Lo confesso, al fischio finale del primo tempo ho pensato che non ne potevo più. Sono stufo di guardare le partite della squadra che amo e non provare più un minimo di elettricità. Sono stufo di cullarmi rassegnato in una calma piatta e senza limiti. Sono stato un amante appagato dall’Inter di Mancini e Josè, poi un amante ferito dai due anni successivi di rapporto difficile, ora sono dentro a una relazione di gelida freddezza, dove lo scambio di emozioni è sempre più assente. Non mi riconosco in un’Inter che si spegne alla prima difficoltà, che non reagisce, che non morde, che si fa sovrastare dagli eventi quasi fosse calata in una depressione patologica da cui è difficile liberarsi.

Mi riconoscevo nella grinta isterica a carismatica del Mancio, della sua truppa che in campo sputava sangue anche se zoppa, con Chivu che giocava fuori ruolo e mezzo rotto, con Stankovic che non fiatava e nonostante la caviglia ko non rinunciava a dare l’anima neppure sotto minaccia fisica. Mi esaltavo nel vedere la grandezza di Mourinho e la calamita del suo fascino contro tutti, a volte anche contro sé stesso e i suoi giocatori. Non potevo fare a meno dello sguardo dei Julione, Maicon, Sneijder; Zanetti, dell’ordine di Cambiasso e dell’umiltà di Pandev. Ora cosa mi tocca vedere? Gente che deve fare ancora tanta strada che si perde in un bicchier d’acqua senza grinta e senza umiltà alcuna. Ricordatevi che l’umiltà è la virtù di chi è forte davvero di carattere e qui in casa Inter ne sto vedendo molto poca.

Non pretendo che chi oggi veste la maglia nerazzurra sia al livello dei fuoriclasse degli anni d’oro, perché anche impegnandosi sarebbe impossibile, ma la voglia di spaccare il mondo quella sì, la voglio vedere. Sono tre anni che assisto alle stesse scene: quando è tutto facile la squadra gira e si diverte, alla prima difficoltà si scioglie e questo non va bene. Cosa si dice sempre? Che il vero uomo si vede nelle difficoltà non nella facilità della vita. Il carattere si misura nella capacità di rialzarsi quando si cade non nella bravura nel momento del volo. Questa squadra quando cade (spesso…) da anni ci mette troppo a rialzarsi poi si rialza male e per poco tempo. Manca una vera identità, manca un’anima, manca la vera essenza di un gruppo. Ora sembra che manchi anche una guida.

Non giudico l’1-4 subito domenica ma giudico il modo in cui è arrivato. Giudico l’avvio di stagione che non è solo la mera lettura di freddi (appunto…) numeri. La squadra non è squadra, è una serie di buoni giocatori messi in campo in attesa che succeda qualcosa, sperando che quel qualcosa sia buono e non difficile. Così non va. L’emozione che trasmette l’Inter di oggi, risultati a parte, è pari a zero. Sarò severo ma se gli undici in campo non vestissero la nostra maglia nerazzurra assisteremmo alle partite con molta indifferenza. A volte scopro di non essere arrabbiato dopo una sconfitta ma addirittura rassegnato e questo non è un buon segno. Insomma, voglio tornare a provare emozioni nella mia relazione con l’Inter, voglio tornare a provare passione e ad amare la squadra che scende in campo. Una volta eravamo pazzi, ora siamo solo piatti. Il calcio è emozione, l’Inter nel bene e nel male è sempre stata emozione. Fatecela riavere, per favore.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 02 ottobre 2014 alle 00:00
Autore: Filippo Tramontana / Twitter: @filotramo
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