Certi che le pagelle del lunedì non saranno clementi con la prova di Pazzini, proviamo a riavvolgere il nastro per capire cos’è che non è andato. Sin dai primi minuti il bomber di Pescia ci mette come sempre l’anima. Nel 4-4-2 di Ranieri poteva benissimo essere accompagnato da Milito, con Stramaccioni si gioca invece la sua chance da solo al centro dell’attacco. Supportato da due trequartisti puri come Sneijder e Alvarez, il Pazzo si muove ora a destra, poi a sinistra, per cercare di eludere la trappola della difesa a cinque cesenate. Spesso pressa sulla trequarti provando a infastidire già sul nascere le scomode ripartenze degli ospiti. Insomma, parliamo di movimenti senza palla a cui un centravanti che, solamente un anno fa, metteva a segno undici timbri nelle sue diciassette presenze in nerazzurro, è abituato da una vita.

Le sponde con i compagni funzionano, visto che è costretto a giocare sempre spalle alla porta per evitare di trovarsi ingarbugliato tra le maglie avversarie. E allora perché è così difficile trovare quel gol che gli manca dallo scorso 22 gennaio, quando in pallonetto (roba non da semplice 'attaccante di rapina') metteva il sigillo sul 2-1 contro la Lazio? Quei gol che l’anno scorso arrivavano a grappoli, proprio come la doppietta nel recupero che risolveva la trasferta di Cesena... Eppure ieri le premesse c’erano tutte. Se lo sentiva Stramaccioni, lo avvertivamo noi, che quella di San Siro sarebbe stata “la partita di Pazzini”. Al 3’ il primo sobbalzo dalla poltrona, con la palla messa al centro da Maicon difficile da addomesticare con così tanti avversari in area. Area sguarnita e porta quasi spalancata invece al minuto 20, quando il terzino brasiliano decide di non tirare in porta confezionando un assist difficile da sbagliare. Per Milito magari.

Bravo anche Antonioli a chiudere lo specchio, ma quell’errore è l’emblema della stagione di Pazzini, assente - come dicevamo - dal tabellino dei marcatori dalla sfida di San Siro con la Lazio. Erano gli ultimi sprazzi di vita dell’Inter di Ranieri, che subito dopo si imbatteva nel suo ciclo di disfatte. Nerazzurri che sono riusciti a rialzarsi con Stramaccioni, invece il vero Pazzini forse è rimasto a quella lontana partita. Tutti gli attaccanti hanno avuto le loro stagioni buie, chiedere a Milito per conferma. Senz’altro gli manca il campo al Pazzo, di più il gol, e forse anche un po’ di fiducia da parte dell’ambiente. Ma il rispetto per la maglia e la professionalità con cui ogni volta va a sedersi in panchina, si scalda, entra o si risiede, accetta gli ordini di Strama e poi viene sostituito, no, quella Pazzini non se la farà mancare mai. Perché una stagione così ci sta, ma un Campione (C maiuscola), non soltanto per ciò che riesce a dimostrare in campo, è per sempre.

P.S. I detrattori di oggi sono, chissà, coloro che in Inter-Palermo 3-2 lo esaltavano come l’acquisto dell’anno, mentre bollavano Milito come calciatore bollito: riavvolgere anche i nastri di quei match, perché a volte basta fare un passettino all’indietro per capire come stanno realmente le cose. E che in campo non scende solo il talento.

Twitter @DaniAlfieri

Sezione: Editoriale / Data: Lun 30 aprile 2012 alle 00:01
Autore: Daniele Alfieri
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