“Non mi far vedere, che tortura! Che tortura questa campagna elettorale, speriamo che finisca presto. D'Alema reagisci, rispondi, dì qualcosa, reagisci. E dai, dai, rispondi, D'Alema, dì qualcosa, reagisci, dai, dì qualcosa, D'Alema, rispondi, non ti far mettere in mezzo sulla giustizia proprio da Berlusconi: D'Alema, dì una cosa di sinistra! Dì anche una cosa anche non di sinistra, di civiltà! D'Alema, dì una cosa, dì qualcosa, reagisci!”.
Sono anni, ormai, che i cosiddetti salotti calcistici post-gara dell'Inter mi fanno venire in mente questo memorabile passaggio di Nanni Moretti tratto dal film 'Aprile'. In un Paese in cui tutti si lamentano anche quando non sanno bene il perché, tanto per il gusto di farlo e per programmare eventuali occhi di riguardo nell'immediato futuro, il club nerazzurro continua a essere ostaggio di personaggi più o meno discutibili, sia sotto l'aspetto della competenza che sotto quello dell'integrità morale.
Assistere a interviste e conferenze stampa in cui chiunque facente parte della società nerazzurra viene messo sotto e non in grado di rispondere a tono anche quando la ragione è al 100% dalla sua parte è un qualcosa di frustrante. E alla lunga stanca. Perché lo stile non si rinnega, ma ogni tanto zittire le malelingue darebbe almeno una soddisfazione momentanea. Mi vengono in mente, tralasciando le battaglie di Mourinho, i duelli dialettici vinti a suo tempo da Mancini o Crespo.
L'ultimo esempio arriva direttamente da Torino-Inter. Discutibile il rigore (dal replay frontale si percepisce chiaramente il tocco di Handanovic sul pallone prima di entrare in collisione con Cerci), inesistente il cartellino rosso. Eppure, anche a mente fredda, il 99% di protagonisti del campo e degli addetti ai lavori si è congratulato con l'arbitro Doveri e l'addizionale Bergonzi. Delle due, l'una: o si ricorra a una visita oculistica urgente oppure si cambi mestiere.
Troppo duro? Se dire le cose come stanno vuol dire essere troppo duri allora sì: sono troppo duro. L'Inter aveva già pagato dazio con la Roma, gara spaccata in due da un fallo fuori area giudicato dentro. Senza dimenticare che il rigidissimo Tagliavento, portato ad esempio per anni su come non si debba guardare in faccia a nessuno (ricordate i rossi a Samuel e Cordoba in Inter-Samp del 2010?), nella stessa sfida non era stato altrettanto aderente al regolamento quando si dimenticava di estrarre il secondo giallo verso Pjanic, reo di aver allontanato il pallone a gioco fermo mentre Cambiasso voleva battere veloce per prendere in contropiede i giallorossi (era ancora il primo tempo).
Mazzarri, che negli anni si è sempre distinto nelle polemiche arbitrali (anche quando la ragione no nera totalmente dalla sua), adesso si rifugia nel silenzio e manda a parlare Marco Branca. Ma tra le tante doti che riconosciamo al direttore tecnico (checché se ne dica), ci spiace ma non troviamo quella dell'eloquenza accattivante. Almeno, non quella che si esige davanti alle telecamere in un mondo ultra-mediatico come quello del pallone nostrano. E così quella voglia genuina di mettere i puntini sulle 'i' si è trasformata in un mezzo autogol: reprimenda poco incisiva quella di Branca e quasi dannosa.
Eppure, i numeri sono lì, li ha raccolti Football Data: considerando le ultime 46 giornate di campionato (le 38 dell’anno scorso e le prime 8 dell’attuale), le due squadre – tra le 17 sempre presenti in serie A nel periodo preso in esame – che hanno, come saldo positivo, la maggior differenza tra rigori assegnati a favore e contro sono Milan e Napoli, con un +7 per entrambe. A ruota Juventus e Roma con +6, la Fiorentina ha +5. Tra le grandi l’unica decisamente più penalizzata è l’Inter, che è addirittura con un saldo passivo di –5: 5 a favore contro 10 fischiati a sfavore; in specifico nel campionato 2013/14 è già a –3, seconda peggior squadra trattata dopo il Parma, con –5. In pratica il differenziale tra Milan e Napoli da un lato e Inter dall’altro è di 12 rigori di differenza tra pro e contro, dal +7 di rossoneri e partenopei al –5 nerazzurro.
Altri, al posto dei nerazzurri, avrebbero inscenato un teatro allucinante già dopo la partita con la Roma. E qui parliamo di anni di decisioni controverse, non di due o tre partite. Figurarsi dopo un'espulsione incredibile al 5' del primo tempo, quando due delle dirette concorrenti avevano già perso e tu potevi rosicchiare tre punti di platino. Invece, colpevolmente, ci si è limitati all'invettiva poco decisa di un dirigente e alle parole di Moratti ancora troppo morbide. “D'Alema, dì una cosa, dì qualcosa, reagisci!”. Reagisci.
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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