Derby di coppa. Ma non solo. Stasera Inter e Milan si affrontano in una stracittadina che mette in palio l'accesso alla finale di Coppa Italia e, al contempo, rischia di avere ripercussioni psicologiche anche sul testa a testa vibrante che si sta vivendo in Serie A.

I campioni d'Italia sono reduci da tre vittorie consecutive in campionato e hanno superato il momento peggiore della stagione. Quei due mesi in cui, nonostante prestazioni non così insufficienti, avevano portato in dote solamente 7 punti in 7 partite. "Quello che non ti uccide ti rende più forte", si dice in questi casi. E probabilmente è stato così anche per i nerazzurri. Le sabbie mobili di febbraio-marzo sono un brutto ricordo e adesso Inzaghi sa che può contare su un gruppo capace anche di sopravvivere alle crisi e non solo buono a a comandare quando le cose vanno bene. L'Inter adesso è più forte di prima: è più completa, più consapevole e fa paura alle avversarie, che magari pensavano di dover fronteggiare un rivale con la pancia piena dopo il tricolore dell'anno scorso. Niente affatto. Handanovic e compagni hanno tutta l'intenzione di continuare a ingrossare la bacheca senza rinunciare a nulla. Brozovic l'ha detto chiaro nel post-partita di La Spezia: "Siamo forti e dobbiamo vincere tutte le partite. Stop". Un messaggio ai suoi compagni e un monito ai concorrenti.

Il primo di questa lista è proprio il Milan. Il Diavolo. Satana. In ebraico letteralmente "oppositore in giudizio". Un avversario. Mai nomignolo fu più azzeccato di questo se contestualizziamo e riportiamo tutto al calcio e lo guardiamo dal punto di vista interista. Anche il Milan, proprio come l'Inter, ha vissuto momenti negativi, ma ha sempre saputo rialzarsi. Momenti opachi più spalmati in stagione rispetto a quelli nerazzurri, invece parecchio concentrati in quei due mesi di cui sopra. E non è un caso se ora entrambe si giocano lo scudetto e il passaggio in finale della coppa domestica. A differenza dei campioni d'Italia, però, con i rossoneri la critica non si è accanita in modo veemente neppure dopo l'uscita dalla Champions all'ultimo posto nel girone. Pioli non è finito praticamente mai sul banco degli imputati, mentre per il collega dall'altra parte del Naviglio si è parlato addirittura di esonero a più riprese. Eppure Pioli è a Milano da oltre due anni, mentre il collega piacentino soltanto dall'estate scorsa. Un metro di giudizio per nulla uniforme che lascia di stucco se si pensa al percorso di Inzaghi da quando è sulla panchina interista: lassù in campionato, buonissima campagna europea, Supercoppa in bacheca e (finora) penultimo step in Coppa Italia.

Adesso la parte finale. L'ultimo scatto. Per entrare nella storia del club, c'è da battere Satana.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 19 aprile 2022 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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