Difficile aggiungere altro al verdetto inoppugnabile del campo. L'Inter per il secondo derby di fila in Serie A si conferma inferiore al Milan, non tanto per i valori tecnici quanto per la qualità dell'organizzazione e la fame di prendersi il trono di Milano. E non solo. Il cammino verso la seconda stella vede adesso i rossoneri nettamente favoriti sui cugini grazie a una vettura e a un pilota che, anche se costretti a rallentare, ammettono, correggono e migliorano dai propri errori, ripartendo più forti di prima. Al confronto di sabato ci si è arrivati con mood diametralmente opposti. L'Inter dopo il 3-1 a San Siro contro la Cremonese convinta di essere tornata grande: "Troppo rumore dopo la sconfitta con la Lazio", una gara decisa da "episodi" e non altro. Il Milan, invece, consapevole dei propri limiti dopo l'opaca prestazione nello 0-0 del Mapei contro il Sassuolo: "Cosa dirò alla squadra dopo questo pareggio? Sono stati già i giocatori a dire qualcosa a me. Sanno bene di non aver fatto una grande partita".
Inzaghi e Pioli oggi si trovano a maneggiare creature proprie e piallate secondo il loro credo calcistico, sia negli schemi che nella competizione. L'Inter del derby è apparsa molle, svuotata, nel carattere e nei muscoli, quasi a voler smentire il tecnico nerazzurro che alla vigilia aveva parlato di giocatori recuperati al meglio fisicamente e atleticamente dopo la Cremonese. L'anno scorso è stata una "stagione grandissima", con due trofei e uno scudetto perso per soli due punti, mentre le sconfitte contro la Lazio e i cugini di quest'anno sono arrivate per eventi straordinari e inspiegabili: gli "episodi" e perché "gli altri fanno gol con troppa facilità". Il Milan un anno fa era partito con una linea chiara: "migliorare il numero di punti", quindi salire più in alto dei 79 punti della stagione 2020-2021, consapevole che un'asticella più elevata avrebbe significato essere "tanto bravi da vincere lo scudetto". Anche quest'anno la mentalità detta la prestazione in campo: da una parte c'è chi fa il compitino, pure sbadatamente, dall'altra c'è chi lotta per ogni pallone, anche quando sembra impossibile arrivarci.
Si parte innanzitutto dai pali dove la differenza tra l'avere un portiere come Maignan e uno come Handanovic può decidere non solo le sorti delle partite (e quindi di un campionato) ma anche intaccare le sicurezze dei compagni. Il derby perso l'anno scorso in rimonta con l'ennesima prestazione insufficiente di Samir sarebbe potuto essere il carburante per sabato, non per Inzaghi a cui piace invece ricordare la vittoria per 3-0 in Coppa Italia (Pioli non avrebbe potuto scegliere di meglio per motivare i suoi). In sintesi, è sempre l'avversario a essere in qualche modo agevolato, mai l'Inter a doversi sporcare o a riconoscere la migliore bravura dei rivali, quindi i propri errori. Di natura atletica (lampante nei duelli del derby), tattica (schemi monotematici e prevedibili), di scelte (giochi chi merita) e mentale (manca la voglia che hanno gli altri). La macchina di Inzaghi si è inceppata in una torrida estate che ha visto andare via il solo Perisic, mentre la difesa è rimasta la stessa, nonostante mesi e mesi di ipotesi di rivoluzione, e oggi è il reparto più criticato. Sarebbe stato inutile illudersi dopo le vittorie contro Lecce, in extremis, Spezia e Cremonese a San Siro: l'Inter di oggi non è bella, né affamata, né vincente. Come direbbe uno che non si accontentava nemmeno quando portava a casa i 3 punti, "c'è tanto da lavorare".
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DanieleAlfieri7
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