"Platini? Lui ha una visione troppo ristretta, è stato solo ju­ventino. Spero abbia usato l’ironia, visto che ha det­to di non aver visto la partita. Ma da presidente Uefa non è stato opportuno parlarne". Morgan De Sanctis, portiere giallorosso, non le manda a dire nemmeno al presidente dell'Uefa e commenta così le polemiche scaturite da Juventus-Roma, allargando il discorso per quello che è un vero e proprio attacco al club bianconero. "Bisogna saper perdere, ma si fa fatica ad accettare certe decisioni perché si ha la sensazione di non giocare ad armi pari. Come la Supercoppa persa con la Juve a Pechino nel 2012? È l’amarezza più grande della carriera (De Sanctis giocava nel Napoli, ndr). Anche quella una pagina non bella del calcio italiano. Ma fu sbagliato subire la scelta di De Laurentiis e non presentarci alla premiazione".

Direbbe Buffon: bisogna anche saper perdere.
"Come dicono a Torino? “Vincere non è importante: è l’unica cosa che con­ta”. Dovrebbero aggiungere: “E non ci interessa tan­to come”. Non parlo di furti, intendo dire che do­vrebbero ammettere di essere stati fortunati e non trincerarsi dietro la tesi dell’accerchiamento. Io a Gigi posso insegnare come si perde; un giorno però spero di potergli insegnare anche come si vin­ce".

Non faccia il santo: lei era nella Juve del 1997-98 che vinse il campionato di Ronaldo e del rigore negato: che cosa pensava in quei giorni? 
"Che la sudditanza psicologica esiste. Nel­l’Udinese devi accettare cose che non sempre si verificano ma non ti sorprendono. Con Napoli e Roma si verificano meno. Sulla Juve occorre fare una valutazione generale: tutto quello che ha vinto nel calcio italiano non è proporzionale a quello che ha vinto all’estero. Ed è un qualcosa che fa riflettere…".  

Anche lei mette gli arbitri nel mirino?
"Premesso che, con le giuste limitazioni, so­no favorevole all’introduzione della moviola in campo, credo che il ruolo dell’arbitro sia il più difficile. Prima di Calciopoli la classe arbitrale era poco libera nei fatti, l’attuale invece è libera e bisogna concedere loro l’errore. Non c’è disonestà intellettuale, ma purtroppo il si­stema italiano si muove con leggi non scritte in cui il potente ha sempre ragione e gli si può concedere tutto".

Parla anche della pressione che si respi­ra allo Juventus Stadium?
"L’arbitro arriva lì con 5 assistenti, non ne ha bisogno di altri cinque. Ho ancora nella memoria i flash dopo il primo rigore per il mani di Maicon e dopo il gol di Totti: è as­surdo che 4­5 juventini debbano andare a protestare da Rocchi, che è bravissimo. E’ una situazione studiata che usano nei momenti d’indecisione".

Sezione: News / Data: Gio 16 ottobre 2014 alle 09:24 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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