Se il calcio fosse stato boxe, al terzo gol di Kean, Simone Inzaghi avrebbe dovuto gettare l'asciugamano sul ring per dire stop al massacro (calcistico) subito da parte della Fiorentina. Quella maturata giovedì al Franchi è stata una batosta molto più grave per come sia arrivata, del fatto di aver fallito l'aggancio alla vetta della classifica. A quindici giornate dal termine del campionato, tre punti di distacco dal Napoli sono nulla. Quanto si è visto o non visto a Firenze, invece rischia di pesare come un macigno nel proseguio della corsa.
Perché l'Inter campione d'Italia è scesa in campo come se il recupero della quattordicesima giornata fosse un noioso contrattempo settimanale e non un importantissimo crocevia del campionato? Perché per la prima volta da quando Simone Inzaghi siede sulla panchina nerazzurra, l'Inter non ha quasi mai tirato in porta? Non ricordo il sorprendente dato nemmeno nelle dodici sconfitte che hanno caratterizzato due anni fa il torneo stravinto dal Napoli di Spalletti. La Beneamata non subiva inoltre un ko con tre reti di scarto dal 2019, quando la squadra allora guidata da Luciano Spalletti perse per 4-1 in casa del Napoli di Carlo Ancelotti. È facile ora dire che i nerazzurri siano in conflitto con le gare da recuperare, pensando a quella maledetta trasferta di Bologna che consegnò, di fatto, lo scudetto al Milan. La cosa sa di luogo comune.
Allarmano invece le improvvise rughe apparse sul volto di una splendida corazzata che sino all'inizio del match con i viola veniva ancora considerata dai più come la favorita per il bis tricolore. E' un inequivocabile dato di fatto che l'Inter strapazzata al Franchi fosse stanca. Da capire se si sia trattato di stanchezza fisica per le troppe gare ravvicinate, o mentale. C'è da augurarsi che si tratti del primo caso, rimediabile con sedute di allenamento mirate per ritrovare la brillantezza perduta. Sarebbe molto più grave, invece, scoprire che i campioni in carica non sentano più il sacro fuoco dentro quando si tratta di competere entro i confini nazionali, scegliendo di sfruttare le risorse a disposizione per puntare ad una Champions League che, oggettivamente, vede in corsa due o tre squadre con giocatori in grado di fare la differenza a prescindere dalla bontà degli schemi. Vero è che in Europa quest'anno l'Inter abbia sempre mostrato una concentrazione feroce, come dimostra il solo gol incassato, peraltro in modo irregolare, nel finale della gara di Leverkusen. Ma quando si tratterà di giocarsi la qualificazione nel doppio scontro a eliminazione diretta, non si potrà più sbagliare nulla, ne in difesa, ne quando Lautaro e compagni si troveranno di fronte alla porta avversaria.
L'Inter ha deciso di snobbare la sessione invernale di mercato, a Milano è arrivato in prestito il solo Zalewski a fronte delle uscite di Buchanan e Palacios. Il giovane italo-polacco ex Roma si è subito reso utile con l'assist di petto a DeVrij che ha consentito di pareggiare il derby all'ultimo respiro. Ma pare chiaro come fosse necessario regalare a Inzaghi un attaccante capace di far rifiatare senza troppi rimpianti Lautaro Martinez e Marcus Thuram. Taremi, Arnautovic e Correa non danno, al momento, garanzie in proposito e la coperta sembra diventata improvvisamente corta. Altro che due squadre in grado di competere allo stesso modo, come una narrazione un po' superficiale ha cercato di raccontare a inizio stagione. Nella storia del calcio, hanno quasi sempre prevalso squadre con un grande centrocampo. E, quando sono al massimo della forma, i centrocampisti (titolari) a disposizione del mister, sono tra i più forti d'Europa. Barella, Calhanoglu, Mkhitaryan, coadiuvati dai movimenti degli esterni, sono stati linfa purissima per una squadra che non ha in rosa calciatori in grande di puntare l'uomo e dribblare. L'Inter va in porta con estrema facilità quando c'è intensità e la palla gira veloce al centro e sulle fasce. Quando i nerazzurri giocano con il freno a mano tirato, la manovra diventa lenta e prevedibile e gli avversari hanno la possibilità di far male in ripartenza, come ha ha dimostrato una Fiorentina splendida, seppur ridotta ai minimi termini. Serve ritrovare al più presto il miglior Calhanoglu che, che da quando è rientrato dall'infortunio, non ha ancora giocato un solo minuto alla sua altezza. Fortunatamente, finita una gara, ne inizia un'altra.
Lunedì a San Siro si replica con la Fiorentina che, nell'occasione, potrà anche sfoggiare i nuovi acquisti. Lunedì ne sapremo di più, molto di più, su cosa riserverà d'ora in poi la stragione. Chi ha già deciso che l'Inter non meriti più nulla, per favore resti a casa. Chi entrerà nel Tempio, sospinga senza sosta i giocatori all'immediato riscatto. E la squadra faccia il suo, abbandonando definitivamente l'idea che le vittorie arrivino per grazia ricevuta. L'Inter non è più la favorita per lo scudetto. Se lo capisce in fretta, tornerà la fame necessaria per tentare di rivincerlo.
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