Chissà se gli algoritmi e i big data che spopolano sempre di più nel calcio del terzo millennio tengono conto degli umanissimi errori arbitrali. La domanda è più che mai pertinente guardando ciò che accade ogni week-end nella nostra Serie A, pioniera – a proposito di avanguardia – nell'introdurre il VAR nell'ormai 'lontano' 2017. Quattro anni e mezzo di rivoluzione, in uno sport spesso chiuso nelle sue tradizioni, che nessuno ha ritenuto utile sedare per ristabilire l'Ancien Regime fondato sull'infallibilità del direttore di gara centrale. Anzi, universalmente si è maggiormente propensi ad accettare persino l'errata valutazione al monitor per avere in cambio quelle macro-correzioni che senza l'ausilio della tecnologica non sarebbero possibili (fuorigioco, falli di mano, scambi di persona...). I dati in possesso dell'AIA, in questo senso, non mentono, come sottolineato da Luca Marelli, un'istituzione in materia, tanto da essere stato scelto come talent arbitrale di DAZN, la piattaforma che trasmette tutto il campionato italiano: "Il Var non è morto, non c'è neanche da discutere – le sue parole a 'Tutti Convocati' -. Il Var non viene utilizzato male, in Italia viene utilizzato molto bene. Gli errori sono molto rari, come dicono le statistiche dell'Aia che sono vere per chi conosce la cosa. Il problema è che c'è una grandissima confusione, dai media passa il messaggio che il Var sia come la moviola".
In realtà, senza soffermarsi su come vengano elaborate le suddette statistiche, quel che si può affermare senza possibilità di smentita è che il caos è stato creato in primis dal designatore Gianluca Rocchi. Il quale, a inizio torneo, in una delle sue rare dichiarazioni pubbliche, arrivò per esempio a classificare come trascurabile il contatto Hongla-Lautaro in Verona-Inter del 27 agosto: "Abbiamo chiesto ai ragazzi di non dare quel tipo di rigore, tenendo una soglia alta. Sono contento, hanno recepito il concetto", disse a proposito della scelta presa da Gianluca Manganiello. Una direttiva che mesi dopo è risultata incoerente con la decisione di fermare per alcuni turni la coppia Guida-Massa, protagonista tra campo e sala Var di una doppia svista clamorosa in Torino-Inter, gara che passerà alla storia come quella del penalty negato ai granata per un fallo netto di Ranocchia su Belotti (avvicinabile a quello del Bentegodi). A livello temporale, in mezzo a questi due casi da moviola citati, Rocchi fornì una terza versione ai cronisti invitati all'International Broadcast Centre della Lega a Lissone a proposito dell'episodio Dumfries-Alex Sandro in Inter-Juve: "Fallo chiaro nella valutazione degli arbitri e del designatore e - aggiunge Rocchi - diverso da quello di Roma-Milan, definito un contattino di intensità quasi irrilevante. Giudizi soggettivi certo, ma - insiste più volte l'ex arbitro internazionale - un certo margine di interpretazione non soltanto in campo ma anche al video deve essere accettato, altrimenti ci saranno sempre polemiche più o meno strumentali", scrisse Lorenzo Fontani di Sky Sport lo scorso 15 dicembre.
Ecco la parolina magica: interpretazione che va a braccetto con discrezionalità. Due concetti che sono lì a ricordarci che parliamo pur sempre di uomini che, anche se dotati di macchine, possono cadere in errore, magari per proteggere la chiamata in campo del proprio collega (per ora non esistono varisti di professione, ma sono tutti fondamentalmente arbitri 'prestati' alla tecnologia). E in questo senso ci viene in aiuto ancora il prezioso contributo di Marelli: "Spesso si dice che tra arbitri e Var ci sia concorrenza, in realtà accade esattamente il contrario: molto spesso in sala Var si cercano immagini che possano sostenere la decisione del campo". Un ragionamento ancora una volta umano ma pericoloso perché finisce per scontrarsi con la ricerca della verità che, alla fine, è quella a cui bisogna tendere con o senza VAR. Principio chiaro dall'inizio dei tempi, ribadito nel 2020 dall'ex designatore Nicola Rizzoli dopo un Inter-Parma in cui non fu segnalato un rigore per i nerazzurri per fallo di Balogh su Perisic: "Semplicemente si deve suggerire un 'on field review' sulle situazioni oggettive. Nel momento in cui il VAR la propone, l’arbitro lo accetta sempre. Se uno lo suggerisce è perché ci sono elementi tali da andarlo a rivedere".
Già, l'oggettività, il valore assoluto che qualcuno ha 'venduto' come facilmente raggiungibile solo aggiungendo più punti di vista diversi, sommando quelli umani a quelli delle telecamere. Un 'Grande Fratello' calcistico in cui le mille immagini visibili da ogni angolazione possibile mettono in crisi uomini da sempre abituati a decidere con un rapido sguardo, tanto che spesso sembra non vogliano credere ai propri occhi, a volte selettivi ai limiti della forzatura regolamentare (gli offside geografici) altre molto meno (i gol di mano, i falli di petto...). Ecco perché negli anni è cresciuto il partito dei No-VAR, che hanno però sbagliato bersaglio prendendosela con un oggetto inanimato: il cortocircuito tra campo e VOR nasce perché il Video Assistant Referee è al servizio della classe arbitrale, solo qualche volta del Gioco. Introdurre il 'VAR a chiamata', con gli arbitri messi di fronte all'evidenza che va oltre il non detto del protocollo da una persona che non sia un collega, potrebbe evitare alcuni scelte inspiegabili come quelle di domenica scorsa. Non le polemiche, ça va sans dire.
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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