L'aggressore è il Milan che assalta il palazzo del potere milanese. Un palazzo tinto di nero e azzurro dove nel maggio 2021, dopo undici lunghi anni, è stata issata la bandiera con con su scritto: “Inter Campione d'Italia”. “L'Inter è la squadra più forte, vincendo il recupero di Bologna marcerà decisa verso la seconda stella”, questo il pensiero comune prima dell'harakiri consumato al Dall'Ara. Ora, purtroppo, la classifica parla chiaro, a quattro giornate dalla fine di questo campionato forse bello, forse brutto, ma sicuramente avvincente, al Diavolo basterà vincere tre gare, pareggiandone una, per stravolgere l'ordine costituito. La bandiera rossonera è lì, pronta a essere srotolata e issata sul pennone, il Duomo si appresta, dopo dodici mesi, ad accogliere la gioia dei dirimpettai cittadini.

Che cosa insopportabile per i tifosi della Beneamata che, dopo la perla di Ivan Perisic al terzo minuto di gioco della gara di mercoledì, magari pensavano a un possibile Tripletino comprendente la Supercoppa, già in bacheca e la Coppa Italia, da conquistare a Roma nella finale del prossimo 11 maggio contro la Juventus. No, non sarà probabilmente così. O forse sì, ma per questa sospirata, fantastica, seconda ipotesi, serve un bell'atto di fede in grado di coinvolgere anche il materialista storico più convinto.

Tra il gol di Tonali all'ultimo respiro di Lazio-Milan e l'infortunio del nostro Ionut Radu nel finale dell'incubo nerazzurro di Bologna, c'è l'attuale verità di questa maratona che si avvia alla conclusione, ma che mette ancora ben dodici punti in palio. E a parer mio, non si tratta di casualità. Il Milan, seppur agevolato dal mancato fischio arbitrale dopo la spinta di Tonali ad Acerbi prima del gol della vittoria all'Olimpico, ha dimostrato una grande fame di successo, strattonando la Lazio per l'intero secondo tempo, fino a farla capitolare. L'Inter di Bologna, invece, è stata una esibizione di bel calcio per una parte di gara, questa volta la prima mezz'ora. Ma dopo aver segnato subito il gol apri-partita, i nerazzurri hanno avuto la grande colpa di farsi narcotizzare dalla partita stessa che con il passare dei minuti ha visto i padroni di casa prendere coraggio sino a colpire in maniera beffarda contro chi ha pensato di poter vincere solo perché piu forte, ma senza la necessaria convinzione di volerlo fare.

Ecco la vera differenza emersa tra Milan e Inter nelle partite di Roma e Bologna: la fame di vittoria. Loro ne hanno avuta di più e il dato, nelle battute finali del campionato, fa tutta la differenza del mondo. La sconfitta di Bologna, anche per come è maturata, rischia di 'ammazzare' mentalmente l'Inter. Di positivo, da registrare la reazione del gruppo squadra nei confronti di un compagno in lacrime per aver determinato il ko con il grossolano errore a cui ha contribuito anche l'assurdo fallo laterale battuto dal migliore in campo, alias Ivan Perisic.

Contraddizioni targate Inter. Fatto sta che Perisic ha passato con le mani la palla nell'area piccola a un portiere pressato dall'avversario. Radu, che già dall'inizio sembrava tradire una certa emozione per l'esordio in campionato in una gara così importante, ha mancato il pallone con i piedi e Sansone l'ha spinto dentro a soli otto minti dalla fine. I più anziani avranno subito pensato a quel 1° giugno 1967, quando la grande Inter di Helenio Herrera perse 1-0 a Mantova, complice una papera di Giuliano Sarti, regalando lo scudetto alla Juventus. Una sconfitta arrivata una settimana dopo quella maturata nella finale di Coppa dei Campioni a Lisbona con il Celtic. Due ko che determinarono la fine del ciclo di una squadra irripetibile, la cui formazione: Sarti, Burgnich, Facchetti... divenne lo scioglilingua degli italiani e tifata, al tempo, anche da un certo Arrigo Sacchi che ora scrive e dice cose un po' strane sul mondo Inter. Ionut Radu è un buon portiere, non va colpevolizzato, ma aiutato a reagire come stanno facendo in queste ore i suoi compagni. Ma se sia Antonio Conte che Simone Inzaghi hanno puntato su Handanovic anche in Coppa Italia, un motivo ci dovrà pur essere. Tant'è.

Non c'è tempo per piangersi addosso, ce n'è invece per vincere le quattro partite di campionato che mancano, costringendo così il Milan a sbagliare il meno possibile se veramemte vorrà scucire lo scudetto dalle sacre maglie della Beneamata. Domani, sarà una domenica da ricordare. Ore 15: Milan-Fiorentina. Ore 18: Udinese-Inter. Nel giro di cinque ore il campionato potrebbe confermare la distanza attuale di due punti tra le due sfidanti, addirittura aumentarla o prospettare nuovi scenari in grado di ribaltare umori ed emozioni. Il bello del calcio. In questo caso, forse, più bello per chi osserva da neutrale e non per chi, coinvolto emotivamente, dormirà poco e male durante questo finale di campionato.

L'Inter, che ha avuto il merito di eliminare proprio il Milan, avrà poi il passatempo chiamato finale di Coppa Italia contro la Juventus in uno stadio Olimpico di Roma che chiamerà il tutto esaurito. Insomma, non proprio un'amichevole. Una cosa per volta. A Udine, contro una squadra in grande forma, mancheranno sicuramente l'acciaccato Bastoni e lo squalificato Calhanoglu. Dovrebbe rientrare in porta Samir Handanovic. L'Inter scenderà in campo sapendo cosa sia successo a San Siro un'ora prima. Un vantaggio? Più pressione? Dipende dai punti di vista. La verità la dirà solo il campo. Le quattro giornate di Milano scriveranno un altro capitolo di storia calcistica.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 30 aprile 2022 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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