Chi si aspettava una serata tranquilla per l'Inter contro il Sassuolo, oltre a ignorare le statistiche evidentemente non ha ancora capito quello che, nel bene e nel male, questa squadra sa dare. I nerazzurri, per la prima volta con la nuova terza maglia, introdotta da uno spettacolo di luci prima della partita, superano i neroverdi per 2-1 e finalmente possono cancellare quel senso di inferiorità nelle gare disputate al Meazza contro gli emiliani.
Clima un po' da sala cinematografica, più che il tifo si sente il brusio del pubblico presente e allora Carlos Augusto decide di dare una svegliata all'ambiente con uno slalom molto brasiliano che solo un bel riflesso di Arijanet Muric riesce a bloccare. Una scossa elettrica che invita i padroni di casa a salire con convinzione e, dopo un tiro in corsa alto di Pio Esposito, ecco il gol di Federico Dimarco, che al 13' conclude con un comodo piatto sinistro l'inno alla verticalità tanto auspicata da Cristian Chivu: Esposito lotta, Nicolò Barella irrompe, Petar Sucic ricama con flemma da scacchista e il gioco è fatto. La partita assume rapidamente dei contorni chiari: Inter pronta ad attaccare gli spazi appoggiandosi alle punte, Sassuolo propenso a scavalcare il centrocampo con il lancio lungo, salvo poi attaccare rapidamente palla a terra quando recupera palla in mediana. I padroni di casa creano potenziali situazioni da gol ma non danno mai l'idea di essere in controllo e inevitabilmente al 19' appare sulla scena lo spauracchio Mimmo Berardi: finta a sinistra, pallone sul destro e rasoiata che si spegne sul fondo accompagnata dal sospiro di sollievo del pubblico. Gli ospiti non rinunciano mai ad attaccare (Armand Laurienté è ispirato) ma al contempo rischiano molto dietro: Hakan Calhanoglu, Marcus Thuram ed Esposito calciano da zone a loro congeniali ma non riescono mai a inquadrare la porta di Muric. Soprattutto nell'ultima circostanza, il canterano si esibisce nella sua giocata: riceve in area, difende il pallone ma spara alto con il sinistro mentre tutto il pubblico rimane con il fiato sospeso in attesa dell'evento con la 'E' maiuscola. Quando Marinelli manda le due squadre negli spogliatoi permane la sensazione che l'1-0 sia stretto ai nerazzurri ma che al contempo i neroverdi siano assolutamente in partita.
La ripresa inizia con lo stesso clima ovattato e il silenzio viene spezzato per urlare a Barella di tirare in porta in piena area di rigore: consiglio non raccolto, occasione sfumata. La sensazione è che i nerazzurri abbiano un unico obiettivo al rientro dagli spogliatoi: raddoppiare per scongiurare brutte sosprese. Come quella che in contropiede prova a regalarsi Laurienté, che fa tutto bene tranne calciare in porta: centrale, tra le braccia dell'altro Martinez, Pepo. Tra le braccia dei tifosi ci vorrebbe finire Pio, che prima manda alto un siluro mancino, poi tenta la giocata della vita in acrobazia, trovando Muric a murarlo (nomen omen...). In mezzo, il volo di Martinez che nega ad Andrea Pinamonti il gol dell'ex di testa. Nel frattempo Chivu decide di cambiare: fuori Thuram, Denzel Dumfries e Calhanoglu, dentro Lautaro Martinez, Luis Henrique (toh, chi si vede) e Davide Frattesi. Fabio Grosso risponde al collega: dentro Cristian Volpato, Alieu Fadera e Kristian Thorstvedt al posto di Laurienté, Ismael Koné e Aster Vranckx per un Sassuolo a trazione maggiormente anteriore. La partita di Esposito finisce a un quarto d'ora dalla fine e per lui sono solo applausi scroscianti, gli stessi che da ex canterano avrebbe voluto Pinamonti, uscito contemporaneamente in favore di Walid Cheddira. A proposito di applausi, se li merita tutti il migliore in campo, Carlos Augusto: dopo aver sbattuto contro Muric, non demorde e ci riprova, trovando dopo un dribbling secco deviazione e angolino per il raddoppio nerazzurro. Dimarco nel primo tempo, Carlos nel secondo: doppio tiro mancino. Finita? Macché: Cheddira sfrutta una visione di Berardi e dimezza lo svantaggio regalandosi un finale all'arrembaggio, smorzato dal lungo check prima di annullare per fuorigioco la rete di Frattesi. Negarsi il pathos in una partita del genere non sarebbe da Inter, ma oltre a un tentativo dalla distanza di Berardi e alla solita crisi d'ansia per ciò che potrebbe succedere, non accade più nulla. Tre punti, sofferti ma necessari a prescindere da tutto.
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