Si è paragonato a Lebron James, ma non è riuscito a scioccare il mondo come Muhammad Ali. Parliamo di Romelu Lukaku, che nella conferenza stampa fiume andata in scena mercoledì nel ritiro del Belgio ha tirato in ballo due icone dello sport mondiale, fermandosi però a un passo dal racconto della sua verità rispetto a quanto gli è successo la scorsa estate. Un’occasione persa da Big Rom per dare finalmente la versione definitiva su una vicenda in cui finora si sono sentite solo alcune campane. Mancano troppi passaggi per stabilire come siano andate realmente le cose verso la metà del mese di luglio; delle tante parole scritte sul suo conto è, quindi, impossibile fare una tara per separare il vero dal falso. Per il diretto interessato, il 90% delle cose uscite sono fake news, ma non si capisce se il riferimento sia a quelle pubblicate dai media o alle dichiarazioni rilasciate dai suoi vecchi compagni e dirigenti all’Inter.
L’unica cosa che possiamo registrare è la delusione pubblica manifestata da questi ultimi, da capitan Lautaro Martinez fino a Zanetti passando per Marotta e Ausilio, per il comportamento di Lukaku più che per la scelta in sé, legittima in quanto presa da un professionista che non era nemmeno legato da un contratto al club a cui ha dichiarato amore ad anni alterni. Lukaku, infatti, non ha divorziato dall’Inter come nell’estate 2021, ma non ha fatto niente per essere confermato, sempre stando a quanto affermato da chi ha vissuto dall’interno la situazione. Senza avere le prove delle mancate risposte alle telefonate di compagni e management, viene da chiedersi perché Lukaku non abbia forzato la mano, come già nel luglio 2022, per essere confermato come giocatore della Beneamata. In questi casi, è il giocatore ad avere sempre il coltello dalla parte del manico, oltretutto nei confronti di un club, il Chelsea, che non aveva alcun interesse a tenerlo in rosa. Lo scoglio non poteva essere il prezzo del cartellino, visto l’epilogo di fine agosto. L’interessamento della Juve, che alla fine si è rivelata al massimo un’operazione di disturbo, tutta da confermare peraltro, potrebbe averlo indotto a dei ripensamenti, ma viene difficile capire perché arrivare a sacrificare tutta la preparazione estiva per aspettare una squadra che poteva permetterselo solo cedendo il suo migliore asset economico (Vlahovic). Alla fine potrebbe essere stata una semplice valutazione sbagliata che lo ha portato, alla fine della fiera, ad accettare decisamente a sorpresa la corte della Roma. Non sicuramente la sua prima scelta, ma forse quella più giusta per il suo ego, che ha bisogno costante di essere gonfiato dall’ambiente che lo circonda. All’Inter era diventato un numero 2, spesso anche 3 in attacco, dopo il come back. Per scelta tecnica, non certo nella classifica della tifoseria che lo aveva perdonato difendendolo fino all’ultimo giorno in cui ha indossato la maglia nerazzurra. Era il 10 giugno, non un giorno qualunque: si giocava la finale di Champions contro il Manchester City, in cui il belga entrò in scena al 57’, dando il cambio a Edin Dzeko. Si dirà che Lukaku non ha mai digerito la scelta di Inzaghi di farlo partire dalla panchina, ma sentendo le sue parole è successo qualcosa di più grande, tanto grande che non si può raccontare: ”Le occasioni mancate? I primi giorni mi sentivo un po’ a disagio, ma la mia mente era spenta per quello che era successo nei giorni precedenti. Ne parlerò più avanti”.
Questo il passaggio più controverso dell’intera conferenza stampa di Romelu Lukaku, forse il vero punto in cui provare a capire quello che è successo dopo. Potrebbero essere subentrati fatti extra-calcistici o forse no, ma allora che significato avrebbe dovuto avere quel messaggio, scritto a mente fredda su Instagram, tre giorni dopo Istanbul? "È una sensazione di merda per tutti noi che amiamo questo bellissimo club... Ma l’Inter ha ancora fame e torneremo a combattere con la speranza di raggiungere un giorno quel momento in cui si scrive la storia…", il post di Lukaku rinforzato dall'istantanea della coreografia interista all’Ataturk.
Se uno si espone così, come minimo ha l’intenzione di restare. Sono le parole di un giocatore che non ha pre-accordi con altre società, come secondo alcune ricostruzioni mediatiche, né che ha rotto il rapporto con il suo attuale. Semplicemente sembra a tutti gli effetti l’ennesima uscita a vuoto comunicativa della sua carriera. Questo è sempre stato il più grande limite di Lukaku, che anche questa volta ha fatto di tutto per mettersi ancor di più contro una tifoseria che lo aveva eletto a suo beniamino. Il prossimo 29 ottobre, al suo ritorno a San Siro per Inter-Roma, lo sperimenterà in prima persona.
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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