"Mio papà per me è un esempio. Da bambino lo guardavo e pensavo 'wow, voglio essere come lui'. Avere la sua vita, il suo carattere, la sua voglia. Solo ora mi rendo conto di ciò che è stato. Ad Appiano la sua traccia è indelebile, quando cammini nel centro sportivo si sente che c'è stato Dejan Stankovic". Lo ha detto Filip Stankovic, portiere di proprietà dell'Inter ora in prestito al Volendam, parlando in esclusiva a Gazzetta.it.  

Quando parlate che le dice?
"Di tenere botta. I primi mesi sono stati tosti, mi sono fatto male alla caviglia alla seconda partita e sono rimasto fuori due mesi. Lui, con un’insolita calma zen, mi ha detto di stare tranquillo. 'Arriverà il tuo momento'. E infatti così è stato: ho parato due rigori e siamo primi in classifica".

Avete lo stesso carattere?
"Sì, ma la storia è diversa. Papà è nato a Belgrado, doveva giocare per vivere e portare il pane a casa, io nasco come il figlio di calciatore. Per alcuni aspetti è stato facile, per altri no. Ricordo i volti di chi diceva 'ecco il figlio di Stankovic, il raccomandato'. Non è mai stato un peso, piuttosto una sfida. 'Ah si? Ora vi faccio vedere io'. L'ho sempre intesa così. Ho dovuto faticare il doppio per prendermi il rispetto che merito, e adesso sono qui. Voglio vincere il campionato".

Cosa rappresentano per lei i nerazzurri?
"Un sentimento. Casa, famiglia. Mio fratello Stefan ha giocato un po’, ma ora ha smesso. Aleksandar, invece, è nelle giovanili. Ha 16 anni e fa il centrocampista. Somiglia a nostro padre. Quando calcia mette le dita come le metteva lui, assurdo". 

Cosa ha imparato da Handanovic?
"Non è uno che parla molto, ti basta guardarlo. È ancora il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. Somiglia a papà. A volte, quando ero stanco, lo vedevo lì sul pezzo, a duemila all’ora e mi dicevo 'no, tu non puoi. Hai vent’anni e sei già stanco? Non esiste'. Mi ha spronato a migliorare, lo ammiro". 

Il suo cassetto quanti sogni ha?
"Quattro. Intanto voglio vincere a Volendam, poi giocare nell’Inter, giocare insieme a mio fratello ed essere allenato da papà. Quando ha vinto la Champions ero a Madrid, ho baciato la coppa, ripetere un 10% di ciò che ha fatto lui sarebbe magnifico. A casa ci sono le foto di papà con la Champions tra le mani. Le vedo e mi carico, ma devo lavorare ancora".

Oggi rappresenta la Serbia, ma l’Italia l’ha mai chiamata?
"Diverse volte, ma ho scelto la nazionale di mio padre. Uno Stankovic che gioca per gli azzurri fa un po’ strano. Mi sento anche italiano, sono nato a Roma e spero di vivere a Milano, ma è una scelta di cuore". 

Sezione: Focus / Data: Mar 22 marzo 2022 alle 15:59
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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