L'obbligo di vincere lo scudetto, quello che disegna sul volto di Antonio Conte un sorriso ironico, diventa quasi un invito a uscire allo scoperto per l'Inter dopo la dodicesima giornata di Serie A. Troppo presto per pronunciare sentenze definitive, ci mancherebbe, ma gli inciampi della capolista Milan a Genova e la maniera in cui la Juventus non è ancora mai riuscita a dominare squadre di alta classifica suggeriscono che esistono i presupposti per fare corsa di testa da qui all'ultima curva del campionato.

Un'evidenza già chiara prima del via della stagione, poi coperta poco a poco dalla cortina di fumo generata dal ko nel derby e da qualche pareggio di troppo dal sapore di rimpianto. Primo tra i quali quello dell'Olimpico con la Lazio, un 1-1 che aveva allungato amaramente la striscia di non vittorie negli scontri diretti nell'era Conte. Record negativo avvalorato dall'esilio europeo dopo solo sei partite di Champions League, in cui Lukaku e compagni hanno raccolto la miseria di una vittoria. Niente Coppe, "ci sono rimasti lo scudetto e la Coppa Italia", ha fatto notare candidamente Alessandro Bastoni prima della gara col Napoli. Approcciata correttamente, letta in maniera enciclopedica a livello tattico nel primo tempo, senza praticamente rischiare nulla dalle parti di Handanovic se non nell'occasione del tiro di Zielinski. E costruendo l'occasione più ghiotta nei primi 45', approfittando della fase di impostazione non impeccabile di Koulibaly. Il primo, vero turning point arriva nella ripresa, in coincidenza del forfait di Marcelo Brozovic: il croato alza bandiera bianca per una contusione al retropiede sinistro e lascia al posto a Sensi, il cui ingresso era stato già d'impatto con il Cagliari. Neanche tre giri d'orologio dopo, il flipper generato dopo un tentativo di giocata dell'ex Sassuolo produce l'episodio che scava la differenza tra le due squadre: Darmian si avventa come un falco sul pallone in area e Ospina lo travolge causando calcio di rigore. Undici metri sono troppo pochi per fermare l'ineluttabilità del gol di Lukaku, che trasforma glaciale dal dischetto certificando la superiorità nel punteggio poco dopo quella numerica. Già, perché l'arbitro Massa decide di cacciare dal campo il capitano dei partenopei Lorenzo Insigne perché reo, a suo dire, di averlo mandato a cag****.

L'effetto sortito, però, è quello opposto, anche per la scelta poco condivisibile di Conte di togliere Lautaro per Hakimi. Un esame per la tenuta della sua squadra, dirà nel post-partita il tecnico, sostenendo che 'bisogna imparare a soffrire'. Una lettura che ci sta fino a un certo punto, soprattutto perché non si sentiva la necessità di un patimento autoinflitto che, senza la Dea bendata e un Handanovic paratutto, poteva trasformarsi nell'ennesima occasione persa. II tiro di Petagna sul palo, che nelle scorse settimane era stato antagonista principale sulla strada verso la qualificazione agli ottavi, ora diventa l'alleato più prezioso per recuperare i punti perduti immeritatamente in campo nazionale. Come a riallineare i pianeti dopo il caos causato dagli esprimenti tattici di inizio autunno (il piano B naufragato). Indietro non si torna più: messa un croce sull'uscita dolorosa dalla Champions, da ieri è cominciata una nuova stagione. Dove il vincolo di vincere il tricolore non è imposto da una legge scritta dai media ma dagli eventi tutti attorno (le pretendenti al trono e una regina un po' appesantita) e soprattutto dal curriculum del serial winner che siede in panchina. Un fardello che pesa ancora come un macigno su questo gruppo, lo si è visto ieri nell'ultimo quarto d'ora di partita. "Inevitabile che la squadra sentisse l'importanza e il peso della partita. Sapevamo che non sarebbe stato facile, alla fine è venuto il 'braccino del tennista' per conservare il risultato. Portare a casa partite così è importante anche per uno step di crescita mentale. La squadra deve imparare anche a soffrire, anche se preferiremmo soffrire non tanto. Ma battere squadre così forti è un buon segnale"”, l'analisi di Conte dopo l'affermazione più importante di questa annata. La quinta consecutiva in Serie A quando alle porte ci sono sfide non propriamente proibitive con Spezia, Verona, Crotone e Samp. Avversarie ideali per fare filotto, parola che non farà rima baciata con scudetto ma aiuta in un torneo così equilibrato. In cui spesso, tra infortuni e imprevisti vari, si deve andare avanti per inerzia. E per ridere di un trionfo bisognerà aspettare la fine. 

Sezione: Editoriale / Data: Gio 17 dicembre 2020 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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