Ormai non ha neanche senso andare a leggere le statistiche perché ci si infurierebbe ulteriormente. Già di per sé è più che sufficente limitarsi a questa amarissima sensazione figlia dell'ennesima brutta figura in questo campionato. Ancora una volta in trasferta, ancora una volta contro un avversario decisamente inferiore, ancora una volta dopo aver dominato sul campo in modo inequivocabile. Ora sarà facile mettere in croce Inzaghi, dopotutto prendere a calci un solo sedere è più agevole rispetto a 15-16. Il tecnico commetterà i suoi errori, ma se in campo hai gente che tira 28 volte e segna solo un gol su rigore, vanificando tutto pochi minuti dopo regalandone uno all'avversario, siamo in piena emergenza psicologica. Altro che tecnico-tattica. Davvero non ci sarebbero neanche le parole per commentare quanto accaduto al Picco, dove è arrivata l'ottava sconfitta in campionato che espone l'Inter nuovamente all'assalto del gruppone in corsa per il piazzamento Champions.

Ventotto tiri in porta contro due. E lo Spezia segna sempre, persino con il neo entrato Daniel Maldini che rende più beffardo questo racconto. In mezzo un rigore sbagliato in avvio, perché dopo una stagione di lacrime per l'assenza di un vero rigorista, una volta che è tornato, continuiamo con l'alternanza autolesionista. Lautaro è un campione, sa fare tutto. Ma dal dischetto non è certo il primo della classe. Le statistiche non mentono, il suo modo di calciare a occhi chiusi è un rischio ogni volta che si presenta dagli undici metri. E in serate come queste l'errore lo paghi non caro, ma carissimo anche perché l'argentino non è riuscito ad azzeccarne più una, quasi scosso dall'episodio a inizio partita. Ma guai a metterlo in discussione, tutto rimanga circoscritto a questa pessima serata. E si provi a imparare dai propri errori, che in casa nerazzurra succede assai poco frequentemente.

Posto che a questo giro c'è ben poco da imputare a Inzaghi, giusto ribadirlo. Il suo compito è portare la squadra, attraverso il gioco, dalle parti dell'area avversaria. E nessuno può sostenere che ieri sera non sia accaduto. Ma se i tuoi calciatori non riescono a segnare pur tirando spesso, pur crossando vagonate di palloni in area, la responsabilità è essenzialmente loro. Inconcepibile, per la ripetitività con cui avviene. Lo Spezia non ha neanche difeso bene, una squadra normale nel primo tempo sarebbe stata avanti 3-0 e avrebbe trascorso la ripresa raccontandosela. Una squadra normale, non questa Inter ormai schiava del proprio braccino corto, incapace di approfittare degli arrori avversari, di sfruttare le clamorose opportunità servite su un piatto d'argento dall'evoluzione della partita. Novella Penelope che tesse e poi disfa sul più bello. 

La cartolina da La Spezia è quel lasso temporale in cui Dumfries, entrato nella ripresa, prima si procura il rigore del pareggio e poi ne ragala uno, totalmente gratuito, agli avversari strozzando sul nascere ogni vagito di possibile rimonta last minute. Una roba senza senso, tipica di una squadra che in campionato ha pericolosamente staccato le mani dal volante senza la certezza che la vettura possa andare nella direzione giusta. In questo momento e con le prossime partite di questo turno di campionato l'Inter rischia di trovarsi al quinto posto, con Juventus e Fiorentina prossime avversarie. E seppur sarebbe inutile provare ad analizzare l'inspiegabile, non ci sarebbe neanche tempo. Martedì si va a Oporto per dare una svolta a questa stagione. Nella speranza che nel frattempo i giocatori capiscano che nel calcio l'obiettivo è segnare un gol in più dell'avversario, non collezionare occasioni come troppe volte è accaduto in questa stagione. Altrimenti stiamo parlando di un altro sport, che in attesa di avere un nome difficilmente diventerebbe comunque disciplina olimpica.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 11 marzo 2023 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
vedi letture
Print