore? Andiamo con ordine.

Sulla qualità. Lukaku non ha certamente la classe di un Messi e nemmeno la raffinatezza di uno Mbappé, ma parliamo di giocatori diversi. Nel suo genere, Lukaku è unico: provate a trovare in giro un'altra punta di tali dimensioni in grado di andare via in velocità, in dribbling e magari chiudere con un interno a giro sotto l'incrocio. Romelu non ha piedi sopraffini, ma non si può neppure considerare uno scarpone. Anzi, diciamo pure che, nonostante la mole, la sua classe è tutt'altro che mediocre. Il lavoro di Big Rom, inoltre, è inestimabile a livello di manovra: riesce a essere sempre utile, anche quando non è al top della condizione, sia grazie alla sua intelligenza tattica che alla sua fisicità, come dimostrato peraltro anche in queste prime due giornate di campionato.

Sul suo curriculum. Lukaku non fa la differenza a grandi livelli? Partiamo dal presupposto che la Premier League (ma pure la Champions League) sia ritenuto il campionato migliore: è davvero così? Sotto quali punti di vista? Certamente sotto quello economico e magari di spettacolo, ma non per forza anche per difficoltà tattiche per un attaccante. Anzi, la PL non va certo di moda per l'attenzione che viene riservata alla fase difensiva. In Inghilterra trovi Van Dijk e Ruben Dias, ma pure Maguire, Aké, McKenna, Evans... Insomma: occhio a generalizzare. Se poi vogliamo proprio addentrarci nei numeri nel campionato inglese, allora eccoli qui: 17 gol in 35 presenze nel WBA; 68 in 141 nell'Everton; 28 in 66 nello United. Numeri che non sembrano raccontare di una punta che fa fatica in Gran Bretagna.

E allora, forse, il problema non è il campionato inglese. Il problema, al Chelsea, è stato Tuchel e un sistema di gioco che non ne valorizzava le caratteristiche (com'è stato, per esempio, anche per Ibrahimovic nel Barça, per Shevchenko nel Chelsea, per Veron tra United e ancora Chelsea, per Torres ancora nel Chelsea...). Un matrimonio infelice tra due mondi troppo distanti per andare d'accordo. Ma il microcosmo del Chelsea non è la Premier League e proprio le sue passate esperienze sono lì a dimostrare che Big Rom sa fare bene e sa fare gol anche in UK. E lo stesso vale per la Champions: 13 gol in 27 gettoni tra United e Inter. Senza tener conto, come già detto, di tutto il lavoro che fa per la squadra.

Può non piacere, Big Rom, ma di certo non è uno che non può sedere al tavolo del calcio d'elite.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 23 agosto 2022 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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