La quiete dopo la tempesta. Inutile nascondersi, la sconfitta contro il Siena era stata una stoccata dura da digerire. In questi casi, c'è da tirarsi su cucendo le bocche e lavorando. La cultura del lavoro è una colonna del bagaglio di Andrea Stramaccioni, uno che nella sua cassetta degli attrezzi aveva da tempo predisposto il lavoro su un nuovo modulo. Col Siena l'ultimo appello, poi la rivoluzione. A Verona, ieri sera, un'Inter inedita disposta in campo con un 3-5-2 (o 3-5-1-1, con Sneijder). Non brillante, mai particolarmente esaltante, ma sicuramente ben messa e ordinatamente operaia. Un'Inter tosta, concreta, pragmatica. Il primo sprazzo di una rivoluzione che - sia chiaro - è solo all'inizio.

Con questo sistema tattico, il cambiamento è effettivamente netto in tutto quello che concerne il comportamento in campo della squadra. Il discorso è valido per qualsiasi reparto, a partire dalla difesa. Stramaccioni ha scelto di andare avanti con le sue idee contro l'ordinato Chievo di Di Carlo nonostante abbia perso Chivu proprio sul più bello. Una pedina fondamentale per la struttura di difesa a tre a cui sta lavorando l'allenatore romano. Due difensori di rottura, Ranocchia e Juan con Samuel e Silvestre pronti, e un centrale di impostazione, ovvero Chivu. Samuel ieri sera è andato più volte in difficoltà, proprio perché la difesa a tre che ha in mente Stramaccioni prevede un giocatore che imposti. Non certo una caratteristica tecnica tra le migliori di un marcatore puro come l'argentino. Ma in prospettiva, per le prossime gare, l'impostazione della difesa sarà quindi proprio con Chivu a costruire e Ranocchia e Juan a garantire copertura.

In mediana, una cerniera a tre in cui è decisamente importante l'interpretazione dei singoli centrali. Innanzitutto, il fattore corsa è semplicemente fondamentale per sostenere questo impianto di gioco. Guarin è basilare, Gargano lo diventerà molto presto. Zanetti è perfetto come elemento di raccordo adattabile anche da laterale destro. Mudingayi e Obi sono due pedine preziosissime per interdizione e corsa, specialmente il nigeriano. Poi c'è la mente, ovvero il Cambiasso della situazione: decisamente sofferente se lasciato in inferiorità numerica in mezzo, a suo agio se invece affiancato da chi corre e aiuta la squadra. L'azione parte quindi dal centrale difensivo, ovvero Chivu, e può passare dai piedi di un centrocampista come Cambiasso. Fondamentali sono quindi gli inserimenti dei centrocampisti, su tutti Guarin. Questo è quello che chiede Stramaccioni, per una copertura completa del campo che a Verona si è vista a tratti. C'è ancora tanto da lavorare.

Si passa quindi ancora agli esterni, i due ruoli cardine per poter sostenere la struttura di un 3-5-2. I due laterali hanno prerogative decisamente chiare: correre, inserirsi, rinculare. Per la corsia mancina c'è Alvaro Pereira: elemento di corsa, quantità e straordinaria abilità nell'inserirsi, è praticamente perfetto. Da sgrezzare sulla fase difensiva, decisamente la più carente nelle sue qualità, ma il Palito si sta adattando e con questo modulo si trova assolutamente a suo agio. Diamogli tempo prima di giudicarlo, da quando è arrivato ha giocato praticamente ovunque e senza mai sfigurare. A destra, il prezioso contributo di Yuto Nagatomo in fase offensiva e in fase di corsa fa sempre comodo. Serve da parte sua maggiore attenzione alla fase di copertura, per questo si pone nuovamente come basilare il centrocampo di corsa che aiuti i due esterni anche in chiusura. All'occorrenza, anche Zanetti e Jonathan possono essere uomini adatti a questo 3-5-2.

Per l'attacco, Stramaccioni ha un'idea ben precisa: la punta centrale, ovvero Milito; e l'altro attaccante che gli ronza attorno, facendo da collante con la mediana e aiutando sempre con il sacrificio anche nella fase di mera manovra. Cassano ha dimostrato di saperlo fare e di saper anche incidere quando serve, Wesley Sneijder se disciplinato tatticamente (meno uomo ovunque pur di gestire la palla, più regolare in quel che gli viene chiesto) è assolutamente ideale. Troppo rischioso pensare a lui come ad Alvarez nei tre di centrocampo, un'eventualità estrema. Proprio Ricky fa parte delle altre frecce nell'arco di Stramaccioni, con l'imprevedibilità di un Coutinho e quel Rodrigo Palacio che sta rientrando. L'argentino è manna dal cielo per questo tipo di gioco, con il Principe può formare una coppia formidabile nell'ottica di un 3-5-2.

Insomma, a Verona abbiamo visto solo i primissimi passi di una rivoluzione tattica a cui Stramaccioni lavorava da diverse settimane. C'è ancora tantissimo da fare, l'Inter non era un gruppo di brocchi domenica e non è una squadra dai meccanismi perfetti adesso. Bisogna credere in questo nuovo impianto tattico. Il 3-5-2 è effettivamente ideale per le caratteristiche degli uomini e per garantire l'equilibrio giusto in campo. Quel che conta è che sia sempre rodato alla perfezione, altrimenti può rappresentare un'arma a doppio taglio decisamente pericolosa. Ma con questi interpreti e con l'idea di Stramaccioni si può andare avanti. Per un'Inter più operaia, più concreta e magari meno spettacolare (sulla carta, s'intende). Bisogna ancora migliorare tanto. Sta nascendo una rivoluzione, che se ben orchestrata può dare i suoi frutti. La strada iniziale è quella giusta, ce n'è ancora tantissima da fare. Con il coltello fra i denti. Perché sia una rivoluzione illuminata, come la definivamo domenica scorsa, e non un evento isolato. In sostanza: non si gridi ancora alla soluzione, perché la rivoluzione è ancora work in progress.

Sezione: In Primo Piano / Data: Gio 27 settembre 2012 alle 14:30
Autore: Fabrizio Romano / Twitter: @FabRomano21
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