Calcio e mercato sono due parole inscindibili nell'era moderna del Gioco, tanto che il termine che si ottiene fondendole è ormai valido per tutto l'anno. Si parla di calciomercato praticamente ogni santo giorno del calendario gregoriano, non sempre per riferirsi letteralmente alla serie di trattative per il trasferimento di un giocatore da una società a un'altra. La sua dimensione estiva e invernale permea fatalmente anche le altre due stagioni in cui si tirano le somme e si pianificano i progetti futuri. Quei quattro mesi possono avere un impatto a lungo termine devastante anche di alcuni anni sui risultati di un club, soprattutto da quando la Uefa ha deciso di introdurre il temuto Fair Play Finanziario nel 2011. In questo senso, l'Inter è forse il caso di specie più significativo del cambiamento del rapporto spesa/trofei negli ultimi nove anni: nel 2015, Erick Thohir, accettando il settlement agreement, ha firmato la resa incondizionata dei nerazzurri nella guerra dei ricavi combattuta dai ricchi a suon di plusvalenze gonfiate e sponsorizzazioni poco trasparenti. Il percorso inusuale ma obbligatorio intrapreso dal tycoon indonesiano si è concluso praticamente l'altro ieri, il 17 maggio 2019, dopo quattro annate di lacrime, sangue e polvere. Durante il viaggio, la Beneamata è finita provvidenzialmente nelle mani di una proprietà solida come Suning, la quale si è affidata al duo Conte-Marotta per sublimare la faticosa risalita con un progetto vincente. La famiglia Zhang, da quando ha potere decisionale, ha pianificato ogni aspetto societario in maniera graduale, anche accettando le critiche dei tifosi e persino l'irrequietezza del suo condottiero che rosica se non vince per una giornata figuriamoci se rimane a secco per un anno. Il 'pacchetto preconfezionato' a Nanchino di cui parla King Antonio, va fatto notare, è il risultato di scelte prese con la ghigliottina dell'Uefa pronta a essere azionata da Aleksander Ceferin da un momento all'altro. E che ha prodotto una rosa, quella 2019-2020, per la prima volta competitiva ad alti livelli da tempo immemore: al netto di infortuni pesanti in momenti chiave che hanno condizionato la crescita progressiva del gruppo, a sei giornate dalla fine del campionato la distanza con la Juve capolista è di sei punti virtuali (con la vittoria sulla Spal), frutto dei due ko negli scontri diretti. Un altro anno senza scudetto, si dirà, ma ora non è il caso di litigare con Kronos, anzi è meglio farselo amico. Il piano triennale sposato da Conte, con possibilità di rinnovo, deve poggiare sulle solide basi della pazienza di tutte le componenti perché la squadra non è mai stata così vicina a colmare il famoso gap, a scalare il grattacielo bianconero che con Sarri è sceso di qualche piano.
Certo, la smania di tornare a spendere e spandere come ai tempi del mecenatismo morattiano è grande, soprattutto alla luce della fresca decisione del Tas di salvare il Manchester City da uno scenario da incubo che prevedeva due anni senza Europa inflitti da precedente condanna del Club Financial Control Body Uefa. Il Tribunale arbitrale dello Sport di Losanna, come noto, ha revocato la squalifica assolvendo il club dello sceicco Mansur che – stando alla Uefa – aveva sopravvalutato i propri ricavi da sponsorizzazione nei propri bilanci e nelle informazioni sul pareggio di bilancio fornite tra il 2012 e il 2016. Le motivazioni? Insufficienza di prove e fatti prescritti. Le indagini, infatti, sono state avviate da una serie di indiscrezioni rese note da Football Leaks nel 2018, riguardanti accordi commerciali e sponsorizzazioni che rimanderebbero alla proprietà. Informazioni che i Citizens avevano derubricato come "frutto di hackeraggio illegale e pubblicazioni di e-mail fuori contesto".
Una spy story che certamente fa riflettere sulle modalità operative con cui i vertici Uefa controllano i bilanci dei club che partecipano alle sue competizioni, e che allo stesso tempo apre un dibattito sulle scorciatoie che si possono prendere per imboccare la strada verso il successo. La presunzione di innocenza è sacrosanta, ma intanto è doveroso segnalare le reazioni di due dei più importanti manager al mondo come Jurgen Klopp e José Mourinho di fronte al caso Manchester City: se lo Special One non ha usato mezzi termini parlando di "sentenza vergognosa e di fine del FFP", il tecnico campione d'Inghilterra ha detto che "non è stata una buona giornata per il calcio". Parole pesantissime che hanno provocato la reazione veemente di Pep Guardiola, che ha risposto per le rime alle accuse: "Il Manchester City non deve scusarsi di niente perché tre giudici indipendenti hanno deciso che non abbiamo fatto niente. Più chiaro di così non si può; ovvio che difenda il mio club, ma sono anche il primo critico. In privato, quando alcune cose non vanno, lo dico al mio chairman. Che non è contento di me perché finiremo il campionato 21-23 punti dietro il Liverpool. Ne discutiamo tra di noi per fare meglio la prossima stagione, per competere con loro ma sempre sul campo. Chi ha qualcosa da dirci ce lo dica in faccia, non alle spalle".
Parlando di disponibilità economiche del suo club, l'allenatore catalano ha sdoganato una verità che i suoi detrattori usano da una vita per levargli ogni merito: "Abbiamo molti soldi, ma non abbiamo potuto prendere Sanchez (gennaio 2018 ndr). Volevamo Maguire, ma non abbiamo potuto pagarlo come ha fatto lo United. E' vero che abbiamo i soldi, ma anche altri club ne hanno. Abbiamo speso come nessun altro nell'ultimo decennio? Sì, ma 20 anni fa Wenger, l'uomo che difende perfettamente il FFP, ha speso tanto, esattamente come Sir Alex Ferguson. Lo fanno tutti i club che vogliono stare al top. Se non lo fai, è più difficile. Perché non sarei un buon manager senza buoni giocatori. Sono umile abbastanza per accettare che sarei nulla senza i miei giocatori, zero. E per questo ho bisogno che il club sia forte a livello finanziario, come molti altri club".
Un discorso, quello di Pep, che arriva con curioso tempismo dopo quello fatto da Conte nel post-partita di Inter-Bologna. Il tema è identico: come raggiungere l'obiettivo massimo in un contesto sempre più competitivo, quasi sleale. Generato paradossalmente dal FFP, l'anti-doping finanziario per eccellenza, almeno secondo Michel Platini, colui che l'ha promosso da presidente Uefa. Uno strumento che a distanza di anni va assolutamente rivisto perché Losanna nel giro di 14 mesi ha smentito Nyon, guarda caso sui dossier di Psg e City. Tutto regolare solo a livello formale, con l'amara sensazione di quelli che rispettano rigorosamente le regole di vivere in uno stato di perenne ingiustizia sportiva che distorce inevitabilmente ogni tipo di valutazione. Dall'Inter al City va fatta una tara ai risultati conseguiti negli ultimi anni e per quelli a venire, anche perché Ceferin e Agnelli non vogliono fare passi indietro in tal senso: "Il fair play finanziario ha avuto un ruolo importante nel tutelare i club, aiutandoli diventare finanziariamente sostenibili; l'Uefa e l'Eca rimangono impegnate verso tali principi", il messaggio inviato dopo la sentenza del Tas dalla Federcalcio europea che continua a non capire la delicatezza del tema.
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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