Petere salutem fuga, dicevano i latini. Ovvero cercare rifugio nello sparire nel nulla, per chi non ha speso parte della propria gioventù su un vocabolario di latino, alla ricerca di vocaboli. Ma magari ora sta spendendo parte del proprio tempo alla ricerca di un senso per questa Inter che sembra smarrita nel nulla. Lo sparire nel senso di abbandonare, naturalmente. Abbandonare chi è più facilmente sottoponibile alle intemperie mediatiche e non solo creando uno scompiglio notevole. Una pratica fin troppo diffusa nell'ultimo, brutto periodo per la nostra Beneamata. Già, perché dopo ogni sconfitta ti aspetti l'uomo forte, lo scudo, a metterci la faccia. Esattamente quella figura che fu ad esempio Gabriele Oriali, che sapeva interpretare alla perfezione pur non essendo il suo ruolo José Mourinho, che non sta nelle corde prettamente caratteriali di Claudio Ranieri. E che adesso non c'è.

Perché è vero, l'Inter sta perdendo e andando a rotoli, inutile negare i numeri. Ma anche quando le cose andavano bene, solo in rare, rarissime  occasioni compariva qualche esponente della società a parlare. E adesso che ve ne sarebbe bisogno più che mai, per evitare di mandare in tilt il tecnico - non tutti sono José Mourinho, bene ribadirlo -, il presidente Massimo Moratti o i giocatori più coraggiosi, non c'è nessuno. Triste, amara verità. Nell'Inter che naufraga tristemente appena due anni dopo aver toccato la terra promessa chiamata Champions League non c'è chi ci mette la faccia. O meglio, sono costretti a farlo personaggi che non dovrebbero. Sottoporre Claudio Ranieri a raffiche di domande anche scomode dopo l'ennesima sconfitta può provocare facili reazioni irritate dello stesso, innocente tecnico; costringere Javier Zanetti, che la faccia ce la mette perché è il capitano, perché vuole mettercela ad essere martoriato dalle televisioni su tutto quello che riguarda la crisi, è estremamente brutto. Per non parlare del presidente Moratti, quasi costretto alla quotidiana 'conferenza stampa' sotto la Saras che in momenti simili annoierebbe chiunque, in quanto anche due battute diventano pesanti come dover decantare l'Iliade a memoria, quegli assalti che portano all'esaurimento, perché finché non sfami noi giornalisti non riesci a toglierci dai piedi. Anche perché è giusto che ognuno faccia il proprio lavoro se non ha alternative da sondare, ovvero altre persone da interpellare.

E allora la situazione si delinea alla perfezione. Se l'Inter sta precipitando non è certo colpa solo di questo, ma per avere una squadra vincente bisogna partire da un'organizzazione vincente fuori dal campo per poi arrivare alle mere prestazioni sul terreno di gioco. Lo insegnava José Mourinho - non si vive di ricordi, ma si propongono lezioni utili all'attualità: dal passato talvolta si impara -, uno che senza il suo Lele Oriali non si muoveva, uno che aveva un uomo per qualsiasi funzione, uno che aveva concesso al presidente Moratti di vivere più sereno e a Marco Branca di svolgere tranquillamente il suo lavoro da direttore dell'area tecnica. Eppure, è inevitabile che le colpe ricadano su di lui, o meglio su chi lo delega, perché il dirigente principale dell'Inter in questo momento è proprio il signor Branca. Ma piuttosto che accusare lui, perché è stata cancellata la figura dello scudo? Supporre che Branca non si presenti davanti alle telecamere perché non dev'essere lui a farlo è semplice, ma allora chi al suo posto?

Ripartire dalla prossima stagione vuol dire ricostruire sì in campo, ma anche organizzarsi nuovamente fuori. Ognuno al suo posto, perché chi è all'Inter oggi nel fare il proprio mestiere è un fuoriclasse, in tutti i ruoli. Ma quando chiedi a un falegname di fare il poeta, è difficile ottenere risultati. Quando invece ti serve un poeta e non hai neanche un falegname a cui chiedere di farlo, hai l'effetto disastro completo. L'equazione non è complessa. Nella speranza che scudo sia, che qualcuno ci metta la faccia oltre alle solite vittime che - lo ripetiamo - direbbero la loro lo stesso e la faccia ce la metterebbero lo stesso, vedi Zanetti, ma non sarebbero i principali addetti a questa funzione che non è la loro. E si torna ciclicamente ai falegnami poeti, ai dirigenti fuori posto, alla figura che non c'è. Tanti piccoli passi fanno iniziare un nuovo viaggio. L'Inter dovrà farne parecchi, a partire anche da qui. Senza scappare, senza petere salutem fuga, attraverso scorciatoie scomode. Perché le crisi si sconfiggono anche così.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 04 marzo 2012 alle 00:01
Autore: Fabrizio Romano
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