Non è stata una bella settimana per chi abbia l'Inter nel cuore. Milano colorata di rossonero con tanto di pullman scoperto dove si invitavano i Beneamanti a infilarsi la Coppa Italia in quel posto, ha aggiunto rabbia alla delusione per una domenica passata a sperare invano che il Sassuolo opponesse strenua resistenza al Diavolo tentatore. Per quest'anno, niente seconda stella, come invece sognava il popolo bauscia. 19 a 19. Scudetti pari sulle appassionate sponde del Naviglio milanese, anche se dall'altra parte, in un paio di stagioni, i rossoneri hanno prevalso pure in un campionato differente dalla serie A.

Una volta certificata la resa del Napoli, nelle ultime giornate di questo torneo senza respiro abbiamo assistito ad un appassionante derby scudetto che ha visto prevalare l'AC Milan. Meritato? Ha vinto la squadra più forte? Perché l'Inter, in un mese più nero che azzurro, ha dilapidato un vantaggio che sembrava rassicurante? Chi ha sbagliato? Domande che non possono avere risposte univoche e oggettive, di certo chi vince ha quasi sempre ragione e il Milan ha ragione visto che, dopo il netto ko nel derby di Coppa Italia, ha saputo vincere cinque partite consecutive, tra le quali spiccavano trasferte insidiose come quella di Roma contro la Lazio e quella di Verona che questa volta non è stata fatale.

Il Milan ha avuto il grosso merito di sfruttare al massimo il periodo negativo dei nerazzurri e soprattutto la maledetta sconfitta di Bologna. Al Dall'Ara era una finale, da vincere sensa se e senza ma, soprattutto per essere passati in vantaggio dopo pochi minuti scorinando gran calcio. Ma se non raddoppi, ti specchi e non fiuti il pericolo, ecco che fai la frittata con tanto di beffa finale. La sensazione è che il Milan visto nel rush decisivo, quella gara non l'avrebbe persa, anzi l'avrebbe vinta. A spallate, con fortuna, con rimpalli a favore, ma l'avrebbe vinta perché la fame di vittoria, in campionato, alla fine è risultata superiore a quella dell'Inter.

Simone Inzaghi ha meritato tutti gli applausi e i cori a favore che la Curva Nord gli ha sempre riservato, sin dalla prima giornata a San Siro contro il Genoa nello scorso 21 agosto. Con lui in panchina e senza uomini scudetto come Lukaku, Hakimi ed Eriksen, l'Inter ha giocato grandi partite, conquistato due trofei come Supercoppa e Coppa Italia, battendo in finale la Juventus che è sempre cosa buona e giusta. E in Coppa Italia la Beneamata è arrivata all'atto finale superando la Roma di José Mourinho e lo stesso Milan in semifinale. Quattro derby disputati in questa stagione: in campionato un pareggio con rimpianti e una sconfitta maturata nel finale dopo 75 minuti di dominio. In Coppa Italia un pari noisetto e una vittoria netta che ha confermato chi fosse la più forte. Ma alla fine hanno vinto i pù bravi e ci dobbiamo stare. Quanto successo, servirà sicuramente a Inzaghi per migliorare in esperienza e anche cinismo nei momenti caldi della battaglia.

Non va comunque dimenticato come l'Inter abbia anche disputato una Champions League di tutto rispetto, con il raggiungimento degli ottavi di finale, evento questo che non avveniva da una vita e addirittura i nerazzurri sono riusciti ad espugnare Anfield, vincendo contro quel Liverpool che questa sera contenderà il trofeo al Real Madrid nella finale di Parigi. Che sia stata una stagione da protagonisti lo ha sentenziato domenica scorsa il Meazza con l'incitamento continuo nel corso di Inter-Sampdoria anche quando oramai fosse certo lo scudetto rossonero e con il commovente ringraziamento a fine gara, durato una buona mezz'ora con la squadra in lacrime schierata compatta sotto la Curva Nord. E che non si veda l'ora di ricominciare per tentare un nuovo assalto alla seconda stella, lo sta dimostrando l'inizio della campagna abbonamenti con quasi ventimila tessere staccate nel giro di pochi giorni.

L'amore degli interisti per l'Inter è più forte anche di una grande delusione finale acuita dalla gioia sfrenata del rivale cittadino. Ma questo amore per i colori nerazzurri va rispettato e coltivato, anche in regime di ristrettezze finanziare, problema che non riguarda solo l'Inter, ma l'intero calcio italiano. Si va avanti con l'autofinanziamento e con la riceca di parametri zero in grado di fare la differenza senza incidere più tanto sulle casse della società, anche se poi gli ingaggi che reclamano i campioni necessitano di riflessioni accurate e di strategie adeguate. L'Inter da questo punto di vista ha dei numeri uno in società: Giuseppe Marotta, Piero Ausilio e Dario Baccin hanno dimostrato proprio alla fine della scorsa stagione, a scudetto vinto, come siano stati abili a non far crollare il castello dopo la partenza di Antonio Conte, le cessioni forzate di Lukaku ed Hakimi e la dolorosa rinuncia a Christian Eriksen.

Suning continua nel mantenimento del club chiedendo sostenibilità, che equivale ad un attivo di mercato anche quest'anno, si parla di almeno sessanta milioni. Nello stesso tempo il presidente Steven Zhang, sempre più coinvolto dalla passione per l'Inter, promette una squadra che sarà in grado li lottare per vincere. Non per piazzarsi, ma per vincere. Sarà possibile far convivere le necessità di cassa e quindi il probabile sacrificio di almeno un big, con la voglia di rimanere ai vertici come la gente nerazzurra meriti? Questa è la missione da portare a termine, al netto dei nomi più o meno suggestivi in entrata e uscita che gli esperti di mercato stanno scorinando in questi giorni. Chi vivrà, vedrà. Purtroppo, senza seconda stella sul petto.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 28 maggio 2022 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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