Sono ormai decenni che la religione cattolica non è più culto di stato. E ci mancherebbe! Sin da quando germogliò il credo liberale di un certo Camillo nativo di Cavour - col famoso principio di 'libera Chiesa in libero Stato" - esprimendo "la convinzione che la piena separazione del potere temporale (oggi politico, nda) e di quello religioso fossero indispensabili per il progresso civile" (cit.). E fu così che ogni appassionato di sport, in primis i calciofili - appena l'incedere della storia lo rese possibile... - ci si buttò a capofitto coniando, però, il suo personale principio di "libero tifo in libero stadio". A parte le solite curve che sono "zone franche" per definizione... Eppure è facilmente riscontrabile come in questa strana penisola - nonostante gli scandali ricorrenti e tutte le altre sue traversie - il calcio continui ad essere venerato alla stregua di una religione nazionale. Dunque, altro che separazione dei 2 poteri... Col tempo, la "liturgia" pallonara è diventata infatti una sorta di commistione tra sacro e profano o, meglio, una trasfigurazione laica di un rito festivo con una porta al posto dell'altare, col dischetto del rigore invece del confessionale (nel senso di luogo di espiazione o redenzione...), ecc.. Insomma, quasi un'"eucarestia" per la quale - con la speranza che gli osservanti mi perdonino questa appropriazione indebita - solo lo spezzatino televisivo poteva permettersi una licenza maldigerita. Quella di farne consumare il rito differendolo ad un giorno spesso diverso dalla canonica domenica. Dev'essere stato allora per questo - ricalcando, per esempio, il credo della chiesa avventista - che i nerazzurri hanno ritenuto di doversi RIPOSARE alla settima stracittadina, ossia "giusto" dopo i 6 derby consecutivi della creazione di quel mito di ingiocabilità...
Chiedo scusa a tutti gli eventuali lettori per questa barbossa introduzione "storiografica" del derby after. Ma si doveva pure trovare un modo originale per (tentare di) sbollire una rabbia senza pari... Ecco, appunto: magari fosse uscito anche solo un pareggio!
La stracittadina milanese si configurava infatti come un'occasione più che propizia per fare strame - in un colpo solo - delle ambizioni di classifica rossonere e della credibilità residua di uno scavezzacollo sceso apposta dalla Scandinavia. Con tale soggetto fattosi convinto che governare una società calcistica fosse come affrontare un incontro di taekwondo, quell'arte marziale (coreana) dei calci e dei pugni della quale costui risulta praticante. E adesso fiato alle trombe dei biografi di Zlatan da Malmoe (in vita) - quelli di stanza a Cologno Monzese e nei siti tematici affini - che ora potranno forse scriverne un nuovo appassionante capitolo. Raccontando in particolare la contumelia giornalistica che un tal esito del derby sia stato quasi tutto merito di Ibra, per giunta ottenuto con la sola imposizione delle mani... E l'efficacia delle "flatulenze" dispensate a iosa nella sua ultima conferenza stampa non ce le vogliamo mettere? Citazione, invece, al minimo sindacale per il vero vincitore di questa stracittadina, il "povero" tecnico Fonseca che ora dovrà forse stracciare qualche ricco contratto pubblicitario. "Giusto" perché - col cognome che si ritrova ed essendo probabilmente condannato, fino alla vigilia, a grama vita domestica, dunque pantofolaia - il tecnico rossonero sembrava fatto apposta per diventare il testimonial più credibile delle ciabatte (De) Fonseca... Andati dunque di traverso certi sfottò preconfezionati, mi piace allora pensare che anche in certi consessi insospettabili la sconfitta dei nerazzurri abbia destato parecchio scalpore. Tipo presso la rinomata Accademia della Crusca, all'interno della quale alcuni "fini dicitori" di simpatie interiste potrebbero aver sbottato: "Ma come ca**o è potuto succedere?" Nient'altro che la fedele replica di cosa dichiarò il noto documentarista USA Michael Moore nel 2017, all'indomani dell'elezione a presidente di Donald Trump "al posto" della premiata dai sondaggi Hillary Clinton.
Rifuggendo, però, dall'analisi delle possibili cause di questo inaspettato rovescio casalingo dei nerazzurri - "delegate" volentieri ad altri e facendo finta che non fossero mai transitati da Genova e Monza - si preferisce piuttosto cercare altrove validi motivi di conforto e consolazione. Tipo, in primis, nelle tribolazioni patite dai più recenti compagni di avventura europea del Manchester City che hanno dovuto attendere il 98.mo della sfida al vertice contro l'Arsenal per incamerare almeno un punto, pur avendo giocato l'intera 2a frazione in superiorità numerica. Oppure si potrebbe ricorrere all'olio lenitivo della classifica corta della Serie A, con le 5 rivali che precedono i nerazzurri raccolte tutte nello spazio di appena 3 punti (che poi diventerebbero 9 nel totale dei distacchi). Od ancora potrebbe risultare ottimo genere di sostentamento la consultazione del calendario, sulla carta favorevole. Coi nerazzurri prima in trasferta ad Udine il prossimo sabato, in una settimana libera da altri impegni. Mentre, invece, i friulani dovranno disputare mercoledì anche il 2.do turno di Coppa Italia. E poi per l'Inter ci sarà la gara interna contro gli attuali capolista granata. Una coppia di sfide che dovrebbero contribuire ad accorciare ulteriormente la classifica. Sempreché la gara intermedia della 2a giornata di CL NON riuscisse a certificare che 2 stelle brillino sicuramente di più di una sola e per giunta rossa...
E pensare che "per colpa" del Barella in gran spolvero a Manchester - e sperabilmente decisivo nel derby - lo scrivente aveva già pronta una bozza ad hoc da dedicargli, mutuata da una certa pubblicità che, a dispetto delle dicerie, non sempre è ingannevole. Che poi non si pensi che solo lo Chef di Piacenza, alias il "demone", sia propenso a cucinare dei piatti appetitosi. Nel suo piccolo ci si cimenta, modestamente, ma spassionatamente, pure certa utenza tifosa e scribacchina...
Fatto sta che su Barella mi era venuto in mente il claim (niente più che il vecchio slogan) di uno spot pubblicitario - datato di 15 anni - relativo ad una nota marca svizzera di cronografi da polso che recitava così: "Toglietemi tutto, ma non il mio Breil'". E dove fantasia e memoria si sarebbero dovute fermare, ecco giungere idealmente in soccorso le bancarelle fuori San Siro, dove si può davvero comprare di tutto. Anche quel paio di vocali ed una consonante per trasformare una marca elvetica in un marchio (di fabbrica) sardo-nerazzurro. Cosicché, da B(a)REIL(la) a BARELLA sarebbe stata l'ovvia risoluzione (con licenza poetica...) di un gioco enigmistico. Senza per forza partecipare a qualche stantìo quiz televisivo...
Era successo per davvero che - a seguito di quel gravoso impegno europeo accennato prima - l'("orologio") INTER fosse stata privata di un giorno di riposo (rispetto ai rivali rossoneri) e del primo allenamento post-rientro per l'imprevisto pernottamento inglese.
Vabbé, quella bozza tornerà forse utile per un'altra volta, magari in coda ad un altro filotto di derby vinti. Si tratterà solo di aspettare che certi miasmi della legge dei grandi numeri si disperdano nell'aria e di accertare se altri partitoni di Barella capiteranno anche dopo scongiurabili "privazioni"...
Orlando Pan
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