"Una nuova definizione di Inter? Regolare e forte". Era il 31 maggio 2019 quando Antonio Conte, fresco di nomina come allenatore nerazzurro, usò questi due aggettivi per definire la caratteristiche che avrebbe voluto vedere nella sua nuova creatura. "No more crazy", come precisato in precedenza in un simpatico sketch con il presidente Steven Zhang e il conduttore Alessandro Cattelan. Ieri, tre anni fa esatti, l'Inter gettò le basi per aprire il ciclo di vittorie inaugurato dallo scudetto numero 19, vinto proprio dal condottiero leccese, e poi arricchito da Simone Inzaghi, che ha lasciato detto di tenere aperta la bacheca almeno fino al 10 giugno dopo aver sistemato al suo interno due Coppa Italia e due Supercoppe italiane.

La curiosità è che il brevissimo manifesto programmatico di Conte, composto da due sole parole, fu enunciato a Madrid, città in cui la storia diventò leggenda nel 2010 grazie a quella corazzata guidata da José Mourinho che completò il Triplete battendo in finale di Champions League il Bayern Monaco di Louis Van Gaal. "Sono belli questi ricordi, l'importante è che ci si prepari a rinfrescarli. Torniamo ai fasti di un tempo", dichiarò Conte ai cronisti che lo incalzarono all'uscita di un ristorante della capitale spagnola che quel giorno ospitò l'ultimo atto della Coppa Campioni tra Tottenham e Liverpool. Sembra passata un'era geologica, se si prova a voltarsi indietro, per poi riportare lo sguardo sul presente: gli Spurs sono diventati nel frattempo la squadra allenata da Conte, dopo l'addio alla Beneamata, ma lo stesso ha fatto in tempo a lasciarli orfani, per il solito divorzio traumatico, di un manager e di una qualificazione Champions. La stessa che hanno mancato i Reds, un anno fa di nuovo finalisti ma perdenti dopo aver eliminato dalla competizione proprio l'Inter, agli ottavi.

E' ad Anfield, dopo l'ottima prestazione del Bernabeu (sì, ancora quello stadio magico) contro il Real nei gironi, che l'Inter ha costruito un nuovo status europeo, legittimato dalla nuova posizione in top 10 nel ranking UEFA ma soprattutto dalla finale conquistata al secondo anno di lavoro di Simone. Un'altra Inter 'regolare e forte', esattamente come lo era stata quella di Conte nella seconda parte di stagione 2020-21, protagonista di una cavalcata inarrestabile in campionato che portò al tricolore con 91 punti fatti dopo l'esilio europeo. Due anni dopo, la situazione si è capovolta: la discontinuità tra i confini nazionali (finora 12 ko in 37 partite) ha fatto da contraltare a una costanza sorprendente in campo continentale, dove Lautaro e compagni hanno superato diverse prove del fuoco: tutto è cominciato al Camp Nou, laddove Simone Inzaghi fu ben contento (nonostante l'errore da matita blu di Asllani allo scadere) di portare a casa il pareggio più bello della sua vita. Un 3-3 da montagne russe, l'ultima pazzia di una squadra che, anche benedicendo due sorteggi benevoli, ha messo in fila sei risultati utili consecutivi nella fase a eliminazione diretta mandando a casa, in serie, Porto, Benfica e Milan. "Qui in Spagna si ricorderanno dell'Inter per molto tempo", disse Inzaghi in conferenza con in tasca la qualificazione agli ottavi di finale. Sei mesi dopo quella frase a effetto alla Mou, il 10 giugno, a Istanbul, servirà un'impresa epica contro il Manchester City perché tutto il mondo si ricordi della sua Inter anche per gli anni a venire.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 01 giugno 2023 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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