Eder parla alla Gazzetta dello Sport in qualità di doppio ex della sfida di oggi al Castellani e ricorda il momento esatto in cui nacque l'Inter attuale. "Successe l’anno scorso, dopo il pari col Crotone. Riunione nello spogliatoio, occhi dentro gli occhi, tutti: “Noi dobbiamo andare in Champions. Dobbiamo”. Per la prima volta in due anni e mezzo vidi gente che voleva fortemente una cosa, che si diceva le cose in faccia: vidi un insieme, non dei singoli. Quel gruppo c’è ancora, mi raccontano quelli che continuo a sentire: Handanovic, D’Ambrosio, Miranda. Mi racconta soprattutto Joao Mario, che anche quando non giocava mi scriveva: “Sto bene, prima o poi giocherò”. Gioca eccome, ora".

Eder, lei quel gruppo l’ha lasciato e nelle sue parole non c’è traccia di pentimento.
"In questa Inter forse avrei avuto più spazio anche se è arrivato Lautaro, in Italia potrei ancora giocare in diverse squadre. Però dopo 12 anni ho avuto l’opportunità di conoscere un altro calcio e un altro mondo, e ho avuto voglia di farlo".

Undici gol e 7 assist in 16 gare con lo Jiangsu, ma la Champions solo accarezzata.
"Nel prossimo campionato non potremo accarezzarla e basta: lo Jiangsu, fatte le proporzioni, non ha nulla di meno dell’Inter, a partire dagli impianti, dunque per Suning quello è l’obiettivo minimo. E Zhang si sente tanto, anche se si vede poco. Io due volte: mi volle a cena a casa sua appena arrivato allo Jiangsu e poi venne al campo per parlare alla squadra dopo il caso Ramires, che per andare al Benfica non si era presentato agli allenamenti. “Io qui voglio solo gente seria, che tiene al nostro progetto. E da domani Ramires se vuole si allena con la squadra B”. Loro sono così".

Loro sono così, e poi?
"Visto da dentro, si ha più netta la sensazione dell’impero che è Suning. E hanno tutto per portare l’Inter all’altezza di quell’impero: è diventato un affare di famiglia, non in senso economico, e per loro la famiglia è tutto. Quando comprarono l’Inter dissero cose precise: sono esattamente quelle che stanno facendo. Hanno parlato di crescita: non hanno promesso scudetto e Champions subito, o di far arrivare Messi".

Prego?
"Guardi: Suning se vuole può sognare e far sognare chiunque e qualunque cosa, nel calcio. Anche Messi, sì: la questione fiscale è importante per chi gioca in Spagna e se Ronaldo è venuto alla Juve...".

Intanto fermare la corsa della Juve si è rivelato un sogno.
"Oggi per l’Inter vincere lo scudetto è riconfermarsi in Champions: quest’anno e per i prossimi anni. E poi, col Napoli, dare fastidio alla Juve il più possibile: così ti prepari a vincere".

Magari provando a vincere l’Europa League?
"Perché no. Brutta botta l’eliminazione dalla Champions, ma la vittoria di mercoledì dimostra che questa squadra ha sempre voglia di rialzare la testa. Il Napoli è forte e poi ha Ancelotti, uno che avrei voluto come allenatore. In Nazionale dividevo la camera con Thiago Motta: quando mi parlava di lui, gli brillavano gli occhi".

Gira e rigira, spesso se l’Inter fa bene dipende da Icardi: uno con cui lei avrebbe voluto giocare di più.
"Mauro ha due grandi qualità: se non segna se ne frega delle critiche e non ha mai l’ansia che non gli arrivi la palla giusta, perché sa che l’ultima palla, quella giusta, sarà sua. Era così già quando giocò la sua prima gara italiana, Juve Stabia-Samp: si alzò dalla panchina per andare a segnare".

Sezione: Copertina / Data: Sab 29 dicembre 2018 alle 09:05 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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