Come si fa a dominare sistematicamente un avversario di alto livello senza vincere nemmeno una partita? L'Inter se lo è chiesto anche dopo l'1-1 col Milan di domenica scorsa, arrivato a quasi due mesi dalla prima beffa illustre stagionale subita per mano del Real Madrid all'esordio in Champions League. Di risposte, al momento, non ce ne sono, anzi: la presunta superiorità assoluta sbandierata dai protagonisti nerazzurri si è puntualmente tradotta in un risultato diverso da quello sperato in ben cinque occasioni. Simone Inzaghi ha collezionato tre pareggi e due sconfitte negli scontri diretti giocati tra Coppa e campionato, commentandoli dopo il triplice fischio con espressioni tipo 'bicchiere mezzo vuoto' o 'l'amaro in bocca'. Sottolineando allo stesso tempo l'enorme mole di tiri in porta fatti, le parate del portiere di turno eletto sempre come migliore in campo e qualche occasione di troppo sprecata dai suoi giocatori. Insomma, portando a supporto della tesi una serie di numeri oggettivi che dovrebbero essere incontrovertibili, esattamente come il dato dei dati per gli analisti di calcio: gli expected goals. La rappresentazione in cifre del potenziale offensivo prodotto da una formazione in una determinata gara, risultato che può variare a seconda dell’algoritmo che li calcola. Sorprendente, no? Anche i matematici del football possono non essere d'accordo sul punteggio finale del derby di Milano come se fossero un Pioli o un Inzaghi qualsiasi che commentano l'esito dei 90' tirando l'acqua al loro mulino.
Alla luce dell'impossibilità di trovare un terreno comune in cui merito e risultato coincidano, forse ad Appiano Gentile dovrebbero cambiare la domanda: come mai Dzeko e compagni hanno pause più o meno lunghe all'interno di una partita in cui subiscono l'altra contendente senza riuscire a contrattaccarla? In un calcio che somiglia sempre di più al basket, e non solo per i famosi rigorini fischiati al minimo contatto in area, occorre considerare la fase offensiva e quella difensiva come inscindibili. Concetto che impoverisce in un solo colpo il famoso termine 'dominio', spesso abusato nell'ispezione di una prestazione da chi parla a caldo per recriminare. Non esistendo i 24 secondi per concludere l'azione come succede nella pallacanestro, diventa importante gestire i momenti in cui giocoforza chi sta dall'altra parte usa le sue qualità per segnare. La specificità storica del punteggio basso che possiede il calcio ora subisce ancora di più l'influenza delle scelte che vengono fatte tra rettangolo verde e panchina, soprattutto quando la contesa è in bilico come succede tra squadre di pari valore. Da qualche mese, a proposito di similitudini col mondo della palla a spicchi, l'IFAB ha introdotto le cinque sostituzioni per aiutare i titolari a rimanere in controllo di una situazione favorevole. E allora, tornando all'Inter, perché non si riesce a individuare quel particolare che dovrebbe essere ovvio quando si affrontano due top club: regalando 15' si può compromettere quanto di buono fatto negli altri 75' (il dominio è un'altra cosa). Stava per succedere domenica scorsa, è successo nel derby d'Italia. Risultato? Quattro punti persi dopo il 2-2 agrodolce con l'Atalanta e i tre lasciati sul campo dell'Olimpico, al cospetto della Lazio, quando i giudizi furono offuscati dalle polemiche nate per il gol del 2-1. Altre semplificazioni per provare a spiegare la complessità di una partita di calcio che nella stessa ne conta almeno 3 o 4. Ecco che le situazioni bollate come episodiche si scoprono non così estemporanee, visto che si stanno ripetendo con frequenza preoccupante. C'è un'Inter che fa la partita col protagonismo che appartiene ai campioni d'Italia e un'Inter che la subisce (troppo) quando il coefficiente di difficoltà si alza: manca, quindi, quell'equilibrio tra proposta offensiva e sofferenza difensiva che regala dividendi a livello classifica in chiave scudetto. Niente che non possa esse aggiustato, ma che è fuorviante nascondere dietro la foglia di fico del 'dominio' di cui si parla nelle interviste post-partita.
Alla luce dell'impossibilità di trovare un terreno comune in cui merito e risultato coincidano, forse ad Appiano Gentile dovrebbero cambiare la domanda: come mai Dzeko e compagni hanno pause più o meno lunghe all'interno di una partita in cui subiscono l'altra contendente senza riuscire a contrattaccarla? In un calcio che somiglia sempre di più al basket, e non solo per i famosi rigorini fischiati al minimo contatto in area, occorre considerare la fase offensiva e quella difensiva come inscindibili. Concetto che impoverisce in un solo colpo il famoso termine 'dominio', spesso abusato nell'ispezione di una prestazione da chi parla a caldo per recriminare. Non esistendo i 24 secondi per concludere l'azione come succede nella pallacanestro, diventa importante gestire i momenti in cui giocoforza chi sta dall'altra parte usa le sue qualità per segnare. La specificità storica del punteggio basso che possiede il calcio ora subisce ancora di più l'influenza delle scelte che vengono fatte tra rettangolo verde e panchina, soprattutto quando la contesa è in bilico come succede tra squadre di pari valore. Da qualche mese, a proposito di similitudini col mondo della palla a spicchi, l'IFAB ha introdotto le cinque sostituzioni per aiutare i titolari a rimanere in controllo di una situazione favorevole. E allora, tornando all'Inter, perché non si riesce a individuare quel particolare che dovrebbe essere ovvio quando si affrontano due top club: regalando 15' si può compromettere quanto di buono fatto negli altri 75' (il dominio è un'altra cosa). Stava per succedere domenica scorsa, è successo nel derby d'Italia. Risultato? Quattro punti persi dopo il 2-2 agrodolce con l'Atalanta e i tre lasciati sul campo dell'Olimpico, al cospetto della Lazio, quando i giudizi furono offuscati dalle polemiche nate per il gol del 2-1. Altre semplificazioni per provare a spiegare la complessità di una partita di calcio che nella stessa ne conta almeno 3 o 4. Ecco che le situazioni bollate come episodiche si scoprono non così estemporanee, visto che si stanno ripetendo con frequenza preoccupante. C'è un'Inter che fa la partita col protagonismo che appartiene ai campioni d'Italia e un'Inter che la subisce (troppo) quando il coefficiente di difficoltà si alza: manca, quindi, quell'equilibrio tra proposta offensiva e sofferenza difensiva che regala dividendi a livello classifica in chiave scudetto. Niente che non possa esse aggiustato, ma che è fuorviante nascondere dietro la foglia di fico del 'dominio' di cui si parla nelle interviste post-partita.
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