Negli alloggi del treno charter che ha portato l'Inter da La Spezia a Milano gli schermi dei telefonini si sono subito sintonizzati sul secondo tempo del Milan, che in quel momento stava battendo il Genoa a San Siro. Il 2-0 di Messias che ha chiuso i conti contro il Grifone (non poteva mancare la firma del brasiliano nella Pasqua rossonera) ha reso ancor più sonora la risposta della squadra di Pioli: il Diavolo ora sa anche reggere la pressione di dover inseguire i cugini da dietro e Kessié, come sempre, se ne frega dei fischi di San Siro. Sarà, presumibilmente, un testa a testa fra le due milanesi fino all'ultima curva, con il Napoli di Spalletti fortemente motivato a svolgere il ruolo di terzo incomodo. La Juve sembrerebbe essere tagliata fuori, ma in tanti ancora ci credono, come all'arrivo a Torino di Mbappé. Il dato che da qui in avanti "saranno tutte finali" taglierebbe però fuori i bianconeri da un'incredibile rimonta verso il sogno tricolore. D'altronde, come dice Allegri, l'obiettivo a inizio anno era il quarto posto, sebbene con l'avvicinarsi alla vetta una "speranziella" per il tecnico si fosse accesa, mentre l'Inter è sempre stata la favorita per il titolo. A sentire l'ultima uscita di colui che la scorsa estate era stato ingaggiato per fare andare la sua Juve 'al Max' siamo scettici noi, figurarsi chi come Pirlo almeno una Supercoppa a questo punto della stgione era riuscito già a metterla in bacheca.
Proprio la Supercoppa vinta al 121' dei supplementari con Sanchez faceva da spartiacque fra una prima metà di campionato giocata sempre ai massimi livelli dall'Inter e i primi segnali di rifiatamento, con lo 0-0 di Bergamo tenuto in salvo da Handanovic, le vittorie stentate in Coppa Italia contro l'Empoli e in campionato contro il Venezia, fino all'incubo del derby ribaltato da Giroud. Dopo 7 punti conquistati sui 21 a disposizione, sintomo evidente di un blackout fisiologico e mentale dovuto al calendario di fuoco, un'altra vittoria con la Juve, perdipiù a Torino dove non avveniva da 10 anni, ha riacceso la scintilla nei nerazzurri di Inzaghi, tornati a essere incontenibili a spese di Verona e Spezia. La squadra ha rimesso a lucido le sue vecchie trame, trascinata da un Brozovic in versione Oscar al miglior regista. La mossa D'Ambrosio al posto di De Vrij, risparmiato per il derby di martedì, ha regalato ai compagni un jolly in più in attacco, più abile di Skriniar nello smarcarsi in area e, chissà, una soluzione che può essere riproposta con più continuità nella volata finale. A secco di gol e smalto, nonostante le buone intenzioni, Dzeko e Correa, ingabbiati dalla retroguardia spezzina. C'è invece a chi stare per 60' in gabbia può fare anche bene, leggesi Lautaro Martinez e Alexis Sanchez, partiti ancora una volta dalla panchina e subentrati ai due compagni di reparto con la classica voglia di spaccare tutto, quella che una volta apparteneva anche a Vidal.
Dove gli altri non arrivano, ci siamo noi. Può averlo pensato anche Perisic che, secondo la logica della vigilia, poteva, anzi doveva partire dalla panchina risparmiandosi in vista della sfida di martedì contro il Milan. L'esterno non solo gioca ancora una volta d'inizio, costringendo agli straordinari Gyasi che non può nulla per colmare il divario tecnico e di intelligenza tattica con il croato, ma confeziona il terzo assist in due partite, stavolta di destro dopo quelli di testa e mancino nel 2-0 sul Verona. Abbiamo detto già di Brozovic, sottovalutato da Thiago Motta che, rispetto alle solite marcature asfissianti da cui Brozo è costretto a sviarsi ogni partita, gli concede spazi e tempi di inventare la giocata. La mossa Epic, dopo la pennellata verso D'Ambrosio (nel posto giusto al momento giusto non per caso), è lo sprint con cui legge in anticipo su tutti la situazione e, mentre gli altri sono fermi, si catapulta in area non per fornire uno dei suoi assist, ma stavolta per mettere lui stesso la firma (e che firma) su una vittoria importantissima per l'Inter. A chiudere la gara, dopo la zampata del Toro che, mantenendosi nel radar di Perisic, beffa d'astuzia la retroguardia dei liguri, ecco il ruggito del Leone, più veloce di Nikolaou a rialzarsi dopo un contrasto di gioco e siglare il tris sull'assist al bacio dell'argentino. È il 91' e nessuno molla un centrimetro, men che meno Sanchez o lo stesso Barella, tornato a essere martello infaticabile nello spaccare le difese con gli inserimenti a destra. Proprio lo spirito che serve all'Inter che, con il destino nelle proprie mani, dovrà giocarsela fino all'ultimo. Intanto con il Milan ci si rivede martedì: sono tutte (semi)finali.
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DanieleAlfieri7
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