No, Bayer-Inter non poteva essere una sfilata di moda 'underground' sulla passerella invitta della BayArena. Giusto per una mera questione di assonanze fra la parola 'chic' ed il nome della punta centrale delle Aspirine, il ceco Schick, rimasto peraltro in panchina (scritto, appunto, in maniera diversa: un po' come quel John Coffey de "Il miglio verde"...). Dunque in contrasto 'stilistico' con il risultato di un gioco di combinazioni nerazzurre fra le iniziali 'operaie' dei cognomi delle 2 punte titolari: Thu(ram)+Ta(remi) = ThuTa. Nemmeno gli osservatori più distratti avrebbero potuto confondersi sull'impronta di cotanto defilé. Riconoscendo in Leverkusen-Inter 'solo' una gara della 6a giornata della nuova Champions League con in palio - specie per parte nerazzurra - il bonus del (molto probabile) accesso diretto agli ottavi di finale di quella competizione. E, con di mezzo delle Aspirine, era poi naturale che i 3 punti della vittoria si potessero configurare come un premio di esenzione dal ticket para-sanitario del doppio playoff...
Fatto sta che nell'immediata vigilia della sfida europea, a tenere banco era stata, invece, una saga pallonara tutta italica, quella con protagonisti almeno 2 ragionieri improvvisati... Costoro non la smettevano più di dibattere - con certi loro conteggi noiosi - su quanto fosse ampia la rosa nerazzurra. E se Conte aveva blaterato, invidioso, di "2 squadre e tre quarti", gli aveva più di recente fatto eco il più pudico Klinsmann, la cui stima 'si era fermata, invece, ad "almeno due".
Ma poi si era andati finalmente in campo ed è successo che l'esito beffardo della sfida della BayArena ha finito col far perdere lucidità anche al condottiero sulla tolda della nave nerazzurra. Lo stesso Vs. Mattia Zangari l'ha sottolineato nel suo ultimo editoriale argomentando che "l'andamento della partita (...) ha sempre visto il Leverkusen condurre le danze, al contrario dell'analisi offerta dal Demone dopo il match (ha parlato di ’partita in controllo’)". Tentare poi di autoassolversi - come avrebbe fatto Simone Inzaghi, sempre nel post gara, non può mai essere cosa buona e giusta. Se l'ha fatto, è perché il tecnico piacentino è uno di quei pochi che si assume sempre le proprie responsabilità per le scelte di chi mandare in campo, ma soprattutto uno di quelli che assorbe su di sé anche le colpe di chi potrebbe aver magari disatteso precisi ordini di scuderia. Altri colleghi, per dire, in contesti differenti, si sono invece permessi di dileggiare certi loro stessi giocatori solo perché provenienti da realtà di provincia (tanto per non far nomi: i nerazzurri Barella e Sensi, all'epoca ingaggiati rispettivamente, dal Cagliari e dal Sassuolo). Oppure gli stessi allenatori si sono abbandonati a turnover smodati - rimettendoci subito l'osso della Coppa Italia, mica del collo... - per poi fare retromarcia in campionato ed ottenerne lo stesso risultato avverso. Senza, però, che i cosiddetti giornaloni abbiano avuto sto granché da eccepire...
Tornando a Simone, per l'utenza nerazzurra non è stato affatto piacevole sentirlo dichiarare ad Inter TV - e per ben 3 volte - che si incontrava "un avversario di qualità": come se i nerazzurri ne avessero in dotazione di meno. Anzi, i 3 titolarissimi (Dimarco, Barella e Lautaro) inseriti nel 2° tempo sono riusciti a fare, se non peggio, di sicuro non meglio dei rispettivi colleghi in campo dal 1° minuto (Carlos Augusto, Frattesi e Thuram). Un'Inter apparsa troppo rinunciataria stride clamorosamente con la bellezza degli spartiti abitualmente dettati da Inzaghi ai suoi orchestrali e finora quasi sempre magnificamente eseguiti: specie in campionato.
Ecco allora che solo su questo punto - "(...) se si vuole tornare a vincere, continuità e stabilità sono le basi" - verrebbe da dar ragione (postuma) alla 'visione' del despota salentino. A prescindere dai perimetri di esibizione - non importa quindi se peninsulari od oltralpe - l'utenza nerazzurra è stata abituata fin troppo bene con cifre di gioco mai viste prima: almeno da 3 anni e mezzo a questa parte, ossia dall'avvento del Demone di Piacenza. Risulterebbe quindi impossibile nonché controproducente anche solo immaginare di esercitare ora - ben prima del mezzo guado stagionale - un qualche insulso diritto di recesso o abiura...
E se - giusto a proposito di avvento - i nerazzurri sarebbero potuti essere quelli che riuscivano a vincere il settimo derby meneghino di fila ed invece, di "avventisti", rimarranno (per il momento), solo quelli del 7° giorno, sulla stessa falsariga se ne faranno una ragione per non essere riusciti, per primi, a mantenere la porta inviolata nelle 6 gare iniziali della Champions. D'altronde faceva parte dell'ordine artificiale delle cose (trattandosi di Aspirine...) che le stesse potessero far ingoiare ai nerazzurri - anche se solo all'ultimo - la loro pillola amara con tale imperio e sfrontatezza. In perfetta antitesi all'esortazione bonaria di un noto brano del 1957 di Renato Carosone: "Pigliate 'na pastiglia/sient'a mme!".
Orlando Pan
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