"Ah, la tauromachia!", esclamava qualche anno fa Luigi Guastardo della Radica!, alias l'insuperabile Fabio De Luigi, in collegamento con la Gialappa's Band. Probabilmente non il personaggio più noto nel ricco arsenale del noto attore-conduttore-cabarettista tifoso nerazzurro, ma che di certo i meno giovani ricorderanno con piacere. Tratto da Wikipedia, per chi non ne fosse a conoscenza, "La tauromachia è uno spettacolo diffuso, specie in tempi antichi, nel mondo mediterraneo. Consiste in un combattimento di bovini tra loro, di uomini contro bovini o di bovini contro altri animali". Ebbene, storpiando il tormentone di Guastardo, senza che nessuno si offenda, oggi potremmo dire in coro "Ah, Lautaromachia!". Perché il Toro Martinez, nella prima amichevole ufficiale della nuova stagione, si è presentato tirato a lucido, con la faccia cattiva di chi vuole mandare subito segnali, di chi vuol chiarire senza troppi giri di parole le proprie intenzioni.
Contro il Lugano, archiviato l'allenamento congiunto con la FC Milanese (doppietta), l'argentino è stato autentico punto di riferimento dell'attacco nerazzurro. Ha combattuto contro tutto e tutti (esatto, la tauromachia), senza indietreggiare di un millimetro. Ha partecipato al gioco, si è infilato negli spazi e dettato la profondità. Ha dialogato come ai vecchi tempi con Romelu Lukaku, riprendendo quel discorso che, all'epoca lo ignoravamo, non era stato interrotto ma solo messo in pausa. Riecco la LuLa. Ma non sarà la stessa che ha sollevato la coppa dello Scudetto. Qualcosa è cambiato, perché se da una parte Big Rom deve dimostrare di poter fare laa differenza anche senza il forcone di Antonio Conte e Antonio Pintus puntati verso il suo deretano a mo' di stimolo, dall'altra Lautaro ha un bagaglio di esperienza migliore rispetto a due anni fa. Nell'ultima stagione infatti è stato il leader indiscusso dell'attacco nerazzurro, ha spesso dovuto prendere da solo per mano la squadra e nel mentre ha alzato quattro trofei (Copa America, Supercoppa italiana, Coppa Italia e quella strana roba organizzata contro l'Italia per diventare campioni dell'universo). Insomma, l'evoluzione è in atto.
Il rinnovo di qualche mese fa ha legato ulteriormente il Toro al nerazzurro, le parole di Beppe Marotta che ne hanno escluso a priori l'addio lo hanno blindato ulteriormente, quelle dell'agente Alejandro Camano lo hanno incatenato a Milano. La doppietta di ieri contro il Lugano è il manifesto della sua crescita: mentre Lukaku sta cercando di recuperare i precedenti codici imparando gli aggiornamenti applicati da Simone Inzaghi, è Lautaro a guidare il gruppone assistendo l'amico e indicando la via a compagni vecchi e nuovi. Il ritorno del belga è sicuramente un segnale importante da parte della società oltre che un regalo personale per l'argentino, che per esprimersi al meglio ha bisogno di dialogare con qualcuno. Gli one men show sono altrove, stiamo parlando di un altro tipo di attaccante più inserito nel contesto di gioco. E se davvero gli si volesse fare un altro regalo per renderlo ancora più convinto delle proprie qualità, esaltandole, Marotta saprebbe cosa fare.
Al di là dei sensazionalismi, dei grandi ritorni, dei colpi di mercato e del sano ottimismo, la sensazione è che questa non sarà l'Inter della LuLa, bensì l'Inter di Lautaro Martinez. Pronto a tuffarsi nella lotta, a combattere, a proteggere e guidare i compagni, a mostrare la faccia cattiva.
Ah, Lautaromachia!
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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